Alcuni ricercatori della Scuola IMT di Studi Avanzati di Lucca e dell’Università di Padova sono stati in grado di sviluppare un algoritmo di IA, intelligenza artificiale che sarebbe capace di identificare le bugie, le fake news, presenti nei testi. Si tratta di un algoritmo, come si legge su Nature, che si basa su un ampio modello linguistico e che ha raggiunto un livello di precisione pari all’80%, capace quindi di distinguere le notizie vere e certe da quelle false. Il dato è rilevante in quanto lo stesso modello di IA è migliore della media dell’intuizione umana e i risultati, straordinari, sono stati pubblicati su Scientific Reports 1.
Purtroppo la capacità umana di riconoscere le bugie è limitata e solitamente, durante i test controllati, si ottiene una precisione di circa il 50 per cento, quindi ben 30 punti percentuali in meno rispetto al modello basato sull’intelligenza artificiale. Le tecniche come quella del poligrafo spesso falliscono e di conseguenza molte agenzie ne sconsigliano l’utilizzo: “Ma i modelli informatici sono già utilizzati in settori specifici, ad esempio per individuare le false recensioni online”, segnala Giuseppe Sartori, professore di neuropsicologia forense all’Università di Padova e coautore del lavoro.
IL MODELLO DI IA IN GRADO DI RICONOSCERE LE BUGIE ALL’80%: “SIAMO FIDUCIOSI…”
Gli autori sono partiti da un modello linguistico chiamato FLAN-T5, molto simile a ChatGPT, il più famoso a livello mondiale, e lo hanno quindi addestrato attraverso un database di narrazioni sia false che vere, chiedendo poi ai partecipanti di rispondere sia in modo veritiero che falso a delle domande inerenti opinioni personali, ma anche ricordi autobiografici e intenzioni future.
Ebbene, i risultati hanno mostrato una precisione di media nell’individuare le bugie dell’80%, con una performance migliore nella capacità di smascherare le false opinioni. Gli autori hanno spiegato che fino ad ora il test è stato effettuato in laboratorio, di conseguenza l’affidabilità dell’algoritmo risulta essere ancora limitata. “Siamo ancora lontani dall’utilizzo pratico in campo giuridico – ha sottolineato e concluso Sartori – ma siamo fiduciosi di poterci avvicinare in futuro, ampliando gli studi e aumentando la mole di dati utilizzati”.