Gli italiani sono ancora frastornati dalla lugubre messa in scena di Acca Larenzia con centinaia di fascisti che si esibiscono nel saluto romano ed ecco, di rimando, arrivare le polemiche sul calendario dell’esercito del 2024, che reca in copertina la scritta “Per l’Italia sempre. Prima e dopo l’8 settembre 1943”.
Cercando di essere obiettivi vediamo cosa contesta il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo. “Prendiamo atto che c’è una minoranza filofascista che vuole riscrivere la storia d’Italia. Si tratta di un atto che nasconde una doppia operazione politica. Da una parte si vuole rappresentare una continuità istituzionale quando invece c’è stata una rottura radicale tra il regime fascista e la repubblica antifascista. Ovviamente nessuno dimentica i soldati, anzi. Nessuno dimentica che sono stati mandati allo sbaraglio anche l’8 settembre quando il Re è andato a Brindisi. Una cosa però sono i soldati e una cosa è l’istituzione dell’Esercito. Non dobbiamo dimenticare i generali criminali di guerra mai processati, o se processati, mai condannati o se condannati mai andati in galera. Da un altro lato si mette sullo stesso piano il nuovo esercito italiano con l’esercito di Salò”.
Dove Pagliarulo veda quest’ultimo parallelo non è chiaro. Nel calendario, ad ogni mese, un ritratto di un militare, decorato con la medaglia d’oro nel periodo che va dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945. Sono tutti militari che avevano combattuto con onore sui diversi fronti, dalla Grecia all’Africa settentrionale, dalla Jugoslavia alla Russia e che, dopo l’armistizio, scelsero immediatamente di combattere contro l’occupante tedesco e, successivamente, contro i collaborazionisti della Repubblica Sociale. Sono vent’anni che studio le motivazioni delle Movm (Medaglie d’oro al valor militare). Ebbene il signor Pagliarulo dovrebbe accettare un dato: che prima che esistessero delle formazioni partigiane, le forze armate italiane avevano già avuto 20mila morti combattendo contro i tedeschi dal settembre al novembre del 1943 con 79 Movm. Durante la Resistenza furono decorati 599 tra uomini e donne. Di essi ben 297 avevano partecipato alla seconda guerra mondiale. Di questi, 13 erano stati volontari in Spagna e 23 in Africa orientale durante l’invasione dell’Etiopia.
Per cui la domanda a Pagliarulo è: chi ha fatto la Resistenza? Solo i civili, solo i comunisti, solo gli antifascisti? Quale presa aveva l’antifascismo nei napoletani che combatterono contro i tedeschi durante le Quattro Giornate? Quale antifascismo vi era nel generale Ferrante Gonzaga che si fece ammazzare la sera dell’8 settembre1943? Quale nel tenente Rosso che si fece saltare in aria la notte del 9 settembre? Ciò che dobbiamo cercare di capire è che la Resistenza è nata per puro patriottismo per la difesa “pro aris et focis” contro un’occupazione tedesca che fu brutale e sanguinaria fin dall’inizio. E che i fascisti di Salò abbiano dato man forte all’occupante è un dato che non viene mai preso in considerazione dai nostalgici di Acca Larentia e simili, mentre i comunisti di allora collaboravano anche con chi non la pensava come loro.
La riprova di ciò è che un uomo come Giorgio Amendola (della cui statura morale tutti sentiamo la mancanza) lavorò con Giuseppe Cordero di Montezemolo, volontario coi franchisti, torturato selvaggiamente in via Tasso e trucidato alle Fosse Ardeatine. La riprova, qualora Pagliarulo abbia crisi di memoria, è che due presidenti della Repubblica come Ciampi e Napolitano hanno sempre ricordato la battaglia di El Alamein. Per cui si può dire che sì, è vero, è giunto il momento di riscrivere la storia d’Italia, partendo dall’amore verso la madrepatria, includendo tutti coloro che hanno lottato per essa: e sarà questo bene superiore a estinguere il virus del neofascismo che proprio l’Anpi, con la sua politica miope e settaria, ha contribuito a far risorgere in questi ottant’anni.
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