Nella diretta di questa sera del programma di Italia 1 Le Iene l’inviato Gaston Zama intratterrà una lunga ed intima conversazione con l’alpinista Paolo Cognetti che nel 2016 ci ha consegnato lo splendido libro ‘Le otto montagne’ che oltre ad aver ricevuto – l’anno successivo – il prestigioso Premio Strega è anche stato trasposto su pellicola da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch nel 2022: un racconto – quello di Paolo Cognetti a Gaston Zama – che oltre a concentrarsi sulla fama improvvisa capitata sulle spalle dell’alpinista, divaga anche nella sua intima profondità per rivelare una parte di sé che fino ad oggi non era mai stata raccontata a nessuno.
Partendo proprio dalla carriera, la prima cosa che Paolo Cognetti ci tiene a mettere in chiaro nella sua intervista alla trasmissione Le Iene è che attualmente è al lavoro “a qualcosa di nuovo” per il futuro che vada oltre quello che lui stesso definisce l’ormai “esaurito (..) ciclo della montagna”: il premio ricevuto nel 2017 – infatti – gli ha permesso di capire che “agli occhi del mondo ero uno scrittore” ed anche se il successo – confessa – “non è facile” perché passi in pochissimo tempo dall’essere “un tizio qua nella baita che si fa gli affari suoi” ad un che viene costantemente “fermato per strada e salutato da tutti”; quella è sicuramente la sua attuale strada.
Il TSO subito da Paolo Cognetti: “Legato a letto e trattato con siringoni che non mi dicevano cosa contenessero”
Tornando a quella difficile e buia pagina che non aveva mai raccontato a nessuno, l’alpinista Paolo Cognetti confessa che “ho subito un TSO per una grave depressione” che solamente in un secondo momento è stata ricollegata ad un “diagnosticato disturbo bipolare” che gli ha cambiato completamente la vita: ora – infatti – sa dare un nome vero a quell’alternarsi tra “fase maniacale e fase depressiva” che prova fin “da quanto ero ragazzo” e che – specialmente nella sua forma depressiva – gli ha dato non pochi problemi visto che in quei momenti “stai a letto, pensi a come suicidarti e che tutta la tua vita è stata inutile”.
Ma soffermandosi su quel terribile TSO subito all’inizio dell’estate Paolo Cognetti racconta che in ospedale venne “legato a un letto con delle cinghie” e gli venne “sparato un siringone nella coscia senza dirmi cosa fosse”: trattamenti che – dal conto suo – sono tutt’altro che legali e dai quali è stato salvato solamente “[da] mia sorella che mi ha portato via” permettendogli di risvegliarsi il giorno successivo “a casa mia” e non in quel letto d’ospedale.