C’è un‘intelligenza artificiale che si chiama Life2vec e che è addestrata sui dati personali dell’intera popolazione della Danimarca con la capacità di prevedere le probabilità di morte di ognuno nella maniera più accurata possibile. Ne parla LegaNerd, che sottolinea come i ricercatori che hanno dato vita a questa tecnologia, sostengono come la stessa possa avere un impatto positivo anche per quanto riguarda possibili problemi sociali e sanitari. A realizzarla sono stati Sune Lehmann Jørgensen dell’Università tecnica della Danimarca e i suoi colleghi, che utilizzando una serie di dati comprendenti l’istruzione, le visite mediche, gli ospedali, il reddito e l’occupazione, hanno appunto elaborato questo modello previsionale che sarebbe in grado di determinare cosa sia più probabile che accada. Durante i test e gli esperimenti Life2vec è risultato assolutamente profetico, azzeccando le sorti meglio di qualsiasi compagnia assicurativa o di altri modelli di IA.
Il modello è stato anche in grado di prevedere i risultati di un test di personalità in un sottoinsieme della popolazione, scrive ancora LegaNerd, in maniera più accurata rispetto ai modelli di intelligenza artificiale addestrati appositamente per questo compito. “È chiaro che il nostro modello non dovrebbe essere utilizzato da una compagnia di assicurazioni, perché l’intera idea di assicurazione è che, condividendo la mancanza di conoscenza di chi sarà la persona sfortunata colpita da qualche incidente, o dalla morte, o dalla perdita dello zaino, possiamo in un certo senso condividere questo fardello”, sottolinea Jørgensen, l’autore di Life2vec.
LIFE2VEC,’INTELLIGENZA ARTIFICIALE CHE “PREVEDE” LA MORTE: “SIAMO CONSERVATORI…”
Per Matthew Edwards dell’Institute and Faculty of Actuaries, organismo professionale Regno Unito, le compagnie assicurative utilizzano solitamente dei modelli di IA lineari generalizzati, che sono rudimentali rispetto a quello elaborato in Danimarca.
“Se si guarda a ciò che le compagnie di assicurazione hanno fatto per molte decine o centinaia di anni, è stato prendere i dati in loro possesso e cercare di predire l’aspettativa di vita”, precisa Edwards che poi chiosa “Ma siamo deliberatamente conservatori nell’adottare nuove metodologie, perché se si sta scrivendo una polizza che potrebbe essere in vigore per i prossimi 20 o 30 anni, l’ultima cosa che si vuole fare è un errore materiale. Tutto è aperto al cambiamento, ma lentamente, perché nessuno vuole commettere un errore”.