L'UE avverte: entro giugno 2025 bisogna identificare i progetti del PNRR a rischio, la revisione della Politica di Coesione offre un'ultima opportunità

È iniziata la corsa contro il tempo per salvare i fondi del PNRR sui progetti incompiuti, con l’Europa che chiede risposte immediate: gli Stati membri e le regioni devono individuare, entro il giugno 2025, quali progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rischiano di non essere ultimati entro la fatidica scadenza dell’agosto 2026: un monito severo, una sveglia che suona forte nei corridoi della politica e dell’amministrazione pubblica, chiamati a una responsabilità enorme.



La Commissione europea, con la sua revisione di medio termine della Politica di Coesione, ha lanciato un appello chiaro, secondo cui ciò che non sarà realizzato nei tempi stabiliti potrebbe trovare una seconda opportunità grazie ai fondi della coesione, ma è necessario agire subito, senza esitazioni.

Si tratta di una mossa strategica che evidenzia un cambio di passo rispetto alla rigidità iniziale del PNRR, aprendo la strada a un utilizzo più flessibile e meno intransigente delle risorse, in un contesto economico, sociale, ambientale e geopolitico profondamente mutato rispetto a quanto stabilito nel 2021: ma quanto siamo davvero pronti a cogliere questa occasione?



Gli ostacoli burocratici, le lentezze amministrative e la frammentazione decisionale potrebbero rivelarsi nemici severi e implacabili, capaci di sabotare il recupero di risorse preziose; già nel dopoguerra l’Italia riuscì a rialzarsi con il Piano Marshall, utilizzando fondi in modo rapido e mirato, e oggi la sfida si presenta simile, pur se declinata in un’epoca iper-regolamentata e digitalizzata, in cui la velocità di esecuzione è spesso frenata dalla farraginosità e dalla lentezza delle procedure.

Fondi PNRR: l’ultima chance per non perdere miliardi di investimenti

Questa revisione della Politica di Coesione proposta da Bruxelles segna un punto di svolta: non si tratta solo di salvare progetti destinati al naufragio, ma di ripensare l’intero approccio alla gestione delle risorse europee, sventando il rischio concreto che miliardi di euro, già stanziati e assegnati, restino bloccati in un limbo di inefficienze, impedendo alla macchina economica di ricevere quell’impulso fondamentale per la crescita.



La flessibilità proposta dalla Commissione europea potrebbe essere la chiave per evitare il fallimento di molte iniziative cruciali, ma è necessario che gli attori coinvolti – governi, enti locali, imprese – dimostrino una capacità di adattamento e una rapidità di azione che fino ad oggi sono spesso mancate; se pensiamo alle grandi trasformazioni storiche, come la costruzione delle infrastrutture italiane negli anni del boom economico, vediamo che quando c’è una visione chiara e una determinazione politica forte, i risultati arrivano, e senza troppi intoppi.

Ma il tempo stringe, e il rischio di ritrovarsi a dover restituire somme ingenti all’Europa non è un’ipotesi remota, ma uno spettro che aleggia minaccioso sulle istituzioni nazionali, e su questa possibilità Raffaele Fitto, nel presentare la revisione, ha sottolineato la necessità di un allineamento tra le priorità di investimento e il nuovo contesto globale, una dichiarazione che suona come un avvertimento.

Se non cambiamo mentalità e modus operandi, ci ritroveremo con opere incomplete, promesse disattese e una crescita zoppa e deficitaria. La possibilità di utilizzare i fondi della coesione per recuperare i progetti in difficoltà è una ciambella di salvataggio, ma bisogna afferrarla con velocità e determinazione, prima che il mare delle scadenze la trascini via, insieme a miliardi di soldi investiti.