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Home » Musica e concerti » OPERA/ Quel Macbeth di Verdi che fa collaborare i teatri italiani

  • Musica e concerti

OPERA/ Quel Macbeth di Verdi che fa collaborare i teatri italiani

Una prova concreta di quanto i teatri italiani possano cooperare è la produzione del Macbeth che dopo tre recite a Jesi arriverà in molte altre città. Il commento di GIUSEPPE PENNISI 

Giuseppe Pennisi
Pubblicato 11 Novembre 2012
Macbeth_r439

Un momento del Macbeth

A un convegno di studi tenuto il 5 novembre a Firenze, è stato posto l’accento della necessità dei teatri lirici di cooperare per sopravvivere. Altrimenti, questa forma di espressione artistica morirà in Italia proprio mentre si sta rafforzando ed espandendo in altri Paesi, da quelli nordici a quelli asiatici. Una prova concreta è la produzione del Macbeth di Verdi che dopo tre recite a Jesi, dal 7 all’11 novembre, inaugurerà in gennaio la stagione del “Carlo Felice” di Genova, per poi essere in marzo a Trieste e viaggiare successivamente in Italia e all’estero. E’ una ripresa dell’edizione 1995 proposta a Roma  dallo scenografo Josef Svoboda (nel decennale della morte), dal regista Henning Brockhaus e dalla costumista Nanà Cecchi. Tra il 1995 ed il 2002 (quando le scene vennero rottamate), lo spettacolo viaggiò in varie città italiane, in Giappone ed Ungheria.


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Pochi sanno che i “Macbeth” verdiani sono tre: quello del 1847 che ebbe la prima al Teatro La Pergola di Firenze; quello del 1865, fortemente rimaneggiato, per il Théâtre Lyrique di Parigi e aggiornato di nuovo per La Scala nel 1874. L’edizione del 1874 è raramente citata nelle stesse storie delle musica e viene messa in scena solo di tanto in tanto: se ben ricordo, l’ultima volta che è stata vista è circa un lustro fa allo Sferisterio Festival di Macerata. Esiste, poi, una versione detta “Monaco 2009”, quella preferita da Riccardo Muti che nel 2011 la ha portata a Salisburgo e a Roma.


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Aspetto importante del “Macbeth” ascoltato a Jesi il 7 novembre in un teatro affollato da ragazzi e ragazze (era a loro dedicato) che dopo quattro ore di spettacolo sono scoppiati in ovazioni da stadio per un quarto d’ora è che il direttore artistico Gianni Tangucci e il maestro concertatore Giampaolo Bisanti hanno scelto un approccio filologico: l’edizione del 1847 composta per un teatro piccolo (La Pergola di Firenze) e da un organico essenziale da cui trarre grandi sonorità.

“Macbeth” è la più breve e più compatta tragedia di Shakespeare. Narra della cruenta ascesa del protagonista, istigato dalla moglie, al potere assoluto e della sua successiva caduta. Quindi, sangue e guerra, nonché follia. A mezza strada tra un melodramma donizettiano (la prima versione) e un dramma in musica prossimo a “Don Carlo”, “Aida” e “Otello” (la terza versione), senza un ruolo importante per un tenore spinto, con un soprano drammatico di  agilità il cui registro deve sfiorare quello del contralto, l’opera ha avuto nell’Ottocento un successo intenso, ma breve. Sparì dai cartelloni verso il 1880. Venne rilanciata da un’edizione strepitosa diretta da Vittorio Gui e successivamente dalla proposizione alla Scala il 7 dicembre 1952 con Victor De Sabata nel podio e Maria Callas protagonista. Quasi contemporaneamente Luchino Visconti ne fece una memorabile edizione al Festival dei Due Mondi a Spoleto.


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“Macbeth” è opera difficile. Nel suo epistolario, Verdi richiedeva “voci efficaci, anche se non belle”. La direzione musicale è affidata a Muti; quella drammaturgica a Peter Stein. È un’edizione particolare (anche rispetto alle precedenti dirette da Muti) in quanto combina la versione dl 1856 pensata da Verdi con quella del 1847: termina con la morte del protagonista (versione 1847) non con l’inno di vittoria degli esuli scozzesi tornati in Patria (versione 1856).

Nella produzione Svoboda-Brockhaus, una straordinaria varietà di immagini prende vita da mezzi semplicissimi (e “poveri” , ossia a basso costo) e tecnica sofisticata: otto teli di maglia plastica, uno specchio trasparente e mutevoli proiezioni. Le ombre si sovrappongono alle ombre creando illusioni e allusioni: il fantastico mondo delle streghe, le apparizioni regali, il corteo dei profughi scozzesi tra una rete informe di filo spinato, le immagini dell’incubo del potere, in un gioco di apparizioni, sparizioni, convivenze inquietanti.

Tiziana Caruso è la vera protagonista: una Lady di grande presenza scenica e vocale  Luca Salsi è un Macbeth afflitto dai rimorsi. Thomas Yun (Macduff) e Dario di Vietri (Malcom) sono la speranza di un mondo migliore): il primo è un generoso tenore “spinto” con volume da vendere, ma linea vocale da curare; il secondo è un tenore lirico dal timbro molto chiaro. A Mirco Palazzi si addice a pennello il ruolo di  Banco . Buono il coro. A mio avviso, questo “Macbeth” come uno degli spettacoli migliori di teatro in musica del 2012. Vale un viaggio.


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