Ozzy Osbourne, il Principe delle Tenebre, è morto a 76 anni. Ultimo show epico tra Black Sabbath, follie e rock immortale.

Un vero concerto di addio, quello che Ozzy Osbourne ha tenuto un paio di settimane fa a Birmingham, la città natale dei membri dei Black Sabbath, di cui era la voce e il leader. Non come quelli che ormai fanno tutti, salvo poi tornare sulle scene un anno dopo. Neanche un regista hollywoodiano avrebbe potuto prendere in considerazione, per una qualche fiction, un’uscita dalle scene così: sul palco un’ultima volta per dire addio al suo pubblico (il cantante era gravemente malato da tempo) e poi la morte. Una cosa da re. Anzi, da principe, delle tenebre ovviamente, come era stato soprannominato.



Ozzy Osbourne aveva 76 anni, nel 2020 aveva annunciato di avere il morbo di Parkinson, ma in realtà da anni vivacchiava portando addosso il peso della vita sregolata che aveva vissuto per decenni: alcol come se piovesse e ogni tipo di droga. Qualcuno ricorderà il reality televisivo andato in onda su Mtv nei primi anni Duemila, The Osbournes, prototipo di tutti i reality che sono venuti negli anni. Divertentissimo, ritraeva la vita quotidiana della famiglia del musicista, moglie e due figli, con lui, mezzo rimbambito e quasi incapace di deambulare, che con grandissimo senso dell’autoironia si lasciava riprendere senza pietà.



Proprio l’autoironia, oltre naturalmente alle doti di grandissimo vocalist e autore di canzoni, era la sua dote maggiore, al di là delle accuse di satanismo che pure i primi Black Sabbath avevano bazzicato. Curiosamente, il gruppo, alla sua nascita, su idea del chitarrista Terence Butler, prese il nome da un film italiano dell’horror, risalente al 1963, I tre volti della paura di Mario Bava, che in inglese era stato tradotto appunto con Black Sabbath, il sabba nero, cioè la notte delle streghe. Butler era infatti appassionato dell’horror e gli altri si adeguarono, incidendo un disco di esordio che dal blues dei loro esordi includeva atmosfere cupe e angosciose.



Tommy Iommi, il chitarrista solista, usò addirittura la cosiddetta Triade del diavolo, una scala musicale fortemente dissonante e disorientante che nel Medioevo veniva chiamata diabolus in musica. Anche i testi delle canzoni contenevano riferimenti al satanismo.

I ragazzini si eccitarono per questi contenuti, ma quando qualcuno disse alla band che rischiavano di evocare qualche spirito maligno, cominciarono tutti a indossare al collo delle grandi croci. Non si poteva sapere, meglio proteggersi… Quelle croci divennero il simbolo di Ozzy e della band.

Nel disco successivo, il loro più grande successo, Paranoid, abbandonano certi riferimenti per concentrarsi sulle musiche, un rock blues poderoso e pesantissimo, tanto che verranno definiti inventori dell’heavy metal (anche se gruppi contemporanei come i Deep Purple e i Led Zeppelin stavano collaborando in questo senso). Anche i testi cambiano: War Pigs, ad esempio, mette sotto accusa il complesso industriale militare e le guerre, mentre la title track denuncia lo stordimento e la solitudine di un figlio della classe operaia, come erano loro, provenienti da una delle città più industriali e povere del Regno Unito.

A questo punto, per Ozzy comincia la caduta nell’alcol e nelle droghe, tanto che a fine decennio verrà cacciato dal suo stesso gruppo. Gli episodi degni di una commedia non si contano, come quella volta quando, durante un concerto, un fan gli lancia un pipistrello sul palco. Ozzy pensa sia un giocattolo di plastica e, volendo incarnare il suo ruolo di principe delle tenebre, lo morde strappandogli la testa. Il pipistrello, in realtà, era un animale vivo. Se la cavò con un vaccino antirabbico e l’antitetanica. Ma ormai Ozzy era l’incarnazione del demonio per tutti i fan. Un’altra volta decise di ricoprirsi completamente di vernice viola per fare colpo sul pubblico.

Peccato però che Ozzy ignorasse che si trattava di vernice indelebile: ci volle un giorno intero per ripulirsi completamente. Un’altra volta il parroco del loro paese andò a trovare la famiglia Osbourne. La prima moglie del cantante gli offrì una fetta di una torta che Ozzy aveva cucinato mettendoci dentro grandi dosi di hashish: il parroco svenne e dovettero riportarlo a casa, dove rimase stordito per tre giorni, senza fortunatamente ricordare nulla al suo risveglio. Infine, una sera, completamente ubriaco dopo un concerto, urinò su una macchina ferma nei parcheggi dell’arena. Non si era accorto che era un’auto della polizia e passò il resto della notte in cella.

Nonostante tutto questo, Ozzy è stato uno straordinario performer, quando riusciva a esibirsi naturalmente. Era un autentico figlio della classe operaia e adesso che non c’è più restano a suo epitaffio queste parole: “La gente mi chiede com’è che sono ancora vivo, e io non so cosa rispondere. Se da ragazzino mi avessero messo contro una parete coi miei coetanei del quartiere e mi avessero domandato chi di noi ce l’avrebbe fatta ad arrivare ai sessant’anni, chi di noi si sarebbe ritrovato con cinque figli e quattro nipoti e due case in California e nel Buckinghamshire, col c…zzo che avrei scommesso su di me.

Invece eccomi qua… Ogni singolo giorno della mia vita è stato un evento. Ho assunto miscele letali di alcol e droghe per trent’anni. Sono sopravvissuto a un tamponamento aereo, ai tentativi di suicidio per overdose, alle MST. Sono stato accusato di tentato omicidio. E ho pure rischiato di morire andando a sbattere con un quad a due all’ora. Non tutto è stato piacevole. Ho fatto delle brutte cose in vita mia. Sono sempre stato attratto dal lato oscuro. Ma non sono il demonio. Sono solo John – Ozzy – Osbourne: un ragazzino della classe operaia di Aston che ha lasciato il lavoro in fabbrica e ha cercato di spassarsela.”

Il suo ultimo concerto, con la presenza di tutta l’aristocrazia dell’hard rock, rimarrà nella memoria di tutti: per sette ore decine di artisti si sono esibiti in suo onore, fino a quando dal pavimento del palco è salito una specie di trono demoniaco, come se spuntasse dagli inferi. Sopra, con il suo ghigno inconfondibile, Ozzy che si è esibito con i suoi vecchi compagni dei Black Sabbath in un commovente tributo. Dal concerto, il cui ricavato sarebbe stato devoluto alle ricerche contro il morbo di Parkinson, sono stati ricavati 190 milioni di dollari di beneficenza. Mica male per un principe delle tenebre…