Il presidente dell'Iran ha annunciato la fine della "guerra dei 12 giorni" contro Israele: in caso di aggressioni, gli ayatollah restano pronti a reagire
Sembra essersi concluso piuttosto rapidamente il conflitto avviato lo scorso venerdì da Israele contro l’Iran con l’obbiettivo dichiarato di distruggere il programma nucleare degli ayatollah che era – secondo lo Stato Ebraico – prossimo ad arricchire l’uranio a un livello tale da permettere la creazione di una bomba atomica: voce, questa, a più riprese smentita sia dagli organi di controllo nucleare (e in particolare l’AIEA), sia dall’intelligence statunitense.
Prima di arrivare alla (ancora labile) fine delle ostilità, è utile ricordare che l’atto primo di questo conflitto tra Israele e Iran è stato il lancio di un ampia operazione missilistica sui siti nucleari di Teheran da parte di Tel Aviv: per gli ayatollah era stata del tutto simile a una sorta di dichiarazione di guerra e avevano deciso di rispondere in egual modo lanciando un centinaio di droni contro lo Stato Ebraico e alcuni missili.
I danni complessivi, i feriti e le vittime non sono ancora state effettivamente accertate da nessuna delle due parti, ma resta certo che il programma nucleare di Teheran ne è uscito effettivamente indebolito; mentre la svolta nel breve conflitto è arrivata dopo la decisione del presidente USA Donald Trump di bombardare i siti nucleari dell’Iran, imprimendo (probabilmente) l’ultimo colpo per poterli definire effettivamente distrutti.

Il presidente dell’Iran dichiara la fine della guerra contro Israele: “Difenderemo i nostri diritti al tavolo delle trattative”
Proprio lo stesso Trump era stato il primo ad accennare all’idea di un’imminente fine del conflitto tra Iran e Israele, sostenendo di aver proposto a entrambe le parti un immediato cessate il fuoco utile per aprire un tavolo di trattative diplomatiche: dal conto suo Tel Aviv aveva dichiarato di aver accettato la proposta, mentre Teheran per lunghe ore ha evitato di commentarla direttamente gettando la situazione in una nuova fase di stallo e incertezza.
Durante queste prime ore di cessate il fuoco, entrambe le parti hanno accusato l’avversario di averlo violato ma fortunatamente la situazione non sembra essere esplosa: poche ore fa, poi, il presidente dell’Iran Masoud Pezeshkian si era detto pronto – in una telefonata con l’omologo malaysiano Anwar Ibrahim – a rispettare il cessate fuoco, ponendo nuovamente come una condizione il fatto che “Israele non lo violi“.
Pochissimi minuti fa, sembra in un contesto di ancora apparente incertezza, lo stesso presidente dell’Iran Pezeshkian ha poi dichiarato pubblicamente la fine della “guerra dei 12 giorni [così l’ha rinominata in mattinata Donald Trump, ndr] imposta” da Israele, precisando che la risposta di Teheran sarebbe stata “legittima” dopo l’aggressione ebraica e che in ogni caso, pur restando pronto a “dialogare e difendere i diritti inalienabili del popolo iraniano al tavolo dei negoziati”, è altrettanto pronto a rispondere a qualsiasi futura aggressione israeliana.
