Al Meeting di Rimini oggi verranno presentate proposte di riforma sociale e politica che hanno all'origine il paradigma della fraternità
Negli ultimi anni, la cultura politica e sociale ha così tanto esasperato i principi di libertà e di uguaglianza da umiliare la fraternità, portando al collasso i sistemi sociali e politici che su questi valori si fondavano.
Liberi, ma per chi? Per affermarsi e competere? Il solipsismo e la continua ricerca di esibizione stanno causando nuove dipendenze e deformando la percezione della realtà. E così la negazione del consenso e della partecipazione politica, del pluralismo e della perdita di ideali morali ha creato una società in cui i forti sopraffanno i deboli e i ricchi sfruttano i poveri, la ricchezza non è distribuita e la giustizia è intesa come vendetta.
Inoltre, slogan come “pensa a te” e “la politica è sporca” risuonano nei consigli dei padri ai propri figli per affermare che ciò che conta è la sfera privata. Ma quando lungo la storia la libertà non si relaziona alla fraternità, da diritto universale si trasforma in un privilegio, e le terre che la garantiscono, come gli USA, improvvisamente la minacciano.
Lo ha di recente scritto anche Giorgio Vittadini: “Il crescente divario tra ricchi e poveri e la crisi del welfare universalistico sono segnali del fallimento del neocapitalismo che domina il mondo finanziario. I corpi intermedi e le realtà non profit possono giocare un ruolo cruciale, affiancando gli enti pubblici nel garantire coesione sociale”, altrimenti il capitalismo, che ci spinge a consumare e a “consumarci”, trasforma la “libertà per l’altro”, che implica responsabilità, in “libertà dall’altro”, da usarlo e consumarlo.
Uguali, ma a chi? Anche l’uguaglianza, quando viene imposta dall’alto senza riconoscere le differenze, rischia di appiattirsi nell’uniformità. Se non nasce dal rispetto delle differenze, può portare all’eliminazione delle identità individuali e culturali, comprimendo le stesse libertà personali. Per questo si enfatizzano i diritti soggettivi e si è bloccati sui diritti sociali. Ma l’uguaglianza puramente legale o formale non è mai stata sufficiente a garantire una reale giustizia sociale e a contrastare le disuguaglianze.
Per ridefinire uguaglianza e libertà, che determinano l’idea di Stato e di Unione Europea, di riforme e di pace è necessaria la fraternità. Ne aveva parlato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno del 2020, definendola “lo spirito autentico della Repubblica, necessario per ricostruire il Paese”. E proprio per richiamare il mondo a rimettere il senso dell’umano e la fraternità al centro dei rapporti personali e sociali, papa Francesco ha scritto l’enciclica Fratelli tutti nel 2020.
È da questa radice che sono nati nella storia nuovi paradigmi politici, capaci di superare il male con il bene. La Dichiarazione universale dei diritti umani e molte costituzioni del dopoguerra ne sono la prova: sono state volute da partiti e gruppi in contrasto tra loro, che hanno saputo guardare insieme verso un orizzonte comune.
Pensiamo a riforme come quella agraria degli anni Cinquanta o quella sanitaria del 1978, nate da una profonda radice fraterna. O all’accordo tra Yitzhak Rabin e Yasser Arafat del 13 settembre 1993 nel cortile della Casa Bianca, tappa di un gesto storico di apertura e riconoscimento reciproco. O all’amnistia concessa in Sudafrica da Nelson Mandela nel 1994, attraverso la Commissione per la verità e la riconciliazione, che dimostra come il perdono possa superare l’odio e costruire una nuova nazione.
Processi di pace più recenti, come quelli in Colombia e in Bangladesh, sono ulteriori testimonianze di come la fraternità possa mediare i conflitti. In Bangladesh con Muhammad Yunus e il suo modello di microcredito la fraternità ha promosso per milioni di donne uno sviluppo economico e sociale che parte dal basso.
Quando però nella storia la fraternità si eclissa riappaiono nuove forme di conflitto e di violenza, ne soffriamo inermi le conseguenze. Il male dei nuovi lager e degli eccidi, le guerre moderne in cui si sacrificano gli innocenti e le violenze diffuse che minacciano il tessuto sociale sono il prezzo dell’indifferenza, della negazione della relazione con l’altro. Ma anche di un potere che è improvvisamente diventato autocratico.
Così la sfida del nostro tempo è capovolgere le radici del potere e riequilibrare la partecipazione del demos (il popolo) e i poteri del kratos. E l’enzima di questo processo può essere solo la fraternità. Per questo, serve una grande stagione di formazione, un ritorno alle competenze e un nuovo metodo democratico da cui distillare riforme e nuove appartenenze.
In occasione dell’incontro al Meeting di Rimini (oggi, ore 13:00 Sala Conai A4), promosso dall’associazione Comunità di Connessioni e dalla Fondazione per la Sussidiarietà, presenteremo temi concreti di riforma, insieme a modelli di formazione e a comunità pensanti a cui aderire, per ricominciare a sperare. L’iniziativa sarà poi rilanciata a Roma, in Campidoglio, il 12 settembre durante il World Meeting on Human Fraternity, organizzato dalla Fondazione Fratelli tutti e dalla Basilica di San Pietro.
Questo è un modo concreto e replicabile in molti angoli del Paese e d’Europa per far risuonare l’invito di Thomas Stearns Eliot: “Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi”.
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