In un momento storico dove la massificazione a senso unico della musica tramite mega festival sponsorizzati dalle corporation dello spettacolo che impongono prezzi dei biglietti proibitivi, spazi per la musica stile lager e da sponsor stile Grande Fratello (basta birra Heineken ai concerti, che fa pure schifo) che propongono cartelloni musicali a base di vecchie glorie, nostalgia incalzante e pochissime novità che non siano dettate dal volere delle suddette corporation (discografiche, radiofoniche, televisive), la musica vera bisogna andarsela a cercare in provincia. Sempre se si ha voglia di cercare nuove sfide, nuove proposte, nove emozioni e non averle prefabbricate sul comodino di casa.
Il Pentagrate Festival di Agrate alla sua prima edizione in questo senso è una sfida accattivante e coraggiosa. In una cittadina alle porte di Milano dove i bar chiudono alle otto e mezza proporre musica e aggregazione ci vuole coraggio. Quello che hanno avuto Pier Angelo Cantù, firma storica del giornalismo musicale italiano, e l’amministrazione della cittadina. Ecco cosa è successo nella prima di due serate.
Venerdì 3 luglio in cartellone i Sacri Cuori, band romagnola.
Arrivano ancora in abiti civili. Qualcuno dice che si assomigliano tra di loro. Vero (ma non diteglielo). Alla fine del concerto, infatti, sarei andato da uno dei componenti a chiedergli perché suona solo il sax baritono: “Non lo so perché ” – mi risponderà poi Checco – “io suono il basso.” Avevo confuso il bassista con il sassofonista.
Ma torniamo a prima del concerto: Antonio Gramentieri, leader della band, arriva in zona ‘live’ e si scusa per non essere ancora con abito da cerimonia. Ha occhi piccoli che brillano, sorriso da romagnolo in gita ed una gran voglia di suonare. Ci saluta e va dietro a quello che dovrebbe essere un palco per uscire dopo 20 minuti in total black da santone del rock pronto per una intervista fatta da un emozionato PJ Cantù. Antonio parla della musica dei Sacri Cuori, della loro ricerca dei suoni, di come la loro musica nasca da una miscellanea di esperienze e passioni e, soprattutto , dal destino. No, non fraintendete: Grammo non è un fatalista bigotto. Lui ci crede veramente nel destino buono, ovvero nel fatto che la musica faccia accadere cose che ti possono cambiare la vita in meglio. Lo dice almeno in due occasioni mentre risponde alle domande del direttore artistico del Pentagrate: “abbiamo seguito quello che il destino ci ha fatto incontrare. Come quando abbiamo incontrato Carla Lippis durante il nostro tour australiano. Lei è italo-australiana e canta nello stile delle più grandi interpreti femminili italiane degli anni ’60. E’ stato il destino che ce l’ha fatta incontrare e come ci insegna Bob Dylan, quando ti accadono le cose devi solo andargli dietro”.
Nel frattempo i posti a sedere della piazza sono quasi tutti occupati. Solo in parte da appassionati. Molti agratesi. Giovani e meno giovani. Esistono. E sono vivi. Miracolo numero 1 di PJ Cantù per intercessione dei Sacri Cuori.
Comincia lo show. Suoni ottimi. Suoni rari in Italia. Gran cura nell’esecuzione ed attenzione tra i musicisti. Sembra tutto facile e scontato nel loro modo di suonare ma non lo è affatto. Credo piuttosto ci sia un gran feeling tra i musicisti. Musica strumentale che riprende atmosfere pulp e ricorda gli Shivaree (non a caso inseriti nella colonna sonora di film pulp Kill Bill 2 di Tarantino). Citazioni più o meno colte e qualche omaggio alla musica della terra dei Sacri Cuori, il liscio della riviera romagnola.
Un po’ per scelta della band un po’ per volontà divina lo show è diviso in due parti. La prima con brani solo strumentali fatti di cavalcate elettriche con le chitarre di Grammo che si rifanno a tratti a quelle di Neil Young, a quelle di Springsteen fine anni ’70 ed a quelle più classiche del surf guitar di Dick Dale and The Dal Tones. Da quello stile i Sacri Cuori hanno ereditato anche l’idea del sax che ripete ed a volte doppia all’unisono la melodia principale insieme alla chitarra. Ben fatto davvero. Bravi.
Tutto va bene, finché non inizia a piovere. Interruzione voluta dall’alto dei cieli coperti di nuvole nere. Messaggio per gli officianti che interrompono prontamente il primo set, spostano gli strumenti più indietro di una decina di metri e, ruotando letteralmente l’impianto di 180 gradi, ricominciano a suonare dopo solo 10 minuti sotto i portici di ingresso del municipio di Agrate. Magia… o forse, sarebbe il caso di dire, miracolo numero 2 di padre PJ Cantù per intercessione dei Sacri Cuori. Inizia un secondo set che diventa, in realtà, un secondo show. Più intimo, più stretto e forse più adeguato alla musica dei Sacri Cuori. Ancora un paio di brani strumentali e poi entra in scena Carla Lippis da Adelaide, che di Italiano ha solo il nome, il cognome e quelle radici ben salde nell’Italia musicale anni ’60. Gran voce, ricca di espressività e di erotismo: del resto è noto che i più grandi santi raggiungessero l’estasi nella visione diretta del divino. Questa sembra voler essere la direzione dei Sacri Cuori: musica ben curata, che arriva da una storia che Grammo &Co conoscono molto bene, con discrete contaminazioni locali (forse su questo potrebbero osare di più a mio avviso), che ha a che fare con il destino cui inesorabilmente tutti siamo chiamati, ma che privilegia la strada della carnalità per arrivare a quel destino, carnalità verace e sincera di chi è cresciuto a piadina e sangiovese.
Grammo&Co. chiudono omaggiando la musica italiana degli anni ’60 con due super classici come “La bambola” e “Bang Bang” cantati dalla sensuale Carla. C’è tempo per Hank Williams e poi si va direttamente ai bis, un po’ come si fa quando si suona in piccoli locali dove non si può entrare ed uscire di scena per motivi logistici. Grammo mi dirà poi che ha suonato la seconda parte del concerto senza pedaliera e solo con gli effetti dell’ampli. Cosa che non tutti sanno fare per la cronaca… Getto quindi un’occhiata alla pedaliera ed alle chitarre e noto che è tutto fatto in casa o, meglio, costruito “ad hoc”: confermo l’idea che mi sono fatto di musicisti attenti alla ricerca dei suoni e che si costruiscono letteralmente la strumentazione più adeguata per rendere quello che hanno in testa.
Dicono che i miracoli sono quelle cose di natura ignota (divina?) che la scienza non sa spiegare per cui dopo che sono successi non sei più come prima, sei cambiato. Insomma, senza dover necessariamente continuare a giocare con doppi sensi musical\religiosi, i Sacri Cuori sono l’esempio di come si possa fare ottima musica di rilevanza internazionale, ben suonata, credendoci ed in modo che valga la pena uscire ed andare a sentirli perché dopo non sarai più lo stesso. Magari non ti cambieranno la vita, ma una serata te la cambiano. Sicuramente hanno cambiato Agrate.
Non so quali santi tu abbia nel paradiso del rock, caro PJ Cantù, ma i Sacri Cuori forse ci hanno messo una buona parola per far iniziare nel migliore dei modi il festival. Motivo in più per scoprire cosa succederà Venerdì 10 Luglio durante il concerto di Emma Tricca, nella stessa piazza.
Forse ad Agrate non c’è solo il casello dell’autostrada. Bravi tutti.
(Francesco D’Acri)