L'AIEA non ha detto che l'Iran ha una atomica pronta. Israele di fatto ha lanciato una guerra preventiva, mentre il G7 si riunisce in Canada

È inutile pensare che si tratti di azioni di avvertimento, oppure di incursioni devastanti ma limitate nel tempo. Da tre giorni Israele e Iran sono passati a una continua raffica di attacchi e contrattacchi che sembrano una guerra senza esclusione di colpi, una vera guerra aperta che potrebbe ridisegnare tutto il quadro geopolitico del Medio Oriente.



Il premier Benjamin Netanyahu, quasi incurante delle critiche che gli piovono da tutto il mondo, ha attaccato con l’aviazione, il lancio di missili e di droni, arrivando a uccidere leader politici iraniani, bombardando palazzi del governo di Teheran. Il motivo? Secondo il capo del governo israeliano, gli iraniani sarebbero pronti, al più presto, ad avere la bomba atomica.



L’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) ha messo in circolazione due relazioni che non riconducono a certezza l’esistenza di un arsenale atomico iraniano e neppure un grado di arricchimento dell’uranio ritenuto sufficiente per la fabbricazione dell’ordigno. Prova ne è il fatto che il voto dell’Aiea sulle relazioni non è stato unanime. Nondimeno, trova conferma quel che si poteva immaginare, ossia che il regime di Teheran non è stato collaborativo con l’Agenzia.

Ora i sospetti possono (o forse ormai potevano) rafforzare la posizione iraniana nella trattativa tra Stati Uniti e Iran, che gli attacchi israeliani hanno interrotto. Con Donald Trump, il presidente americano, che, con una serie di telefonate e dichiarazioni contraddittorie, prima dice che la guerra si può evitare e poi, mentre missili e aerei solcano i cieli seminando morte, dichiara che gli USA proteggeranno gli israeliani; dopo avere già preparato lo sgombero dal Medio Oriente dei diplomatici e messo in allerta la marina.



Si può ritenere che gli israeliani abbiano avvertito gli americani e poi cominciato un’autentica guerra preventiva. Sia chiaro, a scanso di equivoci, che nessuno nutre simpatia per il regime degli ayatollah, che si dice abbia anche problemi interni sempre più gravi, ma sull’attacco e le incursioni ripetute degli israeliani nessuno può avere dubbi su chi si sia mosso per primo.

A questo punto ci si può legittimamente domandare che riflessi economici avrà una nuova guerra di questo tipo. C’è chi azzarda un’impennata impressionante del prezzo del petrolio. Ma è evidente che la situazione economica segue la tragedia di una nuova guerra e l’assenza di qualsiasi trattativa diplomatica da parte di qualsiasi organismo internazionale con cui in questi ultimi settant’anni si era salvato il possibile e si era scongiurato il peggio.

Oggi quale organismo internazionale può sviluppare un’azione diplomatica, che arrivi solamente a determinare una tregua? È una speranza che al momento sembra impossibile. Domani e martedì, in Canada, tra le montagne dell’Alberta, si svolgerà il G7, cioè il vertice dei sette Paesi più influenti del mondo. Il G7 deve affrontare crisi estremamente complesse, in uno dei periodi più critici a livello geopolitico mondiale.

In sostanza, l’incontro fa seguito all’escalation tra Israele e Iran, ma si incentrerà anche sull’assedio israeliano alla Striscia di Gaza, sul conflitto di Putin in Ucraina, ancora senza prospettive di soluzione, e naturalmente sullo spettro dei dazi americani, che continua a gettare nell’incertezza le economie di mezzo mondo.

Quello che fa impressione in questa riunione è che è già prevista una conclusione che non sarà congiunta. In altri termini, ciascun Paese farà una dichiarazione relativa alle questioni che sono in discussione. Saranno sette dichiarazioni brevi che sostituiscono probabilmente la base di una dichiarazione complessiva, unitaria, come ci si aspetta da Paesi alleati che si trovano di fronte a una situazione che è lecito definire ormai esplosiva.

Sembra di vivere in un’atmosfera truculenta, confusa e surreale, dove la verità si conosce solo per le azioni di guerra. Ma quello che si nasconde dietro a questo immenso dramma lascia spazio alle ipotesi più tragiche. Non solo una guerra che può diventare mondiale, ma la possibilità che gli Stati Uniti, nonostante le telefonate lunghissime tra Trump e Putin, possano combattere su tre fronti: con Russia, Cina e Iran. E che spazio esiste per l’Europa?

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI