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Home » Economia e Finanza » Industria » Ilva » ILVA/ Scudo penale e Afo2, il sospetto sugli “errori” da suicidio dell’Italia

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ILVA/ Scudo penale e Afo2, il sospetto sugli “errori” da suicidio dell’Italia

Giuseppe Sabella
Pubblicato 16 Dicembre 2019
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte davanti all'Ilva di Taranto (LaPresse)

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte davanti all'Ilva di Taranto (LaPresse)

La revoca dello scudo penale e la chiusura dell'altoforno 2 sembrano essere mosse suicide dell'Italia. Anche se non si può nascondere un sospetto

È il 23 ottobre, quando lo scudo penale viene stralciato dal decreto salva imprese. Mittal dà un ultimatum al governo: o in 15 giorni ci ridate lo scudo o recediamo dal contratto. E così è stato: dopo averlo comunicato ai lavoratori e alle loro organizzazioni sindacali, Mittal presenta al Tribunale di Milano – come previsto dal contratto – il suo recesso motivato sostanzialmente da tre fattori: 1) revoca scudo penale; 2) clima ostile (politica, magistratura, opinione pubblica, ecc.); 3) rischio di spegnimento dell’altoforno 2 per mancata adozione delle prescrizioni di sicurezza e, a seguire, per le stesse ragioni, anche degli altiforni 1 e 4.


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La revoca dello scudo penale è un’azione che ha lasciato senza parole chiunque conosca la vicenda Ilva. Come più volte abbiamo scritto, non si tratta di garantire a vita un investitore, ma di proteggere – nell’interesse nazionale – il più grande investimento degli ultimi 30 anni in un campo minato. Sono passati circa due mesi in cui, grazie alle abilità del Premier Conte, la situazione è stata ripresa per i capelli e con Mittal si è avviata una trattativa in cui l’azienda chiede tre condizioni: 1) reintroduzione scudo; 2) 4.700 licenziamenti; 3) partecipazione del pubblico.


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La scorsa settimana addirittura c’è chi ha parlato di una lettera che Mittal avrebbe inviato al Governo proponendo un miliardo di euro per risolvere consensualmente il contenzioso. Una palla clamorosa. Ma come stanno davvero le cose?

Anzitutto, l’azienda trova oggi una conferma potente di quanto sostiene nel suo documento di recesso, ovvero di essere impossibilitata ad attuare il piano industriale e, in generale, a eseguire il contratto: l’ordine perentorio di fermo dell’altoforno 2 da parte della magistratura rende, di fatto, differenti le condizioni sulle quali Mittal si è accordata col Governo, al di là della vicenda dello scudo penale e al di là del fatto che, per le stesse ragioni, il rischio di spegnimento potrebbe estendersi anche agli altiforni 1 e 4. Quindi, a questo punto, il Governo deve fare del suo meglio per convincere l’azienda che si trova in una posizione di forza, come del resto è sempre stata per le intese palesemente violate dalla sua controparte (lo Stato italiano).


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Non a caso, il Governo sta trattando con l’azienda sottoponendole la sua migliore proposta: l’obiettivo comune è di trovare un’intesa entro il 20 dicembre che permetta a Ilva in amministrazione straordinaria (ovvero al Governo) di chiedere al Tribunale di Milano un rinvio del pronunciamento del Giudice circa il contenzioso in essere con Mittal, ovvero sulla discussione del ricorso cautelare urgente, ex articolo 700 del Codice di procedura civile, con cui i commissari di Ilva in amministrazione straordinaria hanno impugnato il recesso dal contratto di fitto da parte di Mittal.


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Naturalmente, c’è tempo soltanto per un’intesa di massima che poi – in caso di rinvio del pronunciamento del Tribunale di Milano – potrà essere perfezionata.

Se consideriamo per un attimo il “combinato disposto” di revoca scudo penale e ordine spegnimento afo2, quasi ci vien da dire che il nostro Paese si sta suicidando. Ciò vuol dire dare a Mittal facoltà di lasciare l’Italia: le condizioni contrattuali sono palesemente diverse da quelle concordate nel settembre scorso.

Eppure, tutto potrebbe evolvere verso un lieto fine della vicenda: Mittal contenta per l’impianto innovato e la partecipazione azionaria del pubblico (che si accollerà anche quei lavoratori che per Mittal sono esuberi); giudici contenti che, dopo tanti tentativi, finalmente bloccano gli altiforni; politici e istituzioni locali contente per il loro protagonismo (“finalmente gli indiani si sono piegati alle nostre condizioni”, diranno Luigi Di Maio e Michele Emiliano); Governo contento per la sua operazione in chiave Green New Deal.


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Insomma, potremmo ritrovarci in uno scenario completamente diverso in cui tutti sono contenti. Ma davvero i fattori di questo combinato disposto sono solo “errori”? In attesa di capire se anche i lavoratori dell’ex Ilva avranno di che gioire, non vorremmo scoprire domani che ArcelorMittal è cliente della Casaleggio e Associati.

Twitter: @sabella_thinkin

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