L’UCRAINA E NOI/ “Lo Stato manda armi ma complica la vita di chi accoglie i profughi”

- Edoardo Canetta

La guerra in Ucraina è entrata nelle nostre case direttamente, con i profughi che abbiamo accolto. Condividendo il loro dolore e, a volte, una difficile convivenza

Trans Ucraina Profughi ucraini passano il confine in Polonia (LaPresse)

La guerra è entrata anche nelle nostre case. In alcune direttamente, attraverso i profughi che abbiamo accolto. A queste persone abbiamo detto: “Benvenute!”. Alla guerra no! No, perché in questi giorni, ormai in queste settimane, abbiamo potuto constatare di persona, toccare con mano, quel dolore di cui ci parlano i mass media.

Noi non siamo eroi e, di per sé, neanche quelli che accogliamo. Siamo solamente vittime. Le vittime non sono necessariamente dei martiri. Sono quelle a cui è stato distrutto tutto o quelle a cui, più semplicemente, sono cominciati i molti problemi che crea il compito dell’accoglienza. Le vittime, noi e loro, non sono necessariamente delle brave persone. Sembra strano a dirlo, ma le bombe sono terribilmente democratiche: colpiscono tutti, i buoni e i cattivi, i ricchi e i poveri, gli ucraini e i russi (un po’ di più gli ucraini…).

Questo spiega perché in alcuni casi cominciano a sorgere anche problemi di convivenza, perlomeno in alcune case. Problemi di comunicazione, perché non tutti noi parliamo la loro lingua, non tutti loro parlano la nostra o perlomeno l’inglese.

Problemi di mentalità, perché noi abbiamo la nostra e molti di loro sono ancora segnati, oltre che dall’angoscia, anche dai residui dell’educazione sovietica per la quale tutto ti è dovuto.

E poi abbiamo uno Stato che, sia pure con qualche problema, ha già organizzato la spedizione delle armi, ma non sta sostenendo minimamente, almeno per ora, le famiglie che lo sostituiscono, permettendogli di fare una buona figura. Anzi, a volte, con disposizioni burocratiche confuse, inadeguate alla condizione di emergenza, complica la vita degli ucraini e degli ospitanti.

E poi c’è l’oggettiva situazione di incertezza sul futuro che richiede, urgentemente, un piano A e un piano B sulle prospettive di tante persone, noi e loro.

Infine, permettetemi una parola su tante organizzazioni, sia laiche che religiose, che in questa situazione hanno dimostrato nei fatti che la sussidiarietà non è solo un’idea, ma una grande esperienza in atto. Forse non è venuto il momento che vi facciate sentire, con forza, dal Governo, visto che ormai sembrerebbe che la maggior parte dei cittadini si fida più di voi che dei partiti? La solidarietà e persino la carità non nascono da un progetto politico, almeno di solito, ma hanno un forte peso politico e rappresentativo.

Comunque noi, anche mugugnando, finché ce la facciamo, continueremo a fare la nostra parte. In questo momento noi non ci aspettiamo la vittoria, ci aspettiamo almeno che venga la pace.

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