Claudio Baglioni invece di avere la pappa pronta fornitagli dai cosiddetti “talent show” farebbe bene, se davvero ci tenesse alla buona musica, a girare i localizzi, anche quelli di periferia e di provincia dove si esibiscono ignorati dozzine di ottimi cantautori e band. Ad ascoltare i tanti dischi auto prodotti da gente volenterosa che ci mette di tasca sua. A incontrare i ragazzi di strada. Una volta era così che si faceva il talent scout, o il direttore artistico, o il discografico. E’ così che sono stati scoperti talenti (veri) come Bob Dylan o Bruce Springsteen, e per restare in Italia De Gregori o Guccini. I talent hanno ammazzato la musica, lo diciamo da anni, hanno ucciso i talenti. Eppure di buona musica là fuori ce ne è ancora tanta. E noi la segnaliamo quando riusciamo. Vi invitiamo ad andare a ricercarveli su queste pagine, i tanti di cui abbiamo già parlato.
BOBBY GUALTIROLO
L’ultimo benvenuto è Bobby (Antonio) Gualtirolo, con il suo “Pezzi miei”, un disco piacevolissimo di canzone d’autore in chiave rock. Suonato benissimo, prodotto altrettanto bene, con tutta la professionalità necessaria, raccoglie brani freschi e pimpanti, dalle melodie solide e dai testi a tratti simpaticamente ironici, altre profondi e intensi. E’ un rock italiano, che guarda ovviamente all’America ma cantato in italiano con grande disinvoltura. E’ il suo esordio alla non più giovanissima età di 58 anni, ma Gualtirolo ha un passato nella musica da non ignorare. E’ stato uno dei fondatori del gruppo di rock “demenziale” bolognese Lino e i Mistoterital che qualcuno ricorderà, attivo dal 1983 al 1991. In questi 27 anni ha continuato a fare musica, pur non incidendo nulla fino a oggi. Del rock demenziale del suo gruppo, rimangono tracce evidenti qua e là in questo disco dove ha scelto di pubblicare il meglio del tanto materiale scritto in questo lasso di tempo. Ad esempio nella eccellente I dischi che non sai di avere, shuffle-reggae con bell’accompagnamento di fiati in cui ironizza sull’ossessione dei musicofili che accumulano dischi (“Il doppio dal vivo dei Little Feat è un disco da avere… i primi due di Ricky Lee Jones gli altri te li puoi tenere… il quintuplo dal vivo di Springsteen è un delirio di onnipotenza…”). Così anche il rock-blues da juke joint di Mi do fastidio da solo con un ottimo solo di chitarra. Ma poi ci sono i momenti semiacustici di intima riflessione come La nave del deserto, un up-tempo che parla dei nostri desideri impossibili di significato. Piace anche L’amore a Bologna, jazz d’autore in chiave notturna.
STEVE RUDIVELLI
Un altro disco le cui canzoni figurerebbero benissimo in un Sanremo di vera canzone italiana è “Brianza Texas Radio” della leggenda brianzola Steve Rudivelli, attivo sin dagli anni 80 e che in questo disco raccoglie anche il meglio di quanto scritto e inciso fino a oggi. Rudivelli è innamorato del rockabilly anni 50, è un buon rocker, ma in questa raccolta di pezzi ci sono anche brani cantautori di grande impatto, che guardano al Texas, al border messicano prendendone in dote gli spunti musicali. Diciannove brani sparati fuori con l’intensità di chi ha qualcosa da dire
LUCA MILANI/HELLM
Buon ultimo ma non ultimo per qualità musicali, è Luca Milani, cantautore rock con una corposa discografia di gran livello dietro le spalle. Adesso ha dato vita al progetto Hellm con la pubblicazione dell’ottimo “Idols”, un disco cantato in inglese anche questa volta, ma molto bene come non succede spesso tra chi ci prova, di rock’n’roll che non lascia prigionieri. Brani come Fun Fun Fun e Ready To Fall suonano come se i Ramones avessero incontrato i Social Distortion, scariche di riff senza pause, un muro di chitarre elettriche, melodie ariose alla Beach Boys, un colpo dritto allo stomaco. Altrove Luca Milani ritrova le sue radici country folk ,come la title track ballatone elettrica carica di malinconia resa ancor più intensa dalla sua bella voce romantica e carica di pathos. E trova spazio anche uno splendido pezzo solo acustico, come quelli a cui Milani ha dedicato in passato alcuni dischi di gothic folk, con i piedi ben piantati nel songbook di Hank Williams, la splendida Time Won’t Wait. Uno dei migliori dischi di rock’n’roll italiano degli ultimi anni, che conferma la classe sempre cristallina del cantautore lombardo.