“Sulla base dei dati notificati per il 2018, è confermato che l’Italia non ha fatto progressi sufficienti per rispettare il criterio del debito nel 2018”. E’ quanto si legge nella lettera che il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, e il commissario all’Economia, Pierre Moscovici, hanno inviato al ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Dombrovskis e Moscovici chiedono all’Italia di presentare i “fattori rilevanti” che giustificherebbero la violazione delle regole e di ricevere una risposta “entro il 31 maggio 2019”, cioè entro domani. Perché la lettera è arrivata a pochi giorni di distanza dal voto europeo? Che cosa potrebbe succedere dopo venerdì, anche alla luce del fatto che si entrerà nel pieno della bagarre per le nuove nomine europee? E che cosa prevedono i Trattati? Lo abbiamo chiesto a Lorenzo Pace, professore di Diritto dell’Unione europea presso l’Università del Molise.
E’ arrivata la lettera della Ue con alcuni rilievi mossi all’Italia in merito all’andamento del debito pubblico. In realtà, le osservazioni di Bruxelles erano previste per il 5 giugno. Non è un po’ irrituale questo anticipo di una settimana e subito dopo l’esito del voto di domenica 26 maggio?
La comunicazione inviata dalla Commissione all’Italia è, da quanto chiarito dal commissario Moscovici lunedì scorso, una richiesta d’informazioni nel contesto della procedura di infrazione per debito eccessivo. Dal momento che l’Italia ha un debito molto superiore al criterio del 60% del Trattato di Maastricht, cioè ben oltre il 130% del rapporto debito/Pil, e la tendenza sembra essere di aumento e non di riduzione, la Commissione vuol sapere dall’Italia se esistano dei “fattori significativi”, delle giustificazioni, per il non rispetto di tale parametro. E’ questo un passaggio richiesto dai Trattati. A fronte della risposta dell’Italia, la Commissione pubblicherà, probabilmente il 5 giugno insieme ad altri importanti documenti di politica economica per tutti gli Stati membri dell’Unione, una relazione ai sensi dell’articolo 126.3 del Trattato. Questa costituisce la prima fase della procedura d’infrazione e di cui l’Italia è stata oggetto già due volte negli ultimi dodici mesi, cioè nel maggio e nel novembre 2018.
Poi cosa potrà succedere?
In base a come la Commissione valuterà la risposta dell’Italia, o la procedura si interromperà, come accadde a seguito di una similare richiesta della Commissione il 23 maggio 2018, o la procedura continuerà e si passerà alla fase successiva. Cioè a quella in cui si considera se tale situazione costituisce un “disavanzo eccessivo”, cioè una situazione economica potenzialmente pericolosa per tutta l’eurozona. Concretamente, lo stesso Moscovici ha anticipato lunedì scorso che avrebbe avuto uno scambio di vedute con il Governo italiano riguardo a misure di politica economica addizionali da parte dell’Italia necessarie al fine del rispetto delle regole europee.
La Commissione potrebbe anche decidere di aprire una procedura d’infrazione?
In primo luogo, la Commissione può solo proporre l’apertura della procedura formale. E’ poi il Consiglio che decide concretamente. La sensazione è però che la Commissione avrebbe probabilmente voluto iniziare la procedura per debito eccessivo già nello scorso dicembre a fronte della negoziazione sulla Legge di bilancio.
E invece?
A fronte di quanto successo al termine dello scorso anno, sembrerebbe che l’Autorità europea non abbia però voluto prendere decisioni che avrebbero avuto effetto sul voto europeo. Come ricorderà, l’Italia aveva comunicato alla Commissione di non voler applicare le regole dell’eurozona per la redazione della propria Legge di bilancio. A fronte di ciò aveva presentato inizialmente una manovra che “sforava” di circa 24 miliardi di euro, l’1,5% del Pil, gli impegni presi con la Commissione. La Commissione aveva allora sottolineato che tale deviazione era “senza precedenti nella storia del Patto di stabilità e crescita”. La Commissione, in una sorta di compromesso, aveva poi accettato, in quel momento, l’impostazione complessiva della Legge di bilancio italiana come formulata dal Governo a fronte, sostanzialmente, del riconoscimento da parte dell’Italia dei vincoli del Patto di stabilità e crescita oltre a una riduzione dei saldi complessivi della manovra. L’interpretazione secondo cui la Commissione non ha voluto prendere, allora, provvedimenti che avrebbero potuto avere effetto sulle elezioni europee sembrerebbe essere provata dalla scelta di Moscovici.
Perché?
Si è iniziato a discutere di richieste d’informazioni all’Italia e di possibili richieste di misure di politica economica addizionali solo il giorno dopo la celebrazione delle elezioni. Questo anche se tale scelta ha ridotto da due settimane a pochi giorni i tempi di risposta del Governo italiano a tale richieste.
Quali potrebbero essere i tempi tecnici, visto che a Strasburgo e a Bruxelles si aprirà ora la partita per il rinnovo degli organismi europei?
Riguardo alla tempistica, qualora la Commissione valuti che il requisito del debito sia stato violato, il Consiglio potrebbe decidere dell’esistenza di un disavanzo eccessivo, e quindi iniziare la parte operativa della procedura, nella riunione d’inizio luglio. D’altro canto, la sessione di primavera del semestre europeo, cioè quella di giugno/luglio, è normalmente deputata, tra le altre cose, alla valutazione delle eventuali procedure d’infrazione per disavanzo eccessivo.
Un’eventuale apertura della procedura d’infrazione da chi dovrebbe essere gestita: dalla vecchia Commissione ormai in scadenza o toccherà alla nuova, che dovrebbe insediarsi entro ottobre?
Se la Commissione attuale proporrà l’apertura della procedura d’infrazione, e il Consiglio non si opporrà a tale valutazione, sarà poi la nuova Commissione a gestire le fasi successive in considerazione della sua durata. Infatti, una volta che si sia decisa l’apertura, una simile procedura ha una durata particolarmente lunga, quattro o cinque anni. Questa, infatti, ha la funzione di riportare una consolidata tendenza dei conti pubblici di uno Stato in violazione dei parametri di Maastricht all’interno delle regole europee. Inoltre, ad oggi, non è mai stata aperta una procedura d’infrazione per debito eccessivo. Se malauguratamente fosse iniziata una simile procedura nei confronti dell’Italia, la tempistica e le modalità per ottenere il risultato sarebbero tutte da definire.
Il voto di domenica ha aperto nuovi scenari. Per la prima volta l’architrave Ppe-Pse non avrà la maggioranza nel Parlamento europeo. Si renderà necessario un allargamento. Questa novità potrebbe influire sui tempi e sul metodo nella scelta dei nuovi organismi Ue?
Influire sui tempi, probabilmente sì, anche se alla scadenza della Commissione mancano ancora quattro mesi. Le fibrillazioni a livello mondiale, a cominciare dalle “guerre commerciali” in atto, spingono però a chiudere la “partita” delle nuove istituzioni nei tempi previsti dai Trattati. Avere delle istituzioni che siano delle “anatre zoppe”, terminato il loro mandato, non favorirebbe la posizione comune dell’Europa verso l’esterno.
E sul metodo?
Influire sul metodo, e mi riferisco alle regole europee, no, in quanto le procedure sono ben chiare nei Trattati.
A Bruxelles non c’è accordo anche sul metodo dello Spitzenkandidat per la scelta del presidente della Commissione europea? Che cosa significa? Che effetti potrebbe produrre questo dissidio?
Più che la carenza di accordo sul metodo il problema sembra essere collegato a quali e quanti gruppi politici sosterranno il nuovo candidato alla presidenza della Commissione. Già nel caso della presidenza Juncker, il gruppo dei Popolari europei, di cui Juncker era lo Spitzenkandidat, non disponevano in Parlamento di una maggioranza per eleggerlo. Juncker superò questo tramite un accordo con il gruppo socialista che, tra le altre cose, ebbe quale risultato lo stabilire la regola della “flessibilità” dei conti pubblici, di cui l’Italia si è poi molto avvantaggiata. Riguardo alla possibile deroga al principio degli Spitzenkandidaten, il Parlamento europeo si è espresso l’anno scorso, sostenendo che avrebbe respinto qualsiasi candidato a presidente della Commissione che non avesse rispettato tale principio. Detto questo, essendo solo la seconda volta che tale principio viene utilizzato nel procedimento di nomina del nuovo presidente, sarà interessante vedere come la politica deciderà.
(Marco Biscella)