“Non vedo nulla”. “Non stai guardando”. La vita e il modo di affrontarla in fondo potrebbe essere tutta riassunta in queste due battute, quelle che si scambiano Henry Poole (l’attore Luke Wilson) e la sua vicina di casa, Esperanza (nome non casuale, ovviamente). Quello che non vede nulla è Henry, perché Esperanza, donna semplice, riesce anche a vedere il volto di Gesù sul muro di un fatiscente cottage alla periferia di Los Angeles che è poi la casa dove è cresciuto Henry e dove è tornato per morire, convinto di avere una malattia terminale. Ma lui, bicchiere di superalcolici sempre in mano, quel volto non lo vede.
Henry “ha smesso di credere alla speranza, ma la speranza non ha smesso di credere in lui”. “Henry Poole – Lassù qualcuno ti ama” (titolo originale Henry Poole Is Here) è un bel film uscito nel 2008, poco visto e abbastanza trascurato, come sempre quando un film non è pensato per i baracconi fatti da effetti super tecnologici in 3D, ma ha invece una bella storia da raccontare. Sky Cinema lo ha trasmesso in queste serate pre pasquali: forse “lassù”, nei palazzi di Sky, c’è davvero qualcuno che programma i film con un senso. Perché “Hnenry Poole” è la storia di un miracolo, di una resurrezione anche, dunque perfetto per i giorni di Pasqua. E ha una bellissima colonna sonora: memorabile la scena in cui un ormai confuso e smarrito Henry Poole mani in tasca si sofferma a guardare il panorama di Los Angeles al tramonto e sotto parte una delle più belle canzoni di Bob Dylan, Not Dark Yet, “non è ancora buio ma ci manca poco”. Come vorrebbe intensamente il protagonista del film: morire, chiudere con una vita che ha bruciato i suoi sogni e le sue speranze lasciandolo con una malattia (inesistente) e un mucchio di bottiglie comprate al supermercato da bere senza sosta (queste invece sono reali). Un bel film non è tale se non ha una bella colonna sonora, come ha insegnato Cameron Crowe, prima giornalista rock e poi regista: le canzoni ne esprimono la drammaticità. Non solo Dylan: tra gli altri anche Bradly Drawn Boy e Ben Harper, mentre la canzone portante del film è di un esordiente scelto fra centinaia che avevano mandato una loro canzone. Anche questo un miracolo, in fondo.
Il miracolo che racconta il film invece non è tanto quello del volto di Gesù che secondo Esperanza appare su un muro della casa di Henry dando vita a un divertente e caotico pellegrinaggio nel suo giardino, quanto il miracolo della vita che cambia attraverso le persone. Quelle che non ti lasciano mai, anche se tu le chiudi la porta di casa in faccia, come fa Henry, anche se tu spacchi a colpi di piccone quel muro di casa perché ti è insopportabile che “qualcosa” che non puoi decifrare, che non dipende da te è accaduto. E che soprattutto ti sta strappando alla tua solitudine. C’è anche il miracolo della bambina muta dalla nascita che si affeziona a lui, ne fa il padre che non ha più e ricomincia a parlare.
“Non vedo nulla”. “Non stai guardando”, è proprio quello che succede nella vita quando ci ostiniamo a non cogliere quei segni che ci rimandano a qualcosa di oltre, di grande, di reale quelle presenze discrete e affettuose, spesso silenti, che la vita ci mette davanti e che noi facciamo a slalom per evitare di riconsocere. Come un abbraccio, quello che alla fine Henry troverà. Perché, anche se smetti di credere alla speranza, lei non smetterà di credere in te. Su un muro il protagonista aveva scritto “Henry was here” come epitaffio anticipato. Alla fine cancella un verbo e diventa “Henry is here”. Qui e ora, quando accade il miracolo della resurrezione che è possibile per tutti. Buona Pasqua Henry.