Il caso della morte di Laura Ziliani, ex vigilessa scomparsa nel mese di maggio a Temù, in provincia di Brescia, e ritrovata priva di vita in estate, è stato approfondito nel corso della puntata odierna della trasmissione di Rai Uno “Storie Italiane”, condotta da Eleonora Daniele. Sono state proposte alcune intercettazioni telefoniche inedite, a cominciare dalla telefonata di Silvia Zani, una delle due figlie della vittima, ai soccorsi: “Mia madre nell’ultimo anno ha avuto problemi, cali di pressione, bradicardia, è anche svenuta. Mi ha detto che andava a fare una passeggiata nei boschi sopra Villa Dalegno…”.
C’è poi il giallo dei 38 passi registrati dal telefonino della donna il giorno della sua scomparsa tra le 8 e le 8.20, orario che non coincide con la versione dei fatti raccontata dalle figlie, secondo cui, quella mattina, alle 7 sarebbe uscita di casa perdendo il cellulare in cantina. Un luogo, peraltro, dove lo smartphone non aveva alcun tipo di segnale: eppure, fino alle 9.57 il sistema di localizzazione inviava regolarmente la posizione, così come accaduto poi alle 11.54 e, infine, alle 13.59, quando Silvia ha asserito di avere trovato il telefono della mamma.
LIVE Elezioni comunali 2021: risultati di tutti i Comuni in tempo reale
LAURA ZILIANI: IL RUOLO DELLA MAMMA DI MIRTO
Nel prosieguo della diretta di “Storie Italiane”, l’inviato Maurizio Licordari ha sottolineato che i legali dei ragazzi arrestati hanno rinunciato al riesame: si sta quindi seguendo probabilmente un’altra strada per fare rivalutare l’arresto. Per quanto riguarda Mirto Milani, ci sarebbero attività investigative in corso, con particolare riferimento ai parenti diretti e ai genitori, a cominciare dal ruolo della mamma del ragazzo, che compare anche in alcune intercettazioni telefoniche.
Bisogna far presente che, in base al momento in cui i genitori di Mirto sono stati informati dell’accaduto, cambia anche il discorso dell’accusa: di fatto, se i genitori sono stati informati il giorno dopo la scomparsa di Laura Ziliani, essi non sarebbero stati tenuti a informare le forze dell’ordine che il loro figlio aveva commesso un reato. Di fatto, “il reato di favoreggiamento, se non c’è stato un supporto concreto e reale nel commetterlo, non esiste, qualora i genitori siano venuti a conoscenza dei fatti soltanto a cose avvenute”.