Lo sport si ferma per Papa Francesco: tra il rispetto e le polemiche, come si onora il lutto? Le decisioni del Coni hanno fatto parlare in questi giorni

Il calcio e più in generale lo sport italiano hanno rispettato il lutto per la morte di Papa Francesco sia fermandosi completamente a Pasquetta, nel giorno della morte, sia decretando un altro giorno di stop totale alle attività in occasione del funerale del Santo Padre, sabato 26 aprile 2025. Uno sforzo non indifferente, specialmente nel fittissimo e intricato calendario del calcio, segno della volontà di onorare il ricordo del Papa anche a costo di creare non indifferenti difficoltà pratiche alle società e naturalmente anche ai tifosi e anche di scatenare le polemiche che inevitabilmente si accompagnano a situazioni di questo genere.



Da chi non riesce ad andare oltre le lamentele per le conseguenze immediate sulla propria squadra del cuore a chi arriva pure a mettere in dubbio la laicità di uno Stato che onora la memoria del Pontefice, si è sentito di tutto in questi giorni.

Cinema, teatri, concerti e tanti altri generi di intrattenimento e occasioni di divertimento sono invece andate avanti regolarmente nel giorno di Pasquetta e non chiuderanno nemmeno sabato. In Italia già tante altre volte sono successe situazioni del genere: per fare un esempio ancora recente, ricordiamo commenti indignati quando la Serie A decise di rinviare solamente le partite di Genoa e Sampdoria dopo la tragedia del ponte Morandi, ma in quegli stessi giorni tutte le altre più classiche occasioni di divertimento tipiche della settimana di Ferragosto (il crollo si verificò il 14 agosto 2018) proseguivano regolarmente.



Forse è il prezzo che il calcio deve pagare per essere così centrale nella vita del nostro Paese, ma una domanda sorge spontanea: in Italia per dimostrare che un lutto è “vero”, bisogna per forza fermare (solo) lo sport?

Certo, naturalmente si potrebbe sottolineare che un cinema, teatro, discoteca eccetera che chiudesse in occasione di ogni lutto avrebbe una significativa perdita economica che invece lo sport può sostanzialmente compensare riprogrammando gli stessi eventi in giorni differenti, il che chiaramente non è un dettaglio trascurabile, ma così non si toccherebbe il nocciolo della questione.



Per fare un esempio citiamo l’evento sportivo che sarebbe stato il principale di sabato, cioè Inter Roma a San Siro. Se i quasi 80.000 spettatori che sarebbero andati al Meazza andranno invece al cinema piuttosto che a prendere un aperitivo con gli amici, onoreranno la memoria di Jorge Mario Bergoglio meglio di quanto avrebbero fatto incitando la propria squadra dagli spalti?

Non crediamo che ci sia una risposta netta a questi interrogativi. Sicuramente la scelta di fermarsi per il giorno intero, sia lunedì sia sabato, è un segno di sensibilità e rispetto, ancora più significativo perché arriva da un mondo spesso accusato di pensare solo ai soldi. D’altro canto, è più che legittimo anche pensare che sarebbe bastato un minuto di silenzio (che fosse vero silenzio, ci permettiamo di aggiungere), magari con un simbolico spostamento del calcio d’inizio di un quarto d’ora.

Insomma, le soluzioni avrebbero potuto essere molte: il CONI, le Federazioni e le Leghe hanno scelto lo stop totale ed è una decisione da rispettare, a patto che non sottintenda il concetto che si ferma il calcio/lo sport perché sia sufficiente questo per mostrare il lutto di un intero popolo o – peggio ancora – perché ci fosse il timore che in caso contrario si potesse sembrare insensibili o accusati di pensare solo al profitto.