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Home » Impresa » ARTIGIANO IN FIERA/ Covassi (Cattolica): una “vetrina” per le imprese che possono sfidare il mondo

  • Impresa

ARTIGIANO IN FIERA/ Covassi (Cattolica): una “vetrina” per le imprese che possono sfidare il mondo

Int. Giovanni Covassi
Pubblicato 23 Novembre 2012
artigiano_in_fiera_R439

Uno stand della scorsa edizione di "Artigiano in Fiera"

Se parliamo della possibilità di costruire un vantaggio competitivo, sarebbe strategico costruirsi un modello italiano di successo, dice GIOVANNI COVASSI

I volti e le storie di oltre 2.900 microimprese in un’unica sfilata. Torna anche quest’anno la kermesse più attesa dai maniaci dell’hand made: “AF – L’Artigiano in Fiera”, dall’1 al 9 dicembre a FieraMilano (Rho). Una girandola di colori, sapori e abilità manifatturiere che racchiudono la sapienza e la pazienza di quasi tremila artigiani provenienti da 110 paesi: tradizione e innovazione in un lungo giro fra i padiglioni che l’anno scorso hanno accolto più di tre milioni di visitatori. L’Artigiano in Fiera è un’esperienza umana unica, ma anche un fenomeno di mercato. Per ilsussidiario.net, abbiamo sentito Giovanni Covassi, professore di Marketing e Web Marketing presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.  


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Professore, quali sono i fattori che rendono un’azienda artigianale di successo? 

Ci sono diverse componenti che rendono vincente un’impresa artigiana, ma sicuramente ci sono due macro fattori che giocano un ruolo molto importante. Il primo elemento è la qualità e l’unicità del lavoro artigiano, che rappresenta la passione e la creatività che l’uomo mette nel suo lavoro. Questo è il valore aggiunto, il plus che fa la differenza fra un prodotto industriale e uno fatto a mano. L’altro elemento è la capacità che ha l’artigiano di creare una relazione con il cliente, capendone e interpretandone le esigenze: da un’idea o da un pensiero saper realizzare un prodotto che sino al momento prima non esisteva.  


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Come le nuove tecnologie possono mettersi al servizio di un’azienda di stampo artigiano senza snaturarla? 

Un manufatto artigianale non presuppone che tutto il processo creativo sia fatto manualmente, anzi. Ci sono artigiani che usano fior fior di macchinari. Ma se per nuove tecnologie facciamo riferimento al mondo di internet, del digitale e dei social network, sicuramente ne può giovare il rapporto con il cliente. Se una volta era necessario recarsi direttamente in bottega, oggi si possono superare i muri del laboratorio grazie alla rete, in grado di offrire una visibilità diretta, globale e veloce. Ormai il costo delle nuove tecnologie è contenuto e accessibile a tutti, ma l’effetto è sorprendentemente amplificato: l’apertura al mondo. 


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Qual è il tallone d’Achille delle nostre imprese artigiane? 

Il punto debole non è intrinseco all’impresa, ma è direttamente collegato a essa: oggi competere è sempre più faticoso, perchè sono presenti molti elementi che devono essere analizzati e considerati, come i problemi finanziari o fiscali che, spesso, disincentivano l’avvio di un’attività. Un altro elemento che mette a rischio il mondo artigiano è la scuola e i percorsi professionalizzanti. Nel nostro Paese c’è ancora un vecchio retaggio per cui i più bravi frequentano i licei, gli studenti meno brillanti gli istituti tecnici, mentre quelli mediocri scelgono le scuole professionali. Questa concezione veicola un messaggio negativo e assolutamente errato, poiché sembra che il lavoro artigianale raccolga gli scarti di risorse produttive più “nobili”. 


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Quale, invece, il punto di forza?

La creatività e il buon gusto italiani sono facilmente riconoscibili in tutto il mondo, ma difficilmente copiabili. Il Made in Italy è un marchio che si distingue sempre per cura ed eleganza e, del resto, il Rinascimento è una corrente prettamente italiana, che racchiude la genialità di un intero popolo. L’unico punto su cui vorrei mettere l’accento è la scarsa fiducia nelle nostre possibilità: le nostre aziende dovrebbero crederci un po’ di più. 

 

Come si deve evolvere una piccola impresa per internazionalizzarsi? 


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C’è un detto cinese che è azzeccato per la risposta a questa questione: “Metà dello sforzo per un lungo viaggio è superare la soglia di casa”. Oggi, l’artigiano può contare su un mercato di riferimento vastissimo e, partendo da questo, deve entrare nell’ottica di rischiare per poterlo esplorare. Come dicevo prima, partiamo da una base solida che è il nostro Made in Italy apprezzato ovunque. Ci sono aziende straniere che stanno spostando la loro produzione nel nostro Paese per sfruttare le competenze dei nostri artigiani che sanno creare borse, scarpe e mobili unici nel loro genere. Non vedo perchè, allo stesso modo, noi non possiamo affrontare i mercati esteri. In questo senso, le nuove tecnologie possono sicuramente accelerare questo processo. 


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Esiste un modello internazionale da copiare? 

Non mi pare. Anzi, se parliamo della possibilità di costruire un vantaggio competitivo, sarebbe strategico costruirsi un modello italiano di successo. Dovremmo avere più coraggio e prendere spunto da creativi, designer e architetti che si sono fatti conoscere all’estero. 

 

“Artigiano in Fiera” accoglie 3 milioni di visitatori all’anno: quali sono i segreti di questo fenomeno di marketing e di mercato?

E’ una domanda che si stanno facendo in molti negli ultimi anni e probabilmente c’è chi sta cercando risposte complicate o modelli segreti di successo. Alla base, invece, c’è un meccanismo molto semplice, che unisce una capacità di offerta notevole, che attinge nei manufatti degli artigiani, italiani e stranieri. E’ un tuffo nell’artigianato di tutto il mondo ed è l’unico modo per avere la possibilità di incontrare artigiani che altrimenti resterebbero segregati nei loro laboratori in chissà quale parte del mondo. 

(Federica Ghizzardi)

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