Parlare di Nino Rota a trent’anni dalla sua scomparsa è come cercare di dire alla donna della quale siamo innamorati quanto grande sia il nostro amore per lei. Un fiasco totale: la lingua si blocca e viene fuori a malapena un sospiro… Questo accade a me, compositore e grande appassionato di musica scritta per il cinema e, naturalmente, di Nino Rota.
Una strada, un destino già scritto nel nome: la “rota” è, infatti, il nome di una composizione di origine medievale caratterizzata (da qui il nome rota, cioè ruota) da un canone perpetuo dove le voci entrano una dopo l’altra, ma sfasate rispetto alle precedenti, esattamente come nel celeberrimo Fra Martino, un canone che virtualmente non ha fine…
Rota similmente è stato caratterizzato da una vena melodica che sembrava non avere fine e che non precludeva nessun genere musicale, fosse esso colto o appartenente alla cosiddetta musica d’uso. Compositore accademico a tutti gli effetti, troverà infatti la sua massima e felice espressione nella composizione di musica per film.
Giovanni Rota nasce a Milano il 3 dicembre 1911. In famiglia si respira aria di musica: lo zio Giovanni Rinaldi è compositore e pianista, a sua volta bambino prodigio. La madre Ernesta, eccellente pianista, lo avvia allo studio della musica con un approccio didattico molto particolare, coadiuvato da un singolare regalo, una specie di scatola di costruzioni musicale ideata dal Maestro Perlasca per invogliare i bambini, con la scusa del gioco, allo studio del solfeggio. Così, assecondando l’indole del bambino, lascia alla musica e al suo apprendimento l’ambito e le caratteristiche del gioco. L’accostamento è immediato: anche Wolfgang Amadeus Mozart, bambino prodigio, giocava con la musica usando le note e il pentagramma al posto di biglie e cavalli a dondolo.
Nino a quattro anni suona già il pianoforte in maniera istintiva, e ugualmente istintivo è l’approccio alla composizione, ad appena otto anni con numerose composizioni per pianoforte, pianoforte a quattro mani e in seguito per ensembles strumentali variamente assortiti.
La visione magica ed evocativa della musica, per Rota, unita a questo aspetto ludico istintivo, lo porteranno alla scrittura, testo e musica, di una favola, Storia del mago doppio, composizione a dir poco straordinariamente profetica, anticipatrice di quelle che saranno le favole cinematografiche scritte con Federico Fellini.
Il talento di Nino non rimane inosservato e il passaggio all’ambiente accademico e professionale avviene grazie all’interessamento di Giacomo Orefice che prende il piccolo Nino come uditore nella propria classe al conservatorio. Parallelamente, in casa Rota, è un continuo avvicendarsi di nomi importanti della scena musicale europea, come Giacomo Puccini e Arturo Toscanini, che contribuiscono a cominciare a forgiare l’animo professionale del piccolo compositore.
Nino scrive composizioni di ogni genere e continua a formare la sua cultura musicale in una Milano attivissima e feconda musicalmente, frequentando assiduamente la Scala. Il legame con la Scala e l’opera lirica, influenzeranno lo stile di Rota che, in un ideale prolungamento, trasporterà temi, passioni ed emozioni del teatro italiano nel cinema, in una visione filmica del melodramma, apparentemente decontestualizzandolo ma mantenendone le caratteristiche emotive e di approccio diretto con il grande pubblico. Le sue scelte espressive e stilistiche saranno necessariamente distanti dalle tematiche e dai linguaggi della musica contemporanea di estrazione colta, che al contrario comincia a prendere le distanze dai mezzi espressivi immediati e riconoscibili, con un linguaggio sempre meno accessibile.
Per questo motivo Rota sarà definito “inattuale”, a causa di questa distanza da forme e linguaggi musicali che, da un’analisi personale a posteriori, hanno prodotto capolavori semplicemente inascoltabili…
L’attività compositiva di Nino continua senza sosta e sfocia, all’età di undici anni, nell’oratorio per soli, coro e orchestra: L’infanzia di San Giovanni Battista.
La strada per una luminosa carriera è ormai aperta, mentre l’indole un po’ irrequieta del Rota verrà mitigata dal compositore Ildebrando Pizzetti, che riuscirà a imbrigliare l’istinto musicale di Nino guidando la sua travolgente vena compositiva all’interno di una consapevolezza tecnica, motivando le restrizioni e l’aridità di certe regole dell’armonia e del contrappunto con l’istinto e la sicurezza tipiche di un grande maestro.
Dopo soli due anni però Pizzetti decide di congedare il suo allievo, che continuerà con un altro grande della musica italiana del ‘900, Alfredo Casella, portandolo alla scoperta dei nuovi linguaggi musicali contemporanei, un vasto panorama artistico ed espressivo che contribuirà non poco alla definitiva maturità dell’artista.
(continua…)
Si ringrazia per il contributo il Maestro Paolo Quilichini e Massimo Privitera di Colonne Sonore.