Ci sono alcuni concerti (pochissimi in verità) per i quali si può spendere la parola “evento” senza utilizzarla a sproposito. Uno di questi è stato sicuramente il concerto di David Gilmour all’Arena di Verona lo scorso martedì 14 settembre.
L’occasione di questo tour europeo, iniziato in Croazia due giorni prima (oltre a una data zero in Inghilterra a Brighton per soli addetti ai lavori), è la pubblicazione del nuovo album solista del musicista inglese intitolato “Rattle That Lock”, a distanza di quasi 10 anni dal precedente “On An Island”.
La pubblicazione di nuovo materiale per questi mostri sacri del rock è diventata ormai un pretesto per fare concerti e rispondere alla richiesta di live da parte di un esercito di pinkfloydiani sparsi in tutto il mondo.
Ciò che cambia rispetto a un concerto classico dei Pink Floyd (o dell’ultimo Roger Waters) è la dimensione che Gilmour ha scelto per esibirsi: non più gli stadi o le grandi arene bensì i teatri o comunque location molto raccolte; scelta comprensibile dopo decenni di esibizioni in grandi spazi, con tutto ciò che ne consegue in termini di bassa qualità del suono ad esempio.
Gilmour che oggi ha 70 anni, suona come quando ne aveva 22 ed entrò nei Pink Floyd per affiancare / sostituire un Syd Barrett ormai fuori controllo. Tecnica perfetta, non sbaglia una nota. L’impianto audio è semplicemente perfetto, sembra di ascoltare un CD nel proprio impianto stereo di casa. Con la piccola differenza che si è a pochi metri di distanza dalla “voce e la chitarra dei Pink Floyd” come viene bollata ogni sua uscita discografica negli ultimi anni.
Il concerto dura oltre due ore e prevede una pausa di circa 20 minuti per far tirare il fiato a musicisti e al pubblico. La scaletta è sapientemente costruita miscelando pezzi nuovi con i classici del repertorio Pink Floyd. Naturalmente Gilmour pesca dagli album a lui più congeniali, uno su tutti “Wish You Where Here” (di cui ricorre il 40esimo anniversario proprio in questi giorni).
I brani del nuovo album al primo ascolto sembrano belli e comunque rappresentano un buon incentivo ad acquistare il CD in uscita il 18 settembre; tuttavia il 99% dei presenti è qui per ascoltare i classici dei Pink Floyd e in questo Gilmour non si risparmia: si va dalla primordiale Astronomy Domine (primo brano del primo disco del 196, Gilmour all’epoca non era ancora nel gruppo) agli ultimi Floyd di High Hopes (da The Division Bell del 1994). Passando per altri classici quali Money, Us and Them e Run Like Hell che chiude il set regolare. Nei due bis programmati c’è spazio per altri due super classici: Time e Comfortably Numb, con il suo inconfondibile assolo finale di chitarra.
Nella migliore tradizione live targata PF, ogni brano viene accompagnato dai classici video (quelli creati a suo tempo da Storm Thorgerson per intenderci) proiettati all’interno del grande schermo circolare che sovrasta il palco; per i brani nuovi invece, sono stati prodotti dei video tutti nello stesso stile.
I musicisti sono tutti di ottimo livello, alcuni storici nel senso che suonano con Gilmour fin dal primo tour dei Pink Floyd post Waters (1988-89) mentre altri si sono aggiunti in anni più recenti; ci sono anche due coristi. Certo, rispetto al tour del 1996, pesa drammaticamente l’assenza di un certo Richard Wright alle tastiere e alla voce…
Come è nel suo stile, Gilmour in tutto il concerto ha parlato pochissimo rispondendo alle continue ovazioni del pubblico con un very British “Thank you very much indeed”…
I bene informati dicono che a Verona abbiano filmato professionalmente il concerto quindi in futuro potrebbe uscire un DVD ufficiale.
Il giorno successivo si è replicato a Firenze in una location ben peggiore ma Gilmour ha regalato ugualmente un brano in più ai fedelissimi fan italiani: Coming Back To Life. Per farvi capire la superiorità del personaggio, il trasferimento da Verona a Firenze è avvenuto la mattina seguente il concerto su un semplice treno ad alta velocità…
Nelle imminenti date inglesi alla Royal Albert Hall invece, non è da escludere la presenza di qualche special guest: il sempre disponibile Nick Mason e anche l’amico / nemico Roger con cui i rapporti negli ultimi anni sono diventati di “buon vicinato” per così dire…
(Manlio Di Giovanni)