Richard Shindell è un cantautore del New Jersey, a molti il suo nome dirà poco o niente ed è un vero peccato, altri invece saranno ben contenti di sapere che ha un nuovo disco sul mercato.
Il suo esordio discografico risale all’ormai lontano 1992 con Sparrow Point, bella prova di esordio dove si poteva ascoltare un ancora “sconosciuto” Larry Campbell molto prima che andasse alla corte di Bob Dylan.
Da allora ha pubblicato una serie di dischi di ottima fattura, su tutti Reunion Hill del 1997, dove faceva bella mostra una bellissima rilettura di “I’ll Be Here in the Morning” di Townes Van Zandt e Curier del 2002 che si chiudeva con una gran cover di “Fourth of July, Asbury Park” di Springsteen.
Volendo semplificare, in queste due figure potremmo racchiudere le influenze di Shindell ma sarebbe riduttivo.
Nel 1997 addirittura Joan Baez incise tre suoi brani e lo volle con sé in tour.
Cantautore completo e molto raffinato, più che i rocker del New Jersey o i folksinger degli anni ’60 fa sempre tornare in mente i grandi cantautori contemporanei canadesi come Gordon Lightfoot, Stephen Fearing e Bill Bourne.
Careless è il suo dodicesimo disco in studio ed è registrato fra New York e Buenos Aires: parte in blues con Stray Cow Blues e ti spiazza subito perché sono sonorità che da lui non ti aspetti ed in effetti, pur essendo molto bella e twang, resta un po’ un episodio isolato.
Sì perché subito dopo, da Careless fino a The Dome (unica cover), quello che regna è una goduria di suoni elettro acustici che dipingono dieci ballate sopra la media.
Rispetto al recente passato c’è più uso di chitarra elettrica, anche se sempre molto misurato e pulito, che contribuisce sicuramente a creare un’atmosfera particolare, in alcuni casi anche col sapore di un quasi jazz che rilassa la mente e i sensi.
La voce di Shindell è sempre emozionante e racconta storie che parlano di terra e di astri, di rimpianti (la title track, forse il brano più bello del disco) e di rapporti che si vorrebbero riallacciare.
È il caso di All Wide Open dove c’è una bella immagine finale tra padre e figlia:
“And with the voice of one afraid that past is future
He says why don’t we just take it day by day
And her overcoat is hanging in the closet
Looks like winter’s coming on now, but it’s all wide open”
I temi trattati non sono mai banali ma affondano nella vita di tutti i giorni e nell’immaginario di chi viaggia da una vita e osserva e mette in musica emozioni, speranze e fantasmi da sconfiggere.
Molto evocativa Your Guitar che parla di uno strumento d’epoca che deve aver vissuto ogni genere di esperienza, in essa si nasconde forse l’anima di un vecchio proprietario:
“Your guitar has travelled far
All the way from California
In a big brown box, on an airplane
Way down to Patagonia
So far south, she’s never been
A change of season and a cold desert wind
She must be wondering what kind of trouble she’s in”
Chissà in quale guaio si troverà, forse vi troverete nei guai anche voi ad ascoltare questo disco perché si sa che i cantautori possono essere pericolosi, se vi piacerà andrete a ritroso e scoprirete quante belle canzoni ha scritto Shindell.
Musica da ascoltare la sera, magari davanti ad un fuoco che brucia e con la mente che viaggia in mezzo a queste belle storie che in fondo sono e saranno sempre storie d’amore, nel bene e nel male, nella realtà e nell’illusione.
Niente è nascosto, non c’è niente da cercare di capire a tutti i costi.
Richard Shindell non sarà mai famoso come tanti altri ma è un cantautore che vale la pena ascoltare sempre, soprattutto se si crede che una buona canzone possa ancora far bene allo spirito in questi tempi di confusione generale.
In fondo l’amore è il bene più prezioso e più strettamente personale che possa esistere:
“lei è innamorata per la prima volta
Sogna il desiderio del suo cuore
Un segreto che non dirà a nessuno
Visibile solo ad infrarossi
Inspirare, espirare”
Un bel disco, ancora una volta.
(Luca Rovini)