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Home » Milano » LETTURE/ Welfare ma non solo: perché il “fare” lombardo è un modello che funziona?

  • Milano

LETTURE/ Welfare ma non solo: perché il “fare” lombardo è un modello che funziona?

Alessandro Colombo
Pubblicato 9 Dicembre 2010
Milano_duomo_sfondoR400

La via lombarda al welfare, un modello per il Paese (Imagoeconomica)

Si può parlare di un modello di sviluppo economico e sociale propriamente lombardi? Al “fare” lombardo è dedicato “Far bene e fare il bene” (Guerini). Ne parla ALESSANDRO COLOMBO

Sono molte le occasioni in cui si ripete – e giustamente – che il modello di governo consolidatosi in Lombardia si ispira al principio di sussidiarietà e che tale modello anzitutto riconosce e valorizza una ricca e lunga tradizione di opere sociali appartenenti alla storia dei lombardi.

È indubbio: questa regione, come poche altre aree del Paese ha conosciuto una straordinaria vivacità di intrapresa sociale, che ha generato un welfare capillare ed efficiente, sviluppatosi prima, durante e – quasi – nonostante il parallelo costituirsi del sistema di protezione universalistico tipico degli stati europei del XIX e XX secolo.


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Ma qual è la storia di tale intrapresa? Quali sono i suoi tratti caratteristici? Si può parlare di un welfare e di un modello di sviluppo economico e sociale propriamente lombardi? Spesso si citano solo poche, straordinarie esperienze, quali l’Ospedale Maggiore Ca’ Granda o la Cariplo e poco altro. Sembra, infatti mancare un racconto sintetico e completo di questa storia dell’assistenza, dell’istruzione e della sanità. E ciò nonostante la letteratura scientifica settoriale abbia prodotto diverse riflessioni, anche autorevoli e siano a disposizione fonti statistiche importanti.


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È a partire da queste considerazioni che l’Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia (IReR) ha coinvolto studiosi di storia economica, sociale e contemporanea degli atenei lombardi in un lavoro di ricerca che vede ora la pubblicazione del libro Far bene e fare il bene. Interpretazioni e materiali per una storia del welfare lombardo (a cura di A. Colombo, ed. Guerini e Associati).

Nella sua prima parte il volume offre contributi di sintesi che documentano le radici e lo sviluppo dei principali settori dell’intrapresa sociale, delineando alcuni caratteri del “fare” lombardo rintracciati nelle testimonianze della storia medievale, moderna e contemporanea. La seconda parte invece raccoglie per la prima volta una vasta documentazione statistica che permette di avere un quadro completo della dimensione quantitativa dell’intrapresa sociale lombarda tra Ottocento e Novecento. Vengono infatti presentate le fondamentali fonti statistiche e riportati i dati che si riferiscono alla sanità, all’assistenza e all’educazione a livello provinciale e regionale, offrendo pure un confronto con i dati delle altre regioni.


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“Far bene e fare il bene”. È esattamente questo il carattere peculiare dell’agire operoso di quelle genti che hanno abitato e mutato questa regione. Dal complesso della ricerca si evince che in Lombardia sviluppo e solidarietà vanno assieme, così che nella pratica si è realizzato, non senza difficoltà ed eccezioni, un modello di sviluppo economico e sociale che non è riconducibile al paradigma del capitalismo anglosassone o rivoluzionario. Il dinamismo sociale della storia lombarda sembra sostanzialmente sottrarsi alle logiche dialettiche dei padroni contro gli operai, della produttività che comporta emarginazione e, quindi, doverosa assistenza da “aggiungere”. In sintesi: della crescita inconciliabile col welfare. La Lombardia è testimone di uno sviluppo diverso, che la storiografia non ha ancora seriamente e sinteticamente affrontato, spesso perché accecata da paradigmi ideologici. Invece questa ricerca riporta l’attenzione ad uno sviluppo efficiente e solidale, che non distingue tra distribuzione e creazione di ricchezza, che non implica necessariamente lo sfruttamento del lavoro, ma che ha certo le sue radici in una concezione integralmente cristiana del proprio operare nel mondo.


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La stessa concezione del pubblico e del privato come fattori non contraddittori anche se a volte conflittuali è di certo peculiare del “fare” lombardo. Molti sono gli esempi che mostrano quale ruolo avesse la società civile: essa individuava i bisogni, quindi definiva i fini del bene comune, fondava le istituzioni e le gestiva. Non è l’esternalizzazione dei servizi che caratterizza l’esperienza storica del welfare lombardo, bensì la società civile appare attiva, precede il pubblico, stando permanentemente attenta a cogliere con intelligenza il bisogno reale, indiziandolo poi come fine dell’agire proprio e di quello pubblico.


LETTURE/ Welfare ma non solo: perché il "fare" lombardo è un modello che funziona?


 

In questo senso la Lombardia si è storicamente distinta come territorialità che vuole essere politica. E lo si vede pure nel modo in cui ha concepito il proprio rapporto con lo Stato. Il regionalismo politico delle migliori voci lombarde non si è attuato come rivendicazione di una autonomia, bensì come una certa disponibilità a delineare una nuova concezione della statualità in chiave regionalistica. «La Regione può ancora salvare lo Stato, se lo Stato si vuole salvare» (affermava Filippo Turati nel 1919). In modo diretto e indiretto, per mezzo della sua attività economica, il “fare” lombardo ha saputo e sa ancora produrre sfide istituzionali per l’intero Paese.


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È una lunga e ricca storia quella del welfare lombardo. E proprio per poter comprendere questa storia Far bene e fare il bene risulta essere, grazie alla mole di dati che offre e alle interpretazioni sintetiche che propone, un iniziale ma indispensabile strumento.

 

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