SEPARAZIONE CARRIERE, LA “BATTAGLIA” DI NORDIO
La riforma della separazione delle carriere è una garanzia per i cittadini: a sostenerlo è il ministro della Giustizia, secondo cui l’obiettivo è recidere il vincolo che rendeva i magistrati dipendenti dalle correnti. Mentre incassa il primo via libera, Carlo Nordio deve fare i conti anche le proteste dell’Anm, ma nonostante ciò ritiene di aver fatto il suo dovere rispettando il suo mandato elettorale e la Costituzione, visto che sancisce l’indipendenza della magistratura.
C’è chi sostiene che così sia riuscito a realizzare il sogno di Silvio Berlusconi, in realtà Nordio fa notare che lo proponeva da prima che l’ex premier la rendesse una sua battaglia. Per dimostrarlo, fa riferimento a libri, articoli e riviste giuridiche in cui ha affrontato la questione, fatta eccezione per Vassalli e Falcone.
Per Nordio è anche una questione di logica, in quanto il giudice non può far parte della “stessa consorteria del pm“. Per il ministro non c’è neppure il rischio che il pm diventi un superpoliziotto, anche perché ritiene che già lo sia.
L’EQUILIBRIO TRA I POTERI E IL REFERENDUM
Non si tratta neppure di vendetta contro la magistratura: per Nordio questa riforma serve a rendere equilibrati i poteri, d’altra parte segnala “molte interferenze con pesanti giudizi politici“, senza puntare il dito contro l’Anm, bensì contro quei “magistrati che poi pronunciano sentenze“.
Nordio avrebbe preferito fosse composta solo da magistrati, comunque spetterà alla procura generale avviare l’azione disciplinare o il ministero tramite la stessa. Comunque, l’auspicio del Guardasigilli è che vi sia un referendum, escludendo possa scatenarsi una guerra tra magistratura e politica. Il motivo è legato alla delicatezza della questione, alla sovranità popolare e alla necessità di “fugare il sospetto di sotterranee baratterie politiche“.
Nell’intervista c’è spazio anche per una considerazione sull’ipotesi dello scudo penale delle forze dell’ordine: a tal proposito, Nordio smentisce, precisando che l’idea è di trovare una soluzione “alla snaturazione dell’istituto del registro degli indagati e dell’informazione di garanzia” con strumenti che tutelino i cittadini, che non devono essere ‘macchiati’ per il solo fatto di essere indagati.