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Home » Esteri » Europa » OLTRE IL QATARGATE/ Dagli Emirati a Nixon, ecco cos’hanno fatto i super-lobbisti

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OLTRE IL QATARGATE/ Dagli Emirati a Nixon, ecco cos’hanno fatto i super-lobbisti

Giuseppe Gagliano
Pubblicato 10 Gennaio 2023
Eva Kaili

Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento Ue travolta dal Qatargate (LaPresse)

Il Qatargate ripropone il ruolo degli agenti di influenza. Due casi: il primo recentissimo, negli Emirati. L'altro ha a che vedere con la presidenza Nixon

Il recente scandalo Qatargate ha fatto emergere in modo trasparente quanto importante sia il ruolo dell’agente di influenza. L’attività che svolge l’agente di influenza è un’attività certamente offensiva, classificabile a due livelli: attività di natura ordinaria, come quella di carpire i segreti o influenzare il processo decisionale, oppure attività non ordinarie, come quelle volte a danneggiare le infrastrutture critiche di un Paese o addirittura a promuovere la contro-insurrezione contro il sistema di potere vigente. In Italia abbiamo avuto noti agenti d’influenza quali ad esempio Licio Gelli, Francesco Pazienza o Aldo Anghessa.


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Allo scopo di illustrare in modo più chiaro il ruolo che l’agente di influenza è in grado di esercitare, il lettore ci consenta di portare come esempio due casi.

Il primo caso illustra come il presunto agente di influenza avrebbe agito, anche se poi è stato assolto; mentre il secondo caso che esamineremo –anche se più datato dal punto di vista storico – dimostra la grande rilevanza che l’agente di influenza può esercitare nel processo decisionale di un sistema politico.


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1. Tom Barrack, fondatore di DigitalBridge, era stato stato accusato nel 2021 dal dipartimento di Giustizia Usa di aver agito in qualità di agente di influenza per conto degli Emirati.

Ma il processo che si è concluso a novembre e si è svolto nel distretto orientale di New York lo ha assolto da tutte le accuse. Quali sono nello specifico le accuse formulate dal Dipartimento di giustizia americano?

In primo luogo Barrack è accusato di avere cercato di promuovere gli interessi nell’ambito della politica estera sia degli Eau che dell’Arabia Saudita; in secondo luogo è accusato di avere cercato di fare pressione sull’amministrazione Trump per aggiungere alla lista statunitense delle organizzazioni terroristiche straniere la Fratellanza musulmana; in terzo luogo avrebbe cercato di fare abolire il Justice Against Sponsors of Terrorism Act (Jasta), che consente alle vittime dell’attentato del 9/11 di intentare cause civili contro l’Arabia Saudita.


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Cosa avrebbe ricevuto nel caso in cui queste operazioni di influenza fossero state portate a compimento? Alcuni fondi sovrani arabi – e fra questi l’Abu Dhabi Investment Authority – avrebbero investito la ragguardevole cifra di 374 milioni di dollari nella società dell’uomo d’affari americano. Si presume che a coordinare quest’operazione di influenza degli Stati Uniti sarebbe stato Tahnoon Bin Zayed Al Nahyan, consigliere per la sicurezza nazionale di Abu Dhabi. Ma chi sono coloro che lo hanno accusato? In primo luogo Hug Higgins, che ha lavorato nel controspionaggio della Cia ed è stato capo delle operazioni dell’intelligence militare americana oltre che vice-sottosegretario alla Difesa per l’intelligence. Il secondo accusatore è il ricercatore Christopher Davidson, che ha lavorato nelle università degli Eau oltre ad aver prestato la propria consulenza per diversi soggetti governativi americani e britannici. Infine il terzo accusatore è è Eliot Kalter, un ex analista del Fmi che attualmente dirige la società di consulenza EM Strategies Inc attraverso la quale ha lavorato con società finanziarie e fondi sovrani arabi.

2. Passiamo al secondo caso. Secondo Dimitri Deliolanes, autore del saggio Colonnelli. Il regime militare greco e la strategia del terrore in Italia (Fandango, 2019), negli anni 70 l’imprenditore greco-americano Tom Pappas svolse proprio questo ruolo di agente di influenza. Dopo aver collaborato con la Cia, divenne particolarmente influente alla Casa Bianca al punto che riuscì a influenzare la nomina dell’ambasciatore americano ad Atene. Fu infatti scelto Henry Tasca, che aveva stretti contatti con il ministro del Tesoro nell’amministrazione Nixon e cioè David Kennedy. Il ruolo dell’imprenditore greco-americano fu soprattutto quello di finanziare la campagna elettorale di Richard Nixon affinché l’atteggiamento americano fosse positivo alle scelte poste in essere dal regime greco.

Il 21 aprile 1974 l’imprenditore greco-americano aveva in mano le casse del Partito repubblicano e nel 75 darà al Partito repubblicano ben 549mila dollari per sostenere la candidatura di Nixon, finanziamenti che però provenivano dai fondi segreti del servizio segreto greco. I finanziamenti dati a Nixon continuarono anche dopo la sua vittoria, al punto che l’imprenditore greco fu coinvolto nello scandalo Watergate.

Inoltre Tappas era riuscito ad ottenere il sostegno americano verso il regime dei colonnelli anche da parte del fratello del presidente e cioè Donald Nixon, azionista con lo stesso imprenditore della società Marriot de Montis che forniva servizi di catering alle linee aeree. Ma certamente l’affare più lucroso concluso da Pappas per il regime dei colonnelli greci fu la licenza concessa alla Coca-Cola per aprire uno stabilimento di produzione in Grecia. Anche la nomina del vicepresidente di Nixon, e cioè Spyro Agnew, fu opera dell’imprenditore greco-americano.

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Tags: Qatargate

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