In base alla stima Istat diffusa ieri, l'inflazione in Italia ad agosto è cresciuta dell'1,7% in termini tendenziali
L’inflazione è sempre sotto controllo in Italia. Secondo le stime preliminari dell’Istat, nel mese di agosto che sta per concludersi il tasso tendenziale relativo all’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), che a differenza di quello europeo armonizzato include anche i tabacchi, risulta diminuito all’1,6% dall’1,7% di luglio. L’incremento congiunturale, dunque rispetto al mese precedente, è stato infatti dello 0,1% rispetto allo 0,2% che si verificò nell’agosto dello scorso anno. Da questa differenza ha origine la riduzione del tendenziale.
Osservando in un’ottica di più lungo periodo è ormai da ottobre 2023 che il tendenziale italiano si colloca stabilmente al di sotto del 2%, che è il valore obiettivo per l’inflazione della Bce, dopo il precedente biennio di alta inflazione, importata dall’economia italiana assieme alle nostre irrinunciabili forniture di gas e prodotti petroliferi.
Ma addentriamoci nei singoli comparti merceologici del paniere dei consumatori italiani, così da osservare che cosa sta avvenendo in ognuno.
La riduzione di agosto dell’indice generale è stata determinata principalmente dalla riduzione dei prezzi dei beni energetici, diminuiti dell’1,6% nel mese e del 4,4% nell’ultimo anno. Invece a luglio scorso il loro tendenziale era ancora a -3,4%, dunque si è ridotto di un punto intero.
Anche in questo mese notiamo la consueta divergenza tra i prezzi degli energetici a libero mercato, il cui tendenziale è a -5,9%, e quelli soggetti a regolamentazione il cui tendenziale, sebbene in rapida diminuzione, è ancora al +17,9%, quasi 23 punti sopra il precedente. Viene dunque spontanea la domanda su quali basi avvenga la regolamentazione, data questa gigantesca differenza di tendenze.
L’altro capitolo che in passato ha manifestato tensioni è quello dei beni alimentari, risultati in accelerazione anche nel mese di agosto, dal 3,7% al 4% tendenziale, sia per l’incremento degli alimentari non lavorati (dal 5,1% al 5,6%) che per quello più tenue degli alimentari lavorati (dal 2,8% al 3,0%).
Calma piatta invece in relazione agli altri beni industriali, diversi dagli energetici e dagli alimentari, i quali pesano per più di un quarto nel paniere dei consumi.
Nel loro insieme i loro prezzi sono rimasti totalmente fermi in agosto, esattamente come era avvenuto nell’agosto dello scorso anno. E rispetto a 12 mesi fa sono più elevati solo dello 0,4%.
Infine i servizi, il capitolo più importante nel paniere dei consumi, dato che essi pesano per il 44% nella spesa di una famiglia media. Nel mese i loro prezzi sono cresciuti dello 0,5% e in un anno del 2,7%, un decimale in più del tendenziale che era stato registrato in luglio. Soprattutto a causa degli alimentari in agosto vi è stata un’accelerazione dei prezzi del cosiddetto carrello della spesa, dal 3,2% al 3,5%, e anche nell’inflazione di fondo, quella calcolata al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che ha accelerato leggermente dal 2,0 al 2,1%.
L’inflazione acquisita per il 2025, quella che si avrebbe in media d’anno se da ora in avanti i prezzi rimanessero completamente fermi, è pari all’1,7% per l’indice generale e al 2,1% per la componente di fondo.
Una curiosità statistica riguarda invece l’altro indice dei prezzi al consumo, quello armonizzato che si utilizza per i confronti europei (l’Ipca), che è invece diminuito nel mese dello 0,2% a causa dei saldi estivi che per questo indice non vengono destagionalizzati. Il suo tendenziale è comunque all’1,7%, in questo caso invariato rispetto a luglio.
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