Orbán definisce l'Ucraina pericolosa per UE, si oppone all’ ingresso temendo crimini e crisi economica; critica Bruxelles e loda Putin
Il primo ministro ungherese Viktor Orbán si è sbilanciato esprimendosi in modo drastico e diretto sul possibile ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea, parlando di un rischio concreto per la stabilità e la sicurezza dell’intero continente, e descrivendo Kiev come un paese problematico, luogo – secondo lui – di traffici illeciti come droga, armi e tratta di esseri umani, che rischierebbero di riversarsi anche nei Paesi membri, in particolare in Ungheria.
Nel corso di un un’intervista radiofonica, ha detto senza mezze misure che aprire le porte a Kiev significherebbe esporre l’Europa a nuove ondate di criminalità e caos economico, ribadendo che Budapest non può permettersi di ignorare certi segnali; le critiche si sono poi rivolte con forza verso Bruxelles, accusata di spingere l’Ungheria su una strada pericolosa – quella del conflitto – con una linea che Orbán ha definito “filo-bellica”, in contrasto con la volontà della maggioranza dei cittadini europei.
C’è poi la questione della cybersicurezza, che il premier ha definito “preoccupante” in quanto, secondo lui, gran parte delle truffe informatiche più complesse e invasive avrebbero origine proprio in Ucraina, parlando di un presunto 80% dei criminali digitali con legami diretti su quel territorio, con vere e proprie cellule operative e, di fronte a questo scenario, il governo ungherese ha annunciato la promozione di un referendum nazionale nel 2025, un passaggio ritenuto fondamentale per consultare la popolazione magiara prima di ogni decisione sull’allargamento dell’UE.
Orbán – spingendosi oltre – ha anche elogiato il presidente russo Vladimir Putin, descritto come un interlocutore più stabile rispetto ai partner europei, rilanciando la necessità di mantenere attivi i rapporti economici con Mosca, nonostante le tensioni geopolitiche.
Orbán tra il rischio economico e strategie politiche
Ma dietro l’uscita pubblica di Orbán si intravede anche una strategia politica calcolata, cioè il tentativo di rafforzare il consenso interno sfruttando la diffidenza verso Kiev e, allo stesso tempo, indebolendo il partito Tisza, che si sta facendo spazio nell’opposizione; il premier ungherese ha denunciato episodi concreti come una rete di call center con base in Ucraina che avrebbe preso come bersaglio i cittadini ungheresi con truffe strutturate, rubando oltre 8 miliardi di fiorini, anche se – ha aggiunto – circa 1,5 sono stati recuperati.
L’adesione dell’Ucraina, ha detto Orbán, comporterebbe rischi economici decisamente alti come un afflusso di manodopera a basso costo, concorrenza sleale per i lavoratori ungheresi, pressione sul sistema previdenziale e– secondo lui – una gran parte dei fondi pensionistici andrebbe agli ucraini, con effetti collaterali sulle finanze nazionali; e non ha risparmiato critiche nemmeno all’agricoltura ucraina, che fa largo uso di OGM, un modello produttivo che, a suo dire, metterebbe in ginocchio i coltivatori ungheresi, già in difficoltà per l’inflazione e i rincari energetici.
Per tutelare i consumatori, Orbán ha confermato il mantenimento dei tetti sui prezzi, affidando il monitoraggio al ministro Marton Nagy – definito “un tecnico, non un politico” – incaricato di contenere l’inflazione e garantire stabilità economica; ha poi rivolto un gesto di vicinanza alle comunità magiare coinvolte nelle alluvioni in Transilvania, promettendo aiuti immediati e elogiando l’operato del partito etnico RMDSZ, attivo da anni nella difesa dei diritti delle minoranze.
