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Home » Libertà di educazione » Quaderno 33 » L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO NELLA SCUOLA DEL PRIMO CICLO/ 2. La riflessione sulla lingua in ordine all’educazione della ragione e della criticità

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L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO NELLA SCUOLA DEL PRIMO CICLO/ 2. La riflessione sulla lingua in ordine all’educazione della ragione e della criticità

Raffaela Paggi
Pubblicato 2 Dicembre 2012
matite439

Materia prima: disegnare il pensiero

Il curriculum di italiano: le condizioni, i fattori e le modalità di un percorso formativo della ragione e della libertà degli studenti dagli 11 ai 14 anni. LA GRAMMATICA, di RAFFAELA PAGGI

Prosegue da L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO NELLA SCUOLA DEL PRIMO CICLO/ 1. La lettura: i testi, le ragioni, i modi

La fruizione dei testi è strettamente connessa alla crescita della consapevolezza linguistica, in quanto l’interpretazione del testo, che ha natura di segno, implica il coinvolgimento con tutte le componenti del significante, per non ricadere in una scissione tra forma e contenuto pericolosa per l’educazione della ragione, intesa come implicazione della persona con tutti gli aspetti della realtà fino a porsi la domanda sul suo senso ultimo. Occorre pertanto nel percorso scolastico dedicare un tempo consistente ed effettuare lezioni appositamente dedicate alla riflessione sulla lingua, favorendo la conoscenza soprattutto di due aspetti: la grammatica della lingua e il suo lessico.


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La grammatica come metodo di indagine

Per quanto riguarda l’aspetto più propriamente grammaticale il docente non può non porsi la domanda circa quale grammatica insegnare, la grammatica essendo un metodo per indagare e per sistematizzare le conoscenze di quell’oggetto vasto e a tratti misteriosi che è la lingua. Tendenzialmente sono due le grammatiche attualmente diffuse in ambito accademico, che si pongono in alternativa a quella strutturalista (avente come capostipite Saussurre e vincente in Italia nella seconda metà del secolo scorso): la grammatica funzionalista e quella generativa, mentre in ambito scolastico prevale ancora il metodo normativo classificatorio e quello strutturalista.


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Il metodo struttural-funzionalista

Richiederebbe molto tempo affrontare la disamina di tali grammatiche per metterne in luce gli aspetti positivi e quelli negativi. Mi limiterò pertanto a proporre il risultato della riflessione, condotta sotto la guida del linguista prof. Eddo Rigotti, che ha portato chi scrive a considerare didatticamente proficuo un metodo di indagine linguistica che si potrebbe definire struttural-funzionalista.

Dello strutturalismo abbiamo conservato le due categorie fondamentali della combinazione e della selezione: procedimenti basilari per la formazione dei testi linguistici. Ogni elemento del testo infatti concorda o è retto o intrattiene un nesso logico con altri elementi in unione con i quali forma i sintagmi, ovvero combinazioni significative di parole, e ogni elemento è scelto in un paradigma di possibilità equivalenti in ordine alla funzione comunicativa, al rapporto con la realtà che si vuole comunicare, alla tipologia testuale, alle leggi intertestuali. Del funzionalismo abbiamo colto l’attenzione alla situazione comunicativa: le strutture vengono organizzate dal parlante per produrre atti comunicativi in particolari situazioni, per ottenere determinate finalità, e ciò implica che lo studio della grammatica di una lingua non possa prescindere dal rapporto esistente tra parlante, testo e realtà.


Il lavoro e la scuola: un confronto a partire dall’istruzione tecnico-professionale/3


Ne consegue una didattica che privilegia la conoscenza e il riconoscimento delle parti del discorso e dei sintagmi all’opera nei testi, nei primi anni di scuola primaria insistendo sull’uso corretto degli stessi, in seguito (tra la quarta primaria e la prima media) procedendo a una sistematizzazione delle regole combinatorie e dei criteri di classificazione delle parti del discorso e dei sintagmi, sempre a partire dall’osservazione delle strutture in azione nei testi. In particolare ci pare interessante la sottolineatura della centralità del verbo, intorno al quale le strutture si organizzano in qualità di complementi obbligatori e non, al fine di attestare il senso svolgendo particolari funzioni. Indagare le funzioni, allorché lo studente inizia ad uscire dall’età infantile (siamo circa in seconda media), lo aiuta a diventare consapevole delle categorie di pensiero della cultura in cui e di cui vive, degli strumenti cioè di cui la tradizione culturale lo ha dotato, anche e soprattutto attraverso la lingua e i testi. Un buon percorso di riflessione sulla lingua dalla scuola primaria a quella secondaria è in grado di portare a consapevolezza nello studente quelle strutture linguistiche (parti del discorso, sintagmi, frasi, periodi, leggi di concordanza e reggenza) che dapprima ha imparato a usare correttamente e in un secondo momento ha imparato a interrogare in ordine alla funzione che esse svolgono nella comunicazione, in ordine al loro contributo nell’attestazione del senso.

La  lezione come scoperta

Per quanto riguarda il metodo di insegnamento della grammatica, va sottolineato che, pur essendo nell’ambito dell’italiano l’aspetto che richiede maggior impegno di studio e maggior precisione nel lavoro personale – tanto che in molte scuole si è gettata la spugna e pochi insegnanti svolgono effettivamente il programma di riflessione sulla lingua con esiti disastrosi nel proseguo degli studi – noi reputiamo l’ora di grammatica un momento realmente educativo della ragione. A condizione però che l’insegnante non si limiti a dare le norme che devono poi essere applicate meccanicamente nell’esercizio personale e ad addestrare gli studenti all’analisi grammaticale e logica. Occorre a tal proposito che la lezione si configuri come scoperta guidata dei fatti linguistici in atto nei testi e di esercizio diversificato al fine di fornire più di una strada per conoscere lo stesso fenomeno. Esercizi validi, oltre alla solita analisi morfologica e sintattica, sono il riconoscimento della struttura nella frase, la produzione di testi per utilizzare le strutture conosciute anche con funzioni diverse, la traduzione di una struttura in strutture sinonimiche, la lettura di testi umoristici in cui l’ironia nasce da giochi linguistici portando i ragazzi a esplicitarne la logica sottesa, la correzione dell’errore in testi appositamente mal formulati chiedendo ai ragazzi di dar ragione della scorrettezza.

È infatti importante che si eviti il pericolo del meccanicismo nello studio della lingua, in  quanto non vi è nulla di più lontano dalla sua natura, essendo uno strumento dato all’uomo per attestare nella libertà il suo rapporto con il reale e con sé stesso.

 

 

lezione come scoperta

 

 

Il lessico per favorire l’esperienza

L’educazione alla criticità passa anche da un altro aspetto della riflessione linguistica, ovvero la presa di coscienza della morfologia e della semantica del lessico. A tal proposito bisogna rifuggire dall’idea che si studi il lessico parlando delle parole, piuttosto la crescita della consapevolezza lessicale avviene mettendo a tema le “cose”, cioè gli oggetti e i concetti. Sicuramente esistono dei fenomeni linguistici che vanno indagati con i ragazzi relativi alla formazione delle parole, ai nessi che esse intrattengono a livello di sistema, alla loro storia, ma è altresì importante restituire il giusto spessore semantico e pragmatico, anche esplicitandolo, alle parole che si incontrano nell’esperienza testuale scolastica ed extra-scolastica. Spesso infatti la povertà lessicale che gli insegnanti lamentano nei loro studenti non è dovuta tanto a una mancanza di termini nel loro vocabolario, quanto a una mancanza di esperienza relativa a tali termini, che va favorita e richiamata alla coscienza. 

 

Prosegue con L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO NELLA SCUOLA DEL PRIMO CICLO/ 3. La produzione di testi orali e scritti come occasione di crescita


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