Confermata in Appello la condanna a 4 anni di reclusione per Irene Pivetti: l'ex presidente della Camera è accusata di evasione e autoriciclaggio
Nonostante solamente un paio di giorni fa fosse tornata a parlare della complessa vicenda giudiziaria che la coinvolge, oggi per l’ex leghista e presidente della Camera Irene Pivetti è stata confermata la condanna a 4 anni di reclusione in seno all’inchiesta che la vede – secondo la pubblica accusa – responsabile dei reati di evasione fiscale e autoriciclaggio, assieme alla coppia di coniugi Leonardo Isolani e Manuela Mascoli: accuse per le quali – com’è facile immaginare – la stessa Irene Pivetti si è sempre proclamata del tutto innocente, sostenendo di possedere tutte le carte che proverebbero la sua tesi.
Partendo dalle ultime novità, secondo quando emerge in queste ore, la Corte d’Appello milanese ha scelto di confermare integralmente la pena già inflitta sia per Irene Pivetti – appunto – a quattro anni di reclusione, sia per i coniugi Isolani e Mascoli, condannati a due anni con pena sospesa e “non menzione”; mentre è stato nuovamente confermato anche il sequestro di 3,4 milioni di euro dalle disponibilità di Irene Pivetti.
Dal conto suo, l’ex presidente della Camera si è detta – dopo la pronuncia – sorpresa perché si sarebbe “aspettata un esito diverso”, sottolineando comunque di essere “tranquilla” perché del tutto “innocente” e che prima o poi riuscirà a dimostrarlo: per le motivazioni della condanna si dovranno attendere un paio di mesi, ma nel frattempo il legale di Irene Pivetti – il dottor Filippo Cocco – si è già detto pronto a fare ricorso per portare il caso in Cassazione.
Di cosa è accusata Irene Pivetti: la (presunta) finta vendita di tre Ferrari a una società fittizia cinese
Al di là di come andrà finire, utile è riavvolgere il nastro per capire su cosa si basino le accuse mosse contro Irene Pivetti: il fulcro dell’inchiesta sembra ruotare attorno ai coniugi Isolani e Mascoli che – secondo gli inquirenti – nel 2016 avrebbero organizzato una finta vendita a una società cinese fittizia (il gruppo Dahoe, con un capitale sociale di 10 centesimi, senza alcuna sede fisica o dipendenti) di tre Ferrari Granturismo con il solo obbiettivo di nasconderle al Fisco affinché non fossero pignorate per un loro debito da 5 milioni di euro.

In questa falsa compravendita, Irene Pivetti avrebbe assunto – sempre secondo gli inquirenti – il ruolo di mediatrice attraverso la sua società Only Italia: l’ex presidente della Camera avrebbe acquistato per 1,2 milioni di euro il logo della scuderia “Isolani Team Reacing” (l’unico bene che poi fu effettivamente ceduto alla società cinese, mentre le Ferrari furono trasferite in Spagna), per poi rivenderlo a 10 milioni di euro alla fittizia società cinese; al fine – avevano spiegato i giudici nel primo grado di giudizio contro Irene Pivetti – di “scongiurare (..) la tassazione” legata alle operazioni commerciali.
