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Home » Chiesa » LETTURE/ Don Giussani, il dono di un popolo che si riscopre amato dal Mistero

  • Chiesa

LETTURE/ Don Giussani, il dono di un popolo che si riscopre amato dal Mistero

Pietro Galignani
Pubblicato 15 Ottobre 2025
Luigi Giussani (1922-2005) durante una gita al faro di Portofino, nel 1955 (Ansa)

Luigi Giussani (1922-2005) durante una gita al faro di Portofino, nel 1955 (Ansa)

Luigi Giussani nel suo magistero ha sottolineato senza sosta la consonanza fondamentale tra liturgia ed esperienza nella comunità cristiana

Nell’anniversario della nascita di Luigi Giussani (15 ottobre 1922) è commovente sentire il suo carisma attraverso i testi della liturgia ambrosiana che egli ha sempre amato e commentato con passione.

Spesso nella messa ha voluto che la voce limpida di Adriana Mascagni intonasse in latino sulle note del canto provenzale “Il giusto fiorirà come palma, si moltiplicherà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio” (Ps 91, 13-14. Introito della festa di san Giuseppe).


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È l’espressione liturgica dell’affermazione di Mario Vittorino: “Quando ho incontrato Cristo mi sono scoperto uomo” (In Epist. ad Ephesios, libro II, cap. 4, v. 14, in Marii Victorini Opera exegetica, ed. F. Gori, Vindobona 1986, II 16)

Si può dire che questa citazione indica tutta l’ampiezza e la profondità del carisma che intuisce ed annuncia come vivere il rapporto con Dio che Cristo realizza. Nella memoria di Cristo l’uomo diventa umano, ritrova la sua “immagine di somiglianza”. Giussani insisteva nel ripetere: “Chi mediterà continuamente la legge del Signore, darà frutto a tempo opportuno”. Ecco dove sta la pienezza e la felicità dell’uomo.


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Per permanere in questa disposizione bisogna vivere nella comunionalità l’appartenenza e la sequela (obbedienza), due dimensioni fondamentali nell’educazione alla fede dentro l’unità dei credenti. Ma l’uomo non è capace di questa fedeltà. Nella storia di Dio con l’uomo, Dio è fedele mentre l’uomo non sa vivere positivamente questa vertiginosa tensione.

“Dio c’è, è l’uomo che manca”, affermava continuamente don Giussani, perché è fragile e distratto dagli idoli che il suo egoismo produce. Con l’impeto focoso del suo animo generoso ed appassionato, Giussani ha sempre voluto educare a riconoscere che Dio è presenza in Cristo che toglie all’uomo il cuore di pietra e lo sostituisce con un cuore di carne.


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Il fondatore di CL ha dato la vita per questa opera in una testimonianza nella quale ha impegnato totalmente se stesso. Un giorno esclamò: “Ho trovato una preghiera che vuole sintetizzare tutto ciò che andremo meditando in questa giornata. È una volta sola all’anno che ci ritroviamo. Dobbiamo sempre ripetere le cose di fondo. Non possiamo meravigliarci che ci diciamo sempre quelle stesse cose che uniche danno saggezza alla vita, che eliminano la stoltezza della vita”. (…) “Custodisci la tua famiglia (la tua comunità, il tuo popolo) con la fedeltà del tuo amore (con la stessa storia con cui l’hai creato) e sostieni sempre la fragilità della nostra esistenza con la tua grazia (Grazia è una cosa sola, il mistero che si è fatto carne, ossa, figlio di Maria, Cristo) unico fondamento della nostra speranza” (V domenica dopo l’Epifania, orazione sul popolo).

Secondo Giussani dunque nell’avvenimento cristiano ci sono due elementi costitutivi, la misericordia di Dio e la fragilità dell’uomo. Giussani ha continuato a sottolineare che la vita è tutta intessuta da questa dinamica alla quale egli richiama non appena la parola liturgica la sottolinea.

È per lui decisivo quindi educare le persone a lasciarsi plasmare dalla misericordia di Dio e non aver paura dei propri peccati. “Ti sei chinato sulle nostre ferite e ci hai guarito, donandoci una medicina più forte delle nostre piaghe, una misericordia più grande della nostra colpa. Così anche il peccato, in virtù del tuo invincibile amore, è servito ad elevarci alla vita divina” (Generare tracce, pag. 87; prefazio XVI domenica per annum).

Don Luigi Giussani durante una lezione
Don Luigi Giussani durante una lezione

La misericordia di Dio è più grande e più potente del peccato dell’uomo. “Non abbiate paura dei vostri peccati” diceva, perché Dio cambia l’uomo in una presenza che abbraccia, illumina e conduce alla realizzazione di sé. L’appartenenza alla comunionalità e la memoria del fatto cristiano indicano la modalità per lo sbocciare dell’io che rinasce in un incontro quando sperimenta di essere amato da una paternità che mostra dove sta la sua consistenza.

È proprio questo che descrive la seguente preghiera spesso ricordata da Giussani. “O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi nei nostri cuori la dolcezza del tuo amore, perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio” (Colletta, XX domenica del tempo ordinario, anno C, rito romano. Vivendo nella carne, pag. 97, cfr pag. 133 e pag. 323).

La parola liturgica gli mostra inoltre che c’è una consonanza fondamentale tra l’annuncio liturgico e l’esperienza vissuta nella comunità cristiana. Ne consegue che in Giussani annuncio e educazione alla fede coincidono. Se l’annuncio non diventa esperienza rimane astratto, non informa la vita, al massimo le rimane accanto inerte, senza efficacia.

Il carisma di Giussani educa alla fede, promuove una vita ricca di tensione alla gratuità perché radicata nella assoluta positività del Mistero. In tale modo l’educazione annuncia il senso della vita e il cristianesimo non si riduce a verità intellettuali e a precetti morali che spingono a realizzare progetti, ma si presenta in un “come essere” che nella situazione concreta sprigiona la creatività.

Soprattutto va ricordata l’orazione dell’offertorio nella festa del Cuore di Gesù, nella quale Giussani ha visto descritta la sua vita, il suo impegno e il suo carisma. L’ha commentata nel 1998 in piazza san Pietro davanti a papa Giovanni Paolo II presentando il Movimento che ha fatto sorgere.

In quella occasione egli, già visibilmente malato, ha aperto il suo animo ad un papa anch’egli sofferente. Giussani si sentiva lieto per l’esperienza della corrispondenza tra il desiderio del suo animo e la sicurezza di un destino positivo che già si annuncia nel tempo. Lo ha colpito questa preghiera perché si accorge che descrive la sua vita e quella del Movimento. “In semplicitate cordis mei laetus obtuli universa et populum tuum vidi cum ingenti gaudio tibi offere donaria. Domine deus, custodi hanc voluntatem cordis eorum” (Generare tracce, pag. IV).

In essa ha visto descritta tutta la sua vita, messa in movimento dall’intuizione che egli ha avuto meditando il prologo del vangelo di Giovanni che lo ha riempito di stupore. Ha sentito perciò l’urgenza di dare la sua vita per l’opera di Cristo e ciò gli ha procurato una profonda letizia. “Nella semplicità del mio cuore lietamente ti ho donato tutto”, perché egli ha vissuto la passione per la gloria umana di Cristo.

Giussani ha visto che per effetto del suo annuncio e del suo metodo educativo è nato un popolo che aspira a vivere nella sequela del suo carisma. “Ho visto il tuo popolo, con grandissima gioia, riconoscere l’esistenza come offerta a Te”. È impressionante costatare come questa preghiera descriva la vita del popolo di Giussani, un popolo che sta generando tracce nella storia del mondo.

La sequela e la preghiera però non assicurano la fedeltà. Dio è fedele nella sua misericordia, l’uomo non è capace di rimanere nella tensione e nell’energia prodotta dallo stupore. Insorge continuamente in lui l’incapacità di vivere la sua radicale dipendenza.

L’infedeltà, che sempre insorge, deve essere consegnata continuamente alla memoria di Cristo nella preghiera e nella offerta. “Signore Dio, salva questa disposizione del loro cuore”. Nel commento a questi testi liturgici il carisma di Giussani vive l’identità tra annuncio ed educazione alla fede, e l’unità tra la vita della comunità cristiana e la memoria che l’azione liturgica realizza.

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Tags: Don Luigi GiussaniComunione e Liberazione

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