L’elemento gnostico e millenarista di una volontà di “salvezza” terrena dell’umanità ad opera dell’uomo ha subito oggi una metamorfosi, nell’ideologia del Russkij mir (“mondo russo”, “pace russa”), nella forma inedita di un “apocalittismo militarista”: mutuiamo questa espressione da Mikhail Epstein, il quale in un articolo uscito il 19 marzo 2024 nel sito russo svoboda.org ha richiamato l’attenzione su una “frase misteriosa” rivolta dal patriarca Kirill a Putin dopo la sua cerimonia di investitura nella cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino: “Oserei addirittura dire: ci conceda Dio che la fine del secolo coincida anche con la fine della sua permanenza al potere. Lei ha tutto ciò che le serve per svolgere per molto tempo ancora e con successo questo grande compito al servizio della patria” (tr. it., M. Epstein, “Un nuovo apocalittismo”, La Nuova Europa, 8 agosto 2024, corsivo nostro). Tale apocalittismo, prosegue Epstein, “assume gli aspetti più tenebrosi dello gnosticismo e maledice tutto ciò che esiste in quanto ‘immerso nel male’. Di qui l’aspirazione a consegnare il mondo intero a un fuoco purificatore che porti, per mano dell’uomo, a una fine del mondo la cui forza distruttrice sarebbe affidata alla potenza delle armi nucleari” (ivi).
Aleksandr Dugin (1962), radicale antioccidentalista ritenuto uno degli ispiratori di Putin, ha esplicitato con frasi di delirante escatologismo la missione della Russia lanciata verso i destini finali della storia dell’umanità: “Quello che dobbiamo fare non è chiederci se la fine del mondo arriverà o meno, ma pensare a come realizzarla. Questo è il nostro dovere. Non arriverà da sola… Sta a noi decidere. E, soprattutto, sta a noi trovare un modo per porre fine a questa storia…” (ivi).
Quanto al patriarca Kirill – osserva Epstein – “benedicendo Putin per un altro mandato, collega direttamente il significato della sua prossima attività con la ‘fine del secolo’. Di quale secolo sta parlando? Certamente non del nostro secolo, non dell’arrivo del XXII secolo, quando il presidente avrà 148 anni. ‘Secolo’ nel linguaggio ecclesiastico è una traduzione del greco ‘eone’. Nel Nuovo Testamento, ‘eone’ indica l’intero mondo esistente, contrapposto al ‘secolo venturo’ che verrà dopo la fine del mondo. […] Si parla quindi della fine del mondo così come lo conosciamo noi. […] Il desiderio che la fine dell’eone coincida con la fine della permanenza di Putin al potere indica che la follia apocalittica è passata dalle fantasie oziose di Dugin alla narrazione teologica della Chiesa ortodossa russa. […] C’è un leader che spiana la strada verso questo obiettivo e c’è un sacerdozio che lo benedice” (ivi).
Guerra ed espansionismo trovano oggi nell’ideologia della “Pace russa” nuova fonte di propulsione pratica e di legittimazione teorica, ma sono ambedue profondamente radicate nella storia della Russia, come ha chiarito recentemente il professor Gary Saul Morson: “Nel suo libro del 1898, Guerra nella storia del mondo russo, Nikolai Sukhotin, direttore dell’Accademia di Stato Maggiore, calcolò che la Russia aveva speso 353 dei 525 anni passati – due terzi della sua storia – a fare guerra” (G.S. Morson, “Narratives of Russian History”, The New Criterion, maggio 2024).
Rifacendosi, inoltre, all’intervista rilasciata da Putin a Tucker Carlson il 6 febbraio scorso, Morson scrive: “Putin ha asserito […] che invaderebbe la Polonia solo se la Polonia attaccasse per prima la Russia. Questa fu precisamente la scusa che l’URSS presentò per invadere la Finlandia il 30 novembre 1939: che la Finlandia, un paese di circa tre milioni di abitanti, avrebbe invaso l’URSS, di centocinquanta milioni. La Russia ha una storia di espansione, sotto gli zar, i sovietici, e Putin. L’ideologia procura soltanto una scusa aggiornata. L’espansionismo russo è solitamente datato alla conquista di Kazan’ da parte di Ivan il Terribile nel 1552. Se consideriamo i confini della Russia (dell’URSS) nel 1952, possiamo calcolare che, in media, la Russia ha aggiunto un territorio delle dimensioni del Belgio ogni anno per quattrocento anni – senza contare gli Stati dell’Europa orientale allora sotto controllo sovietico. Oggi rimane la domanda del perché un enorme Stato con una varietà vertiginosa di problemi demografici, economici ed etnici cercherebbe di espandere il proprio territorio ancora più lontano, specialmente in una nazione ben difesa come la Polonia, ma è sicuramente una possibilità” (ivi).
Dopo più di mille giorni dall’avvio della guerra di aggressione da parte della Russia contro l’Ucraina, da quanti sono animati da sete di giustizia, amore del vero, spirito di perdono e pentimento – ognuno al suo posto, ognuno al suo lavoro – con zelo decuplicato ha da esser sì quotidianamente cercata, mendicata, vissuta, operata la pace vera. Ma la pace russa è un’altra cosa.
(2 – fine)
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