La Cgil ha deciso di proclamare uno sciopero generale contro la manovra per il 12 dicembre con motivazioni "politiche"
Esattamente tre settimane fa e proprio su queste colonne prevedevo “in anticipo” lo scontato comportamento della Cgil sulla legge finanziaria che – come ampiamente previsto – si è concretizzato nel dichiarare lo sciopero generale, ufficialmente “perché la finanziaria danneggia i poveri, non fa aumentare i salari, dimentica la sanità pubblica, la giustizia fiscale, istruzione pubblica, pensioni, precarietà, politiche industriali e del terziario”.
Lasciamo perdere la scontata ironia che il 12 dicembre cadrà – ca va sans dire – di venerdì, consueto giorno canonico per gli scioperi Cgil ormai settimanali, e stiamo alle cifre nude e crude, soprattutto dopo che giovedì la Banca d’Italia aveva, in singolare sintonia con la Cgil, criticato la manovra finanziaria adducendo in parte le stesse ragioni “sociali”.
Entrambe le posizioni sono “politiche” e i numeri lo confermano.
I banchieri protestano perché saranno loro a rimetterci una parte dei loro iper-profitti e quindi la Banca d’Italia – che ne è portavoce – non poteva che arricciare il naso.
A questo proposito una volta di più mi chiedo se l’opinione pubblica sia al corrente che gli azionisti della Banca d’Italia sono le stesse banche e quindi che l’ex Istituto di emissione è diventato di fatto il “sindacato” degli istituti di credito.
Senza particolari capacità, solo utilizzando i tassi imposti dalla Bce e lasciando a secco le remunerazioni per la clientela. gli istituti di credito italiani hanno fatto “bingo” con 30 miliardi di euro di profitti extra rispetto al solito: pagarne 4 in più di imposte vi sembra una sciagura? Ma la Cgil di questo non parla (magari chiedendone il raddoppio) ed è interessante questo parallelismo con entrambe le parti definendo la finanziaria poco “sociale”.

Stiamo ai numeri: 18 miliardi (che è il totale della manovra finanziaria) sono l’equivalente di 300 euro per italiano, meno di un euro al giorno. Mi spiegate come poterli “arricchire” se anche si raddoppiassero i numeri?
Qui il ragionamento della Cgil è lineare “tassiamo chi ha più di 2 milioni (di beni, di reddito?) e recupereremmo 26 miliardi per sanità, infrastrutture, pensioni e salari”. I “paperoni” – sempre secondo Landini, che non spiega bene da dove arriva a questi totali – sarebbero 500.000 che quindi mediamente dovrebbero metterci 52.000 euro a testa.
Una “patrimoniale”, insomma, ma che – se anche così fosse – non potrebbe che essere “una tantum” per definizione.
Immaginiamo di farlo: se pur si prendesse metà dell’introito straordinario per aumentare salari e pensioni avremmo 13 miliardi da spendere che – divisi tra circa 30 milioni di dipendenti e pensionati – fanno 400 euro a testa, ma – ricordiamocelo – “una tantum”, ovvero soldi che l’anno venturo non ci sarebbero più e bisognerebbe riabbassare salari e pensioni…. E un po’ poco comunque per cambiare la vita.
Per carità, tutto può essere utile, ma è evidente che non è così che si inverte un trend dove purtroppo troppi italiani vivono ai margini della povertà, anche se bisognerebbe ricordare che chi è al di sotto di un certo reddito di fatto (e per fortuna) le imposte già non le paga.
Peccato anche che la Cgil abbia perso l’occasione per proporre un’altra cosa, ovvero un taglio degli interessi sui mutui almeno della “prima casa”: questo sì che sarebbe stato un bell’incentivo per le famiglie!
È comunque la solita coperta a essere troppo corta, ma d’altronde è la stessa Cgil che si morde la coda perché quando anche gli aumenti contrattuali sono significativi (vedi il nuovo contratto per gli insegnanti) prosciugando le possibilità pubbliche il sindacato di Landini comunque non firma gli accordi, anche se i suoi iscritti ne ricevono però i benefici, lamentandosi che è comunque troppo poco… e la giostra riparte per il prossimo giro.
Magari la stessa Cgil avrebbe potuto anche sottolineare – viste tante altre sue manifestazioni, sempre di venerdì – come comunque il Governo debba stare ai patti europei, con relativa impossibilità di superare il tetto del 3% di deficit, da cui però miracolosamente sono escluse le spese militari e che quindi di fatto – visto che l’Italia dovrà sottoscrivere un debito europeo a questo fine di più di 13 miliardi – “cuberanno” con relativi interessi (ma per ogni anno futuro, non “una tantum”) 400 euro per ogni lavoratore, 200 euro in più all’anno per ogni italiano.
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