Tutto inizia con l’incontro “Dare valore all’Italia: i protagonisti del Made in Italy a confronto sul valore delle filiere e dei territori” andato in scena nei giorni scorsi presso l’auditorium dell’Ara Pacis, durante il quale McDonald’s ha voluto ribadire il rapporto positivo che la lega al made in Italy presentando le novità in arrivo, come la nuova piattaforma di comunicazione I’m lovin it Italy e l’arrivo del pomodoro di Pachino IGP tra gli ingredienti dei propri piatti.
Un arrivo sostenuto dalla sigla di un protocollo di intesa tra McDonald’s, Consorzio di tutela del pomodoro Pachino Igp e Fondazione Qualivita, sotto l’egida del ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, per l’acquisto da parte della multinazionale di circa 250.000 kg all’anno di pomodoro attraverso un piano di promozione relativo a due referenze continuative già in assortimento a partire da ottobre 2023.
Nell’occasione, Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti, è intervenuto con parole di apprezzamento per la politica della azienda, sottolineando come la multinazionale sia stata in grado di valorizzare le eccellenze italiane, aiutando alcune filiere produttive nei loro momenti critici. E aggiungendo che “Tutto questo ha importanza perché può essere utile per porre le stesse condizioni in altri Paesi: McDonald’s Italia è un punto di riferimento per l’intero sistema mondiale di McDonald’s”.
Parole che però non sono piaciute a Slow Food. L’associazione punta in particolare il dito contro un passaggio del discorso di Prandini nel quale il presidente ha sostenuto che “McDonald’s rappresenta l’italianità, le nostre eccellenze, la nostra biodiversità…”, aggiungendo che “la collaborazione con McDonald’s ha dato riscontro positivo sulla sostenibilità, sul benessere animale…”.
Slow Food, che ricorda di essere nata in opposizione al fast food e alla fast life, prende le distanze dall’utilizzo dei termini utilizzati: “L’accordo tra la principale organizzazione agricola nazionale e la più grande catena mondiale di ristoranti di fast food – si legge in una nota – può avere una valenza commerciale importante e può dare risposte economiche a realtà produttive che attraversano momenti di crisi, ma non può essere presentato come operazione culturale e sociale che conduce verso l’eccellenza, la valorizzazione della biodiversità e del made in Italy, la sostenibilità, il benessere animale”.
E questo perché, dice Slow Food, si deve sempre ricordare il significato dei termini che si utilizzano. “L’eccellenza del cibo italiano – precisa l’associazione – è il frutto di saperi artigianali, culture, competenze diffuse, suoli sani, bellezza e diversità dei paesaggi, produttori che hanno storie da raccontare, che difendono e migliorano i loro territori”. E ancora, prosegue Slow Food, “la biodiversità è la diversità delle specie e delle varietà vegetali, delle razze animali; degli insetti impollinatori, dei microrganismi che rendono vivo il suolo, dei saperi che stanno alla base di migliaia di pani, formaggi, salumi. È la diversità della vita, probabilmente l’unica ricchezza che ci permetterà di affrontare la crisi ambientale e climatica. Va presa molto sul serio, quindi. Non c’entra nulla con operazioni di marketing per italianizzare, con l’aggiunta di ingredienti locali, una formula gastronomica che rappresenta quanto di più standardizzato l’industria alimentare globale abbia mai concepito”.
Slow Food prosegue poi mettendo sotto la lente il concetto di italianità. “L’Italia – afferma l’associazione – è al quarto posto in Europa per obesità infantile, superata solo da Cipro, Grecia e Spagna, e questo è anche il risultato di un’alimentazione squilibrata a base di bevande zuccherate e cibi iperprocessati, ricchi di sale, conservanti, additivi. Un’alimentazione molto lontana da quella dieta mediterranea, patrimonio immateriale Unesco, garanzia di salubrità e longevità, presa a modello in tutto il mondo. Quando il sistema alimentare compromette la salute delle persone, dei suoli, delle acque, se vogliamo davvero occuparci di sovranità alimentare, dobbiamo associare il concetto del made in Italy a modelli realmente virtuosi, e non ridurlo a un mero slogan”.
Infine, Slow Food puntualizza anche il riscorso al concetto di sostenibilità, un obiettivo che “si raggiunge – attacca l’associazione – attraverso strade diverse, attraverso il coraggio di invertire un modello alimentare che sta generando disastri ambientali e sociali, che sta ricacciando i piccoli produttori di qualità ai margini del mercato e minando le fondamenta della sicurezza alimentare per le generazioni presenti e future”.
E da qui la conclusione di Slow Food: “Una narrazione che distorce il significato delle parole rischia di confondere ancora di più i cittadini, anziché aiutarli a fare scelte basate sulla consapevolezza delle ricadute sulla salute e l’ambiente. Le parole danno forma al pensiero e danno vita alle cose. E allora noi oggi vogliamo intervenire in veste di custodi delle parole e del loro significato più autentico”.
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