Il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani del 2025 si ispira al brano del Vangelo di Giovanni: “Credi tu questo?” (Gv 11, 26). Le preghiere e le riflessioni sono state preparate dalla Comunità monastica di Bose nel Nord Italia. Come di consueto, un gruppo internazionale nominato congiuntamente dal Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese ha lavorato su questo materiale per finalizzarlo agli scopi dell’iniziativa. Il tema è un chiaro riferimento al Credo di Nicea, del quale quest’anno ricorre il 1700esimo anniversario, che latini e bizantini recitano nella Divina Liturgia. Esso è caratterizzato da tre fatti che si intrecciano, la Trinità, Cristo e la Chiesa. Essi vengono intuiti in modo proprio da ciascuna tradizione ecclesiale secondo la peculiare esperienza storica vissuta.
L’annuncio della fede espresso dalla tradizione bizantina è la proclamazione di una teologia che sgorga da un’esperienza esistenziale. Di essa il fedele si abbevera con gusto perché è acqua sorgiva e non acqua contenuta in confezioni di plastica, ha recentemente affermato Donato Oliverio, vescovo bizantino di Lungro (Calabria). La vita di fede del mondo bizantino è tutta presente negli scritti dei Padri e nella sua liturgia perché è teologia carismatica che l’Occidente non conosce. Oggi, dopo dopo sessant’anni dal Vaticano II, la conosce meglio, ma di fatto solo in forma scientifica, vale a dire secondo le convenzioni e i criteri della teologia accademica. Però è continuamente sollecitato dalla vita stessa a sperimentarla per poterla gustare. Si deve ringraziare il vivace ed acuto annuncio teologico e la genialità educativa di Luigi Giussani se in Occidente si sta diffondendo una modalità di vivere il cristianesimo che rende capaci di apprezzare l’esperienza teologica bizantina. Giussani ripropone il cristianesimo come avvenimento, del quale fare memoria in una comunione di vita. Questo è il fondamento di ogni operare cristiano.
Il cristianesimo, sempre secondo Giussani, non è primariamente occuparsi dei poveri e dei miseri, ma fare memoria del fatto di Cristo, memoria che educa all’attenzione e alla condivisione del bisogno dell’altro per condividerne la vita. In questa visione l’annuncio cristiano non è proclamazione di una verità astratta, ma coincide con la concretezza di una proposta educativa. Nelle comunità l’esperienza stessa diventa verifica esistenziale della verità annunciata. Solo vivendo, gustando la vita cristiana nella unità dei credenti, dice sempre Giussani, l’annuncio smette di rimane parola astratta, che se ne sta accanto alla vita senza toccarla, senza permearla e renderla nuova. Solo come esperienza della salvezza, o meglio della realizzazione compiuta del desiderio di vita di ciascuno, il cristianesimo dà senso alla vita, cambia realmente l’esistenza e non rimane una regola consegnata allo sforzo morale.
Il cristianesimo insomma non è una serie di verità lapidarie alla quale segue una massa di precetti da adempiere. Con questa educazione alla fede si riesce a gustare la tradizione bizantina che esprime nella sua azione liturgica tutto il suo luminoso colore ed il suo intenso ed affascinante profumo. Non solo, ma vivendo il cristianesimo come esperienza, Giussani mostra una consonanza di fondo con l’esperienza esistenziale ortodossa. Ne mostriamo due coincidenze significative.
La prima è lo staretz Sofronio (1896-1993), discepolo fedele di San Silvano del Monte Athos (1866-1938) del quale rivive la profonda tensione spirituale. “‘Il cristianesimo non è una dottrina, ma la vita’. La teologia non è un esercizio speculativo, ma ‘lo stato di essere ispirati dalla grazia divina’. La conoscenza spirituale non è un sapere, ma ‘l’esperienza esistenziale della comunione con Dio’. Primato dell’esperienza esistenziale dunque, senza che per altro si escluda la necessità essenziale di una conoscenza dogmatica forte. Come scrive padre Sofronio, ‘una vita giusta è condizionata da delle concezioni corrette su Cristo e sulla Santa Trinità. Viceversa, la minima deviazione dalla verità nella nostra vita interiore snatura la nostra prospettiva dogmatica’”.
La seconda coincidenza consiste nella teologia (in senso greco) della Chiesa ortodossa greca del sec. XX secondo lo studio di Christos Filiotis-Vlachavas. Si prendano in esame i tre temi che riguardano la teologia in senso stretto, vale a dire il discorso su Dio.
Creato-increato – “Il punto di partenza della teologia patristica è il Dio Uno e Trino che è il Creatore di tutte le cose. Lo sviluppo del dogma trinitario non è un semplice approccio filosofico. Si tratta dell’esperienza del corpo ecclesiale, dell’esperienza del Dio Uno e Trino e del modo in cui Egli si rivela nella creazione e nella storia”.
L’autore sottolinea subito la centralità fondamentale dell’esperienza come metodo della teologia carismatica. È affermato infatti chiaramente che il cristianesimo è esperienza del mistero trinitario, che si manifesta pienamente in Cristo, ed è modello della sinodalità ecclesiale.
Essenza ed energie – “L’uomo può conoscere Dio e i suoi misteri solo nella misura in cui Dio si rivela a lui ‘strappandolo ai limiti delle sue facoltà umane’. Da questo punto di vista, la teologia è innanzitutto theoria (contemplazione) e chi ‘non ha visto Dio non può parlare di lui’, o ancora ‘la scienza di Cristo non ha bisogno di un’anima dialettica, ma di un’anima perspicacemente intuitiva’”.
È per esperienza che ci si accorge che Dio è mistero, e di lui sappiamo solo le sue manifestazioni, i suoi interventi nella storia. Qui c’è la radice per la distinzione tra essenza ed energie. L’essenza di Dio rimane assolutamente mistero, di essa si fa solo esperienza che coglie ciò che Dio non è. L’esperienza del mistero comunicata è la teologia apofatica, mentre lo studio delle conseguenze storiche delle sue manifestazioni fonda la teologia scientifica che viene trattata col metodo catafatico.
Teologia ed economia, doppio metodo teologico – “La teologia ortodossa ha proposto quello che chiama il doppio metodo teologico: la teologia scientifica, che si riferisce alla realtà creata, e la teologia carismatica, che si riferisce all’increato. La teologia carismatica è l’esperienza della vita della Chiesa attraverso la presenza dello Spirito Santo”.
Giussani coglie il Mistero nel culmine del dinamismo del senso religioso. “La ragione, per il suo stesso originale dinamismo, non può compiersi se non riconoscendo il reale in quanto affonda nel mistero” e annuncia che esso si manifesta compiutamente nella persona di Cristo che “permane nella storia attraverso la compagnia dei credenti che è un segno, come tenda nella quale sta il sancta santorum, il mistero diventato uomo”.
Le esperienze esistenziali si sommano e sono un dono reciproco quando vengono condivise, invece le dottrine teologiche astratte producono scuole di pensiero che per proporsi, per natura, si contrappongono. Esse diventano causa di divisione ed acuiscono i contrasti quando sono manipolate dagli interessi politici e dalle ambizioni personali dei protagonisti della vita della Chiesa. È ciò che purtroppo è avvenuto nei rapporti tra Roma e Costantinopoli.
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