L’edera di Nilla Pizzi torna a Sanremo 2020. Il brano nasceva per mano dei parolieri D’Acquisto e Seracini. Portava con sé gli anni dell’America nello spazio, il passaggio di testimone da Elvis Presley a Jerry Lee Lewis, Little Richard e Bill Haley, la produzione italiana della prima Fiat 500. Sono anni di rinnovamento quando L’edera sale sul palco dell’ottava edizione del Festival di Sanremo per inchiodare il pubblico a una dirompente malinconia. A poche ore dalla prima esibizione affidata a Tonina Torrielli e Nilla Pizzi, le prime indiscrezioni la danno vincitrice. Ma a smentire l’entusiasmo ci penserà a stessa Nilla Pizzi, la quale racconterà della sua preoccupazione per la presenza in gara dei più temuti concorrenti: Claudio Villa e Domenico Modugno. E i fatti le diedero ragione: il 1958 fu l’anno di un podio rivoluzionario. Il brano verrà interpretato nella serata delle cover da Riki.
L’edera di Nilla Pizzi a Sanremo 2020: un cambiamento improvviso
La musica italiana al Festival di Sanremo cessò di essere un baluardo di note romantiche e melanconiche. Nel blu, dipinto di blu di Domenico Modugno vinse quella edizione, acclamato da 63 giudici, contro i 41 a favore di L’Edera di Nilla Pizzi. La regina Pizzi non potè che incassare il colpo e sconfitta, ma non sorpresa, si consolò con un secondo posto. Il divario musicale rappresentato dalla contrapposizione di due canzoni così diverse tra loro si presentò a favore dello slancio liberatorio di un brano che, ancora oggi, non ha smesso di spalancare le braccia al cielo azzurro in un grido disperato di libertà.
Una benguine con progressione in stile boleriano
L’edera più che una canzone nasceva come benguine con progressione in stile boleriano, ispirata a un tango. Era la descrizione di un legame disperato inciso nella frase Come l’edera sei tu che mi incateni. Si trattava della classica canzone italiana romanzata in stile melodramma, interpretata da due donne che hanno saputo indicarne il contenuto di costrizione e dipendenza, ai danni di un sentimento inevitabile. Gli autori del brano, Saverio Seracini e Vincenzo D’Acquisto, hanno saputo però stuzzicare l’ascoltatore spingendolo a ricordare l’inclinazione naturale dei ruoli primitivi di uomo e donna attraverso una serie di allusioni. L’edera seppur con una melodia tradizionale ha saputo portare sul palco gli appunti di una storia che parla di dipendenza fisica e psicologica, della sottomissione di una femmina a un maschio la cui supremazia non è messa in discussione. Voglio offrirti con l’anima senza mai nulla chiedere, è un’espressione che sottolinea il maschilismo imperante e riporta alla memoria dinamiche di un tempo intrise di una valenza ideologica ormai superata. L’edera ha visto nel tempo diverse interpretazioni: il panorama internazionale ha amato la versione di Cliff Richard divenuta Constantly e l’Italia l’ha premiata negli anni 90’ con un Telegatto che l’ha consacrata al titolo di Canzone del Secolo. Altre rimodulazioni da segnalare riportano al 1974 quando Gigliola Cinquetti pubblica il suo 45 giri dal titolo L’edera – ti dico addio. Questo passato ingombrante non può non avvertirsi. Ana Mena e Riki dovranno essere all’altezza di un testo scritto e pensato per essere ricordato.