Ripresi gli sbarchi di migranti a Lampedusa, ma non c’è emergenza anche se siamo in un picco di arrivi. Il rischio ora sono i profughi dal Sudan

Le cronache di Lampedusa, nelle ultime settimane, parlano di centinaia di arrivi di migranti e anche di qualche vittima del mare. Ma, per ora, quello che si sta verificando – spiega Mauro Indelicato, giornalista di Inside Over – è solo uno dei picchi che hanno segnato gli sbarchi nel 2025 in Italia: niente a che vedere con il consistente flusso continuo a cui abbiamo assistito nel 2023.



E anche gli episodi che hanno visto coinvolte le navi delle Ong non sono indice di una situazione che sta sfuggendo di mano: gli spari della Guardia costiera libica contro una nave, per esempio, pur gravi, sono probabilmente un episodio isolato, il tentativo di qualche milizia, che spesso si confonde con la Guardia costiera stessa, di fare la voce grossa in un contesto in cui gli equilibri tra i gruppi armati della Tripolitania si stanno riassestando.



Chiuso il canale di arrivo della Tunisia, però, la Libia continua a preoccupare, soprattutto a causa della guerra in Sudan, Paese confinante, che potrebbe causare l’arrivo di molti profughi.

A Lampedusa sono arrivati anche 750 migranti al giorno: dobbiamo attenderci una fine estate all’insegna degli sbarchi?

La situazione climatica lo consente, perché il mare è ancora piuttosto calmo e presenta le classiche condizioni da fine estate: nel Canale di Sicilia le perturbazioni arriveranno soltanto a settembre inoltrato; quindi c’è ancora una finestra piuttosto ampia. Luglio e una parte di agosto sono stati molto ventosi e, per questo, gli sbarchi si sono ridimensionati; adesso, invece, non c’è vento né perturbazioni all’orizzonte.



Come è stato l’andamento degli arrivi finora?

Tutto il 2025 è stato caratterizzato da picchi di sbarchi seguiti da momenti più tranquilli. Mentre nel 2023, l’estate più calda da questo punto di vista, sono stati continui, ora si alternano periodi diversi. Adesso siamo in uno di questi picchi, ma non è detto che questo segni la ripresa dei flussi con costanza da qui a fine anno.

Oltre al clima, che cosa ha inciso sugli arrivi degli stranieri?

I motivi sono molto più legati alla politica che al meteo. In tutta la Libia nord-occidentale, quindi nella Tripolitania, stiamo assistendo a un riassestamento degli equilibri tra le milizie. A Tripoli ci sono stati degli scontri e viene messa in discussione la leadership di Dbeibah. C’è un equilibrio molto precario. Se le milizie sono impegnate negli scontri, difficilmente possono anche gestire il flusso migratorio. Dall’altro lato, se per qualche settimana una milizia ha il sopravvento sull’altra, allora cercherà di lucrare il più possibile sui migranti: chi organizza le partenze in Libia ha anche più soldi e quindi più potere.

La Guardia costiera libica ha sparato contro la Ocean Viking, nave di una Ong che presta soccorso ai migranti. Un episodio che denota un approccio più aggressivo delle autorità libiche nei confronti del problema?

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi in Senato (ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Di norma non si dovrebbe in nessun caso sparare verso una nave civile. Sono più portato a pensare che, essendo la Guardia costiera anch’essa formata da milizie, probabilmente qualcuno abbia voluto calcare la mano per dimostrare di avere il controllo della situazione. Per me potrebbe trattarsi di un episodio isolato.

L’Italia, intanto, ha messo sotto fermo amministrativo una nave della Mediterranea Save Humans che, invece di sbarcare i migranti a Genova, come indicato dalle autorità, li ha portati a Trapani, porto più vicino. Perché?

Dal 2016 assistiamo a un tira e molla continuo tra il governo italiano e le Ong. Negli ultimi dieci anni sono cambiati diversi governi, ma il copione è sempre quello. In questo contesto capita spesso che una nave che non ottempera appieno agli ordini da parte del ministero venga sottoposta a fermo amministrativo. Nell’estate dello scontro totale, quella del 2019, tra Porto Empedocle e Licata c’erano diverse navi in queste condizioni. Niente di nuovo sotto il sole: rientra nelle dinamiche di scontro politico Ong-governo.

L’affermazione di Piantedosi, per cui la gestione del soccorso spetta allo Stato, come va letta?

Le navi militari, o comunque quelle che rispondono al governo, sono le uniche che hanno il compito di pattugliare e soccorrere. Dall’altro lato, le Ong nascono proprio per colmare quello che, secondo loro, è un vuoto lasciato dall’Italia e dall’Europa. Dove non arriva lo Stato, sia Malta, l’Italia o la Grecia, arrivano le organizzazioni non governative. Con le sue parole Piantedosi ha voluto togliere legittimazione politica alla loro esistenza. Non credo, comunque, che lo scontro si acuirà: non conviene a nessuno.

Il tema dei flussi migratori era in cima all’agenda della UE l’anno scorso e sono stati varati nuovi piani, anche per il rimpatrio. Ora siamo tornati daccapo? L’Italia è di nuovo sola ad affrontare il problema?

A Bruxelles non c’è più traccia del tema immigrazione, almeno nella parte alta dell’agenda. Si parla di economia, difesa europea, Ucraina; l’immigrazione è scivolata quasi nel dimenticatoio, a livello mediatico e politico. Questo vale un po’ per tutte le capitali europee: se si apre un telegiornale francese o spagnolo non si parla degli sbarchi o di quello che sta succedendo a Lampedusa, come invece accadeva spesso nelle scorse estati. Si tratta di un argomento scivolato in secondo piano anche a livello di percezione dell’opinione pubblica.

Gli stravolgimenti geopolitici legati alle guerre hanno cambiato le rotte delle migrazioni?

La guerra a Gaza e in Iran non ha innescato dinamiche che incidono sul fenomeno migratorio in Italia. L’unica guerra che può portare a qualche conseguenza è quella del Sudan, che confina con la Libia ed è collegato ad Haftar, leader della Cirenaica, che sta appoggiando le milizie del generale Dagalo, le RSF. Questa collaborazione potrebbe anche incentivare i flussi migratori dal Sudan all’est della Libia: in prospettiva, la guerra sudanese potrebbe essere quella che più inciderà sui flussi migratori.

All’Italia, tuttavia, converrà rimettere la questione sul tavolo della UE?

Dipenderà molto dalle priorità del governo. L’attuale dinamica migratoria non favorisce una pressione su Bruxelles: finché si alternano picchi di arrivi e momenti di calma sarà difficile presentare tutto come un’emergenza. Per di più, a livello generale, i numeri rispetto a due anni fa sono in calo.

Arrivi e Stati di partenza: cosa dicono i numeri?

Il 2023 è stato record da tutti i punti di vista: fare peggio era fisiologicamente impossibile. Allora buona parte delle partenze avvenivano dalla Tunisia e un accordo con questo Paese, che ha ricevuto soldi dagli Emirati Arabi Uniti e rassicurazioni dall’Europa, ha agevolato una drastica diminuzione dei flussi. Il problema principale è quello libico, ma sappiamo che è di difficile soluzione.

(Paolo Rossetti)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI