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Home » Food » MADE IN ITALY/ Parmigiano Reggiano chiude un anno record e sfiora una crescita del 5%

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MADE IN ITALY/ Parmigiano Reggiano chiude un anno record e sfiora una crescita del 5%

Int. Nicola Bertinelli
Pubblicato 23 Aprile 2021
Nicola Bertinelli

Nicola Bertinelli

Nel 2020 toccato il picco assoluto nella produzione di forme. Sul futuro pesano però il calo del potere d’acquisto, i dazi Usa e la Brexit

Tra i riflessi non previsti del Covid c’è la sempre più diffusa tendenza dei consumatori a scegliere prodotti di qualità, frutto della nostra pregiata tradizione gastronomica. È questo il caso del Parmigiano Reggiano, che anche in tempi di pandemia ha messo a segno crescite importanti, come racconta Nicola Bertinelli, appena riconfermato alla guida del Consorzio di tutela del formaggio emiliano.


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Il Covid ha impresso un cambiamento nelle abitudini di spesa del consumatore. Quali sono stati i riflessi finora registrati nel caso del Parmigiano Reggiano?

Il 2020 è stato un anno record per la DOP Parmigiano Reggiano. È cresciuta complessivamente del 4,9% rispetto al 2019, con 3,94 milioni di forme prodotte, ossia il livello più elevato nella storia, e un giro d’affari al consumo pari a 2,35 miliardi di euro. Il netto calo di vendite nell’horeca, il canale composto da bar e ristoranti costretto a uno stop forzato dalla pandemia, è stato quindi ampiamente compensato dagli acquisti dei singoli consumatori costretti in casa che, nonostante le difficoltà economiche di molti, hanno scelto di privilegiare il Made in Italy di qualità. I consumatori hanno deciso di privilegiare il Parmigiano Reggiano perché sono ben consapevoli che non comprano semplicemente un formaggio, ma un prodotto i cui punti di forza sono genuinità, naturalità e i legami con il territorio, con la comunità che lo abita e con la storia che li ha attraversati.


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E quali sono le vostre previsioni in vista della ripresa?

Difficile fare stime dopo questo anno speciale. Siamo fiduciosi, ma sono molte le variabili da tenere in considerazione. In primis, le conseguenze della pandemia che hanno indebolito il potere d’acquisto dei consumatori; inoltre, a livello internazionale, dovremo comprendere quale strada prenderà il Governo americano in merito ai dazi – che sono stati sospesi solo per alcuni mesi – e quali effetti avrà la Brexit sulle vendite del nostro prodotto.

A proposito dei dazi statunitensi, qual è il bilancio registrato finora dall’apertura voluta dalla nuova Amministrazione Biden?


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Il Consorzio ha accolto con entusiasmo la sospensione delle misure volute da Trump. Il Parmigiano Reggiano è stato il prodotto più colpito dalla politica isolazionista dell’ex Presidente americano. Sul nostro formaggio, dall’ottobre 2019 pesavano imposte aggiuntive pari al 25%: Trump aveva infatti aumentato le tariffe da 2,15 a 6 dollari al chilo, dando origine a un incremento del prezzo a scaffale dai 40 ai 45 dollari al chilo. Un danno importante perché gli Usa rappresentano il nostro primo mercato per l’export, con una quota del 20% del totale, pari a circa 12 mila tonnellate di prodotto. Ora i dazi sono stati congelati per alcuni mesi e ci auguriamo che l’Amministrazione Biden metta fine a questo contenzioso commerciale, che non è più sostenibile e che nulla ha a che fare con il mondo del food.


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Passando al di qua dell’oceano, quali ripercussioni sta generando sulle vostre esportazioni la Brexit?

Con il 13% di quota, il Regno Unito rappresenta per noi il quarto mercato estero per livello di esportazioni. Nel 2020 ha fatto registrare le performance di crescita migliori, con un +21,8% rispetto all’anno precedente. In seguito alla Brexit, non prevediamo cambiamenti significativi dal punto di vista della protezione del marchio, perché Parmigiano Reggiano è un brand registrato nel Regno Unito e gode della protezione legale che si estende anche al termine “parmesan”. Ma la preoccupazione è forte per diversi motivi: dal rischio di convergenza di possibili nuovi dazi, ai riflessi di una probabile crisi economica post-Covid che impatterebbe sulla capacità di spesa delle famiglie oltremanica. Un altro pericolo potenziale associato alla Brexit è dato dal fatto che nel Regno Unito potrebbe essere implementata una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane, come dimostra il caso dell’etichetta nutrizionale a “semaforo”, che si sta diffondendo nella maggior parte dei supermercati britannici e che respinge ingiustamente gran parte dei prodotti Made in Italy con lo status di DOP. C’è poi il rischio di nuovi dazi, scenario che i Consorzi dovranno gestire in coordinamento con l’Unione europea. E occorre inoltre tenere presente che potrebbero lievitare i costi del Consorzio di tutela per la vigilanza in UK, in quanto, essendo uscito il Paese dall’Ue, potrebbe non essere più valida la norma della tutela ex-officio: le azioni di protezione e vigilanza saranno pertanto completamente a carico dei Consorzi.


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Quali altri mercati sono e saranno da attenzionare?

Per il Parmigiano Reggiano, i nuovi sbocchi commerciali per gli anni a venire sono quelli dell’Australia, dell’Area del Golfo e della Cina, che nel 2020 hanno fatto registrare rispettivamente incrementi del +85,4%, +62,3% e +8% rispetto all’anno precedente. Sono ancora mercati di nicchia, ma dalle grandi potenzialità.

(Manuela Falchero)

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