La Cgil ha scritto una lettera alla Commissione UE perché blocchi il ponte sullo Stretto. Landini è contro i lavoratori che dice di rappresentare
Non siamo un Paese normale. Come potremmo esserlo se il sindacato più importante, quello che dovrebbe favorire lo sviluppo e il lavoro e per la cui difesa addirittura ha invocato un referendum – ovvero la CGIL – si prende addirittura la briga di scrivere ufficialmente alla Commissione europea per invitarla a bloccare l’autorizzazione per l’avvio dei lavori del Ponte sullo Stretto di Messina?
La missiva sindacale inviata a Bruxelles (e integralmente riportata dall’Ansa il 28 maggio) è molto istruttiva, sottolineando la doppiezza e le assurdità di chi da una parte vuole – a parole – lo sviluppo del Paese e l’aumento dei posti di lavoro favorendo l’occupazione, ma dall’altra si oppone alle opere pubbliche, senza le quali la Sicilia e le sue aziende, per esempio, saranno sempre ai margini dell’Europa.
D’altronde siamo un popolo che da sempre preferisce compiangersi e lamentarsi di tutto, dove non si ha mai il coraggio di pensare in grande e dove ogni anno decine di migliaia di neo-laureati se ne vanno prendendo atto che da noi non c’è volontà di crescere.
Il ponte, voluto in primis da Matteo Salvini, sarebbe un esempio di volontà di riscatto nazionale, un’opera ingegneristica e strategica mondiale, di grande vantaggio per tutta l’economia del Mezzogiorno. Che senso ha cercare di bloccarlo? Se ne parla da decenni ma ecco che ora, quando faticosamente si avviano i lavori, arrivano puntuali le riserve, le proteste, adesso anche il rituale “no” della CGIL pur di farlo bocciare da Bruxelles.
Tra l’altro anche i fondi PNRR, anziché essere principalmente destinati ad alcune opere pubbliche strutturali fondamentali per il Paese, si sono persi (silenziosi i sindacati) in migliaia di rivoli di spese ordinarie od opere pubbliche minori e non strategiche, perdendo così l’ennesima occasione di modernizzare il Paese.
Mentre in Danimarca sono iniziati i lavori del mega ponte-tunnel per collegare direttamente la Germania con la Svezia evitando ogni traversata in traghetto e in Cina il nuovo ponte Hong Kong-Macao (di “soli” 56 chilometri) è stato ultimato in pochi anni, in Italia bisognerebbe adesso fermarsi per “Le gravi criticità tecniche, ambientali, normative e sociali connesse all’iter di approvazione del progetto” che “non soddisferebbe le stringenti condizioni previste per la deroga alla Direttiva Habitat in materia ambientale e infrastrutturale. Deroga che permetterebbe l’autorizzazione di progetti o piani che possono causare danni alle zone speciali di conservazione della rete Natura 2000, ovvero alle aree di interesse comunitario destinate alla conservazione della biodiversità”.
CGIL ecologista, quindi, perché mancherebbe “un’adeguata analisi delle alternative meno impattanti sull’integrità dei siti Natura 2000 interessati” e non vi sarebbero, come richiesto per la deroga alla Direttiva, “motivi di miglioramento significativi riguardanti la salute umana, la sicurezza pubblica o effetti ambientali positivi di primaria importanza”.
Inoltre, sempre secondo la CGIL, realizzando l’opera non solo si andrebbe contro “la strategia europea per una mobilità a zero emissioni”, ma soprattutto sarebbero stati trascurati “rischi strategici e di sicurezza” perché l’opera “espone l’area dello Stretto a rischi specifici in caso di conflitti, aggravando le condizioni di sicurezza per oltre un milione di residenti nelle aree metropolitane coinvolte”.
Avete letto bene: non si deve fare il ponte perché potrebbe diventare un bersaglio militare!
Quindi – conclude la CGIL – “sollecitiamo la sospensione dell’iter autorizzativo e l’apertura di una procedura formale di verifica di conformità del progetto alle disposizioni europee”.
Forse l’iniziativa sindacale non bloccherà l’opera, ma certo à un bell’ulteriore incaglio a chi faticosamente vorrebbe portarla avanti.
Le conclusioni sono disperanti sulla volontà di non far crescere l’Italia, però si potrebbe anche provocatoriamente obiettare che allora la CGIL si schiera anche contro la competitività delle aziende siciliane e sta dalla parte di quella mafia che non vorrebbe cambiare mai nulla, soprattutto in Sicilia.
Oppure che la CGIL sposa gli interessi del business legato ai traghetti sullo Stretto, mentre ci si chiede come possa mai aver autorizzato l’Europa quelle opere che tra porti, aeroporti, alta velocità ferroviaria, autostrade ecc. faticosamente ci permettono di arrancare dietro ai colossi asiatici che conquistano il mondo.
Un po’ curioso e sconcertante poi anche l’aspetto “militare”: se le opere pubbliche non si devono fare perché potrebbero diventare possibili bersagli per la popolazione della zona, allora l’Europa intera deve smontare tutto, è meglio tornare alle caverne e non pensarci più.
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