Le persone affette da malattie rare e i familiari che le assistono chiedono di applicare la legge: diagnosi tardiva e carenza di farmaci sono una realtà

Le persone affette da malattie rare affrontano numerose difficoltà, tra cui diagnosi tardive, mancanza di terapie specifiche, costi elevati per le cure e difficoltà burocratiche nell’accesso ai servizi sanitari e assistenziali. Nonostante l’approvazione all’unanimità della legge 10 novembre 2021, n. 175, conosciuta come “Testo Unico sulle malattie rare”, i diritti dei malati rari ancora oggi non sono adeguatamente tutelati. In teoria esistono leggi e regolamenti per proteggere questi pazienti, come il Piano Nazionale delle Malattie Rare e alcune norme europee che promuovono la ricerca e l’accesso ai farmaci orfani, tuttavia, nella pratica, la loro applicazione è disomogenea e insufficiente.



Accesso alle cure

L’accesso alle cure per i malati rari è spesso ostacolato da due problemi principali:

  1. Diagnosi tardiva: Le malattie rare sono spesso difficili da riconoscere perché i sintomi possono sovrapporsi a quelli di altre patologie più comuni. Questo porta a ritardi diagnostici che, in alcuni casi, durano anni. La mancanza di specialisti e centri di riferimento sul territorio complica ulteriormente la situazione. Una diagnosi tardiva significa non solo ritardare l’accesso a cure appropriate, ma anche peggiorare la qualità della vita dei pazienti.
  2. Mancata disponibilità di farmaci specifici: Molti farmaci per le malattie rare, detti farmaci orfani, sono difficili da sviluppare perché il mercato di riferimento è molto ristretto e le aziende farmaceutiche spesso non trovano incentivi economici sufficienti. Anche quando un farmaco esiste può non essere facilmente disponibile a causa di costi elevati, ritardi nell’approvazione o problemi burocratici per l’inserimento nei piani terapeutici nazionali.

Più volte dall’Osservatorio per le malattie rare, che da anni conduce un monitoraggio attento delle esigenze dei pazienti attraverso un contatto diretto con le loro associazioni, sono stati avanzati dei suggerimenti concreti che puntano soprattutto al miglioramento della rete diagnostica attraverso centri specializzati e l’uso di tecnologie avanzate, come ad esempio il ricorso all’intelligenza artificiale per identificare precocemente i sintomi.



Le stesse associazioni chiedono di incentivare la ricerca e la produzione di farmaci orfani attraverso finanziamenti pubblici e partnership con aziende farmaceutiche e non di rado si mobilitano creando borse di studio per giovani ricercatori. L’Intergruppo parlamentare delle malattie rare chiede con insistenza di garantire l’accesso ai trattamenti riducendo i tempi di approvazione e la rimborsabilità dei farmaci, oltre a semplificare le procedure burocratiche per i pazienti. Sono obiettivi che si possono raggiungere solo rendendo più efficiente la cooperazione europea, che consente di condividere conoscenze, terapie e farmaci tra i vari Paesi, in modo da ampliare le possibilità di cura.



Caregiver e sibling

Ma uno dei problemi su cui le famiglie si soffermano più frequentemente nelle loro richieste riguarda le difficoltà che incontrano ogni giorno caregiver e sibling, ossia fratelli e sorelle di persone con malattie rare. Il loro ruolo è spesso sottovalutato e poco o nulla supportato. Eppure si tratta di un ruolo essenziale. I caregiver familiari, spesso genitori o parenti stretti, si trovano a dover assistere costantemente la persona malata, con un enorme impatto fisico, emotivo ed economico.

Sono proprio loro che denunciano sia la mancanza di supporto economico che lo stress e il burnout, a cui vanno frequentemente incontro per la gestione di malattia che non di rado richiedono un impegno h24. Per molti di loro, infatti, non sono rare le difficoltà lavorative e molti caregiver sono costretti a ridurre l’orario di lavoro o a lasciarlo completamente, senza adeguate tutele. E cosa ancor più dolorosa l’isolamento sociale, dal momento che l’assistenza continua porta spesso a rinunce nella vita personale e sociale.

Anche i fratelli e le sorelle delle persone con malattie rare vivono una situazione complessa e spesso trascurata, che comporta sia un forte senso di esclusione, dal momento che i genitori devono dedicare molte energie al figlio malato, e i sibling possono sentirsi trascurati, che una forte pressione psicologica, dal momento che spesso si sentono in dovere di essere “forti” e di aiutare la famiglia, anche a scapito delle proprie emozioni.

Si trovano molte volte in difficoltà a esprimerle: possono provare senso di colpa per la loro “normalità” o rabbia per la situazione, ma non sempre trovano spazi per parlarne. C’è inoltre una indiscutibile paura e incertezza per il futuro e molti si chiedono quale sarà il loro ruolo quando i genitori non potranno più occuparsi del fratello o della sorella malata.

Conclusione

Molti eventi si stanno mobilitando in questi giorni a vari livelli e se tutti convengono che la legge 10 novembre 2021, n. 175 (“Testo Unico sulle malattie rare”) sia una buona legge, pur tuttavia è facile constatare come a quattro anni dalla sua approvazione sia ancora lungi dall’essere applicata adeguatamente. Manca una reale uniformità nell’erogazione delle prestazioni e dei medicinali, per cui sul territorio nazionale non vengano affatto fornite le stesse prestazioni e accesso ai farmaci, compresi quelli orfani. Non c’è un effettivo aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

È necessario ed urgente potenziare la Rete nazionale per le malattie rare: si debbono migliorare la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia attraverso una rete coordinata a livello nazionale. E soprattutto appare ancora scarso il sostegno alla ricerca e alla produzione di farmaci orfani. Nonostante l’entrata in vigore della legge risalga al 12 dicembre 2021, l’attuazione pratica delle sue disposizioni ha incontrato ritardi significativi.

Uno dei principali ostacoli è rappresentato dalla mancata adozione dei decreti attuativi necessari per rendere operative le misure previste. Il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, con delega alle Malattie rare, ha recentemente dichiarato che tali ritardi sono dovuti alla necessità di un coordinamento efficace tra Stato e Regioni. In particolare, dopo un confronto tecnico avvenuto nel dicembre 2024, sono emersi ulteriori approfondimenti necessari per riformulare le proposte e ottenere l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

È una situazione che evidenzia l’importanza di un dialogo continuo e costruttivo tra le istituzioni nazionali e regionali per superare le difficoltà burocratiche e garantire che le persone affette da malattie rare possano beneficiare pienamente delle tutele e dei servizi previsti dalla legge.

Il rischio maggiore continua ad essere sempre lo stesso, denunciato da anni di intenso lavoro con l’Intergruppo parlamentare delle malattie rare, che io stessa ho fondato e presieduto fino alla scorsa legislatura: trasformare la rarità in isolamento, lasciando i pazienti e le loro famiglie in una condizione che oscilla tra l’illusione e la delusione.

Servono fatti concreti e misure concrete, le leggi ci sono ma non bastano, in questi giorni dedicati particolarmente a loro, i malati rari, bisognerebbe uscire dalla genericità delle promesse e assumere tutte le responsabilità necessarie per garantire efficacemente i loro diritti reali.

 

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