Un team di ricercatori francesi ha sviluppato una nuova ed innovativa cura contro l’ictus che potrebbe letteralmente rivoluzionare la medicina. Come riferito dal quotidiano Le Figaro nella giornata di ieri, la sperimentazione clinica di tale nuova cura ha dato fino ad oggi dei risultati molto incoraggianti, di conseguenza potrebbero a breve aprirsi le porte di ospedali e centri medici. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet Neurology ed è stato realizzato dall’azienda d’oltralpe Acticor Biotech.
I ricercatori hanno individuato un nuovo farmaco, il Glenzocimab, che è destinato appunto ad essere assunto dai pazienti vittime di un ictus. Tale patologia è decisamente diffusa in Francia, visto che risulta essere fra i transalpini la principale causa di disabilità e nel contempo la seconda causa in assoluto di morte. L’ictus, del resto, colpisce quasi 130mila persone ogni anno, ma negli ultimi vent’anni i ricercatori non sono mai riusciti ad individuare un trattamento efficace. Lo studio, come specifica Le Figaro, è stato condotto in sei stati europei su un numero totale di pazienti superiore al 160, tutti ovviamente vittime di ictus. Hanno quindi ricevuto il Glenzocimab, un farmaco che fluidifica il sangue, oltre alla trombolisi, un trattamento già in precedenza utilizzato per curare l’ictus.
ICTUS, SCOPERTO UN NUOVO FARMACO PER CURARLO: IL COMMENTO DEL PROF MAZIGHI
Il professor Mikaël Mazighi, primario del dipartimento di neurologia dell’ospedale Lariboisière, a Parigi, ha spiegato che: “La particolarità di questo farmaco è che previene la formazione di coaguli ma non aumenta il rischio di sanguinamento”, un aspetto tutt’altro che da sottovalutare, visto che le due cose, i coaguli e il sanguinamento, sono spesso una conseguente l’altra.
Il medico ha aggiunto che: “Questo studio ha anche dimostrato che si è verificata una riduzione della mortalità. I pazienti che non hanno ricevuto il farmaco hanno avuto una mortalità del 19% e i pazienti che hanno ricevuto il farmaco hanno avuto una mortalità ridotta all’8%, quindi una riduzione della mortalità di oltre il 50%”.