Le mosse di Conte parlano chiaro: il suo obiettivo non è mettere a fattor comune M5s e Pd, ma sottrarre a Schlein a più voti possibili
Ma cosa ha in mente Giuseppe Conte? O, meglio: chi è il suo principale nemico? Perché le sue mosse politiche stanno mettendo sempre più in dubbio che il suo obiettivo sia quello di scalzare Giorgia Meloni da Palazzo Chigi. Anziché costruire un’alternativa al centrodestra, l’ex premier sembra infatti focalizzato sul sabotare ogni mossa di Elly Schlein.
C’è un rosario di episodi che lo indicano, ma l’ultimo può bastare: la richiesta di audire in parlamento l’ambasciatore russo a Roma è di quelle capaci di disarticolare il campo democratico, incuneandosi fra i pacifisti e i filo-europei. Troppe divisioni fra i dem, sull’Ucraina, soprattutto, ma anche sul piano di riarmo europeo, e ancora sul Medio Oriente.
Conte, che in casa grillina comanda incontrastato, non deve definire la linea politica con le correnti. Ha le mani libere, e può permettersi di essere molto più netto. Per di più non ha il fardello di doversi rapportare a scelte che pesano in campo europeo: il Pd non può allontanarsi troppo da quel che a Strasburgo decide il Pse.
Si badi bene: come ha giustamente obiettato Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore, quella del leader 5 Stelle è una strategia di corto respiro. Perché il sistema elettorale in vigore non indica alternative alla costruzione di un campo largo per essere competitivi con un centrodestra che a metà legislatura ha guadagnato cinque punti percentuali rispetto alle elezioni del settembre del 2022. Lo indicano le cifre di Youtrend: la coalizione di governo è passata dal 43 al 48%.
Per immaginare di essere competitivi, stante la presenza di un terzo dei seggi assegnata con i collegi uninominali, o il campo delle opposizioni è largo, anzi larghissimo, oppure l’esito è scontato. Quindi, o tutti contro Meloni, altrimenti Meloni vince facile.
Conte non può non sapere che i dati sono quelli citati. Se si muove in direzione ostinata e contraria è perché la costruzione dell’alternativa al centrodestra non è la sua attuale priorità. Dalle sue mosse emerge un disegno chiaro, anche se di corto respiro: rubare voti al Pd, evidenziandone debolezze e contraddizioni.
Non tragga in inganno la trattativa in corso per le prossime regionali, perché su questo terreno portare a casa la candidatura di Roberto Fico in Campania sarebbe un successo, anche se l’ex presidente della Camera per avere ragionevoli probabilità di vittoria dovrà passare sotto le forche caudine di una feroce trattativa di potere con i cacicchi locali, in primis quel Vincenzo De Luca furibondo per aversi vista preclusa la via verso il terzo mandato dalla Corte Costituzionale.
Se Fico vuole vincere deve spartire ogni seggiola, seggiolina e strapuntino. Non sarà facile, ma per Conte sarebbe un guadagno, dopo aver insediato la fedelissima Alessandra Todde sulla poltrona più alta della Sardegna.
In parlamento e davanti all’opinione pubblica la musica sarà ben diversa: mani libere di trattare con Landini, sposando le posizioni più estreme della Cgil, la sponda di Avs sui temi sociali, la sponda delle fazioni dentro il Pd, consapevole quella della sinistra interna, involontaria quella dei moderati, gentiloniani e affini, che remano apertamente contro Schlein.
Oggi nei sondaggi M5s vale più o meno la metà del Pd (12% contro il 22%, secondo l’ultima Supermedia Youtrend). Quindi le carte nell’ipotetico campo largo le dà il Nazareno. Ma erodere voti puntando sulle contraddizioni dei dem potrebbe rimettere in discussione questi equilibri.
A meno di contromisure da parte di Schlein e dei suoi fedelissimi, Conte sembra intenzionato a proseguire la sua offensiva contro la leadership della segretaria democratica. Farebbe di tutto per tornare a Palazzo Chigi, o quantomeno per sabotare chi ci spera. Se Pd e M5s fossero più vicini nei consensi, diverrebbe possibile chiedere una candidatura diversa, quel federatore di cui tanto si parla. Nello sceglierlo ogni voto si peserebbe, non si conterebbe, e quindi Schlein non potrebbe avere l’ultima parola, e di sicuro Conte dovrebbe archiviare le velleità di sfidare Schlein in prima persona. La sfida per la guida dell’opposizione è solo all’inizio, ma potrebbe essere terribilmente autodistruttiva.
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