NON SOLO ACCISE/ La crisi energetica va risolta con gli eurobond

- Stefano Cingolani

Quanto accaduto in Italia sul prezzo della benzina mostra quanto morda ancora la crisi energetica, che si può combattere efficacemente solo con una strategia europea

scholz vonderleyen 1 lapresse1280 640x300 Il Cancelliere tedesco Olaf Scholz con la Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen (LaPresse)

Un pasticcio in Italia, un guazzabuglio in tutta Europa. Il rincaro dei carburanti minaccia i redditi dei consumatori, impedisce all’inflazione di raffreddarsi come dovrebbe, tiene in scacco i Governi. C’è già chi evoca i gilet gialli, come fa Giuseppe Conte. Bieca strumentalizzazione secondo Giorgia Meloni, ma la stessa presidente del Consiglio è stata presa in contropiede ed è andata su tutte le furie. L’opposizione le rimprovera di aver tradito un impegno elettorale, ma anche in questo caso si tratta di mera propaganda finché non si dice se aveva ragione la Meloni quando ha promesso mari e monti o adesso che sta facendo un bagno di realtà e comprende quanto abbia sapore di sale lo scendere e salire per le scale di palazzo Chigi.

Lo scontro interno con gli alleati sulle accise petrolifere che ha aperto la prima seria incrinatura nella maggioranza (sono volate parole grosse ed è saltato anche il vertice dei fedelissimi previsto per oggi), ha spostato l’attenzione dalle cause agli effetti. I tagli alle accise erano una misura d’emergenza e come tale andava superata, è stato un errore farlo adesso e tutto d’un colpo. Non ha convinto l’opinione pubblica nemmeno la spiegazione razionale che non ci sono margini nel bilancio dello Stato. La coperta è corta, quindi bisogna compiere scelte drastiche anche impopolari, ma il provvedimento finora è stato finanziato dalle entrate dell’Iva. Il Governo se la prende con l’eterno spauracchio della speculazione, però poteva procedere con i piedi di piombo e presentare in anticipo un nuovo modello, introducendo un criterio di proporzionalità ed equità nella formazione del prezzo. Tuttavia non se ne esce se non si europeizza una crisi che, sia pur in modi e dimensioni diverse, riguarda l’intera Europa.

L’innesco in Italia è stato senza dubbio l’aumento delle accise tornate al livello precedente, ma in ogni caso la vera responsabile è la crisi energetica scoppiata lo scorso anno. Gli idrocarburi fanno da segnalatori, reagiscono con grande rapidità e a loro volta innescano nuove crisi. Sono ancor oggi le commodities più scambiate, quelle che determinano l’andamento dei mercati. Se è così nessun Governo da solo può esercitare un peso determinante. Ben diverso se l’Unione europea che nel suo insieme è tra i maggiori consumatori di petrolio e gas, si presenta tutta insieme sul mercato.

È evidente che se si procede in ordine sparso, si finisce per subire scontento e proteste che si propagano come una reazione a catena. Certo, i Paesi che hanno maggiore capacità di spesa, quelli che hanno ancora i bilanci a posto, sono in grado di erogare bonus carburante, sussidi e sostegni più consistenti rispetto a quelli decisi in extremis dal Governo italiano. Ma ciò non riduce la necessità e urgenza di una politica energetica comune. Al contrario.

I Governi che vogliono accelerare la transizione verso le fonti rinnovabili tendono a mantenere imposte elevate sulle fonti fossili e questo spiazza tutti gli altri. In Germania cresce anche la mobilitazione dei movimenti ecologisti. Diecimila persone ieri hanno manifestato a a Lützerath, vicino ad Aquisgrana davanti a una miniera di carbone che il colosso energetico Rwe vuole ampliare (l’obiettivo è decuplicare l’estrazione di lignite per sostituire in parte il gas russo). Sono scoppiati tafferugli e scontri violenti con la polizia. Sul posto è arrivata anche Greta Thunberg. Anche in Italia si è tornati a utilizzare più carbone per la produzione elettrica e non è escluso un effetto imitativo.

Benzinai, automobilisti, ecologisti hanno obiettivi diversi, spesso contraddittori, ma sono specchi di un unico caleidoscopio. È utopistico pensare di affrontare la crisi in modo coordinato? Il Cancelliere tedesco Olaf Scholz che pure si è mosso unilateralmente dispensando 200 miliardi di euro, ha aperto la porta a un fondo comune finanziato da titoli europei, con l’unico vincolo che siano prestiti non erogazioni di risorse a fondo perduto. Nei giorni scorsi ha esteso e precisato la sua linea che vuol essere anche una risposta alla sfida americana lanciata da Biden con l’Inflation reduction act e gli incentivi per l’elettrificazione a cominciare dal settore automobilistico. La proposta non è ancora del Governo tedesco, ma solo del partito socialdemocratico che ha pubblicato un documento nel quale si parla di “nuovi strumenti finanziari comuni”. Il Cancelliere comunque intende portare l’intero pacchetto sul tavolo europeo il mese prossimo. L’intento, dicono alla Spd, è fare in modo che gli Stati membri con bilanci limitati non vengano lasciati indietro. Un chiaro invito a Paesi come l’Italia. Nell’immediato si potrebbero utilizzare le risorse inutilizzate del fondo per la ripresa post-pandemia.

Giorgia Meloni già nell’ottobre scorso in una conversazione con Scholz aveva chiesto misure comuni, allora lo scoglio era il price cap sul gas, oggi si tratta di una strategia più ampia. Sarebbe un bene per tutti, non solo per il Governo, rimettere sul tavolo i fondamentali e prendere l’iniziativa sullo scacchiere europeo. È nell’interesse del paese appoggiare gli “eurobond energetici”.

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