La leadership di Matteo Salvini è a un punto di svolta. Non perché traballi la poltrona del Viminale, e nemmeno quella della segreteria della Lega. Ma è comunque a via Bellerio che si sta giocando una partita difficile per il vicepremier quanto poco conosciuta. Il ministro che ben conosce il fuoco amico, visto che non perde occasione per prendersela contro gli ex alleati (Forza Italia e Fratelli d’Italia), ora sta conoscendo un altro tipo di contestazione interna. È quella che gli viene dal Nord e dai governatori di Lombardia e Veneto. Attilio Fontana e Luca Zaia sono in continuo contatto con il territorio, hanno il polso della gente e sono convinti che la presenza della Lega al governo sia sempre più sconsigliabile. E un altro uomo del Nord, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, è con loro.
L’altra sera, a una cena nella casa romana di Salvini, hanno provato a fare pressing sul leader. I rapporti con gli alleati dei 5 Stelle sono quelli che sono e i programmi leghisti stentano a fare passi avanti, dai cantieri delle opere pubbliche alla flat tax fino all’autonomia regionale. Ma il vero incubo è la situazione dell’economia. Tra un mese e mezzo il governo Conte compirà un anno e i numeri dicono crescita zero, recessione, Paese bloccato e debito pubblico in rapida crescita. Tutto l’opposto di quello che era stato promesso in campagna elettorale e ribadito quando è stata varata la manovra.
Il governo del cambiamento immobile in questo momento non teme agguati. Alla vigilia del voto nessuno pensa di mandare all’aria l’esecutivo. I grillini temono la fine prematura della legislatura, e con essa la fine della loro avventura parlamentare. Le opposizioni, a sinistra come nel centrodestra, hanno bisogno di tempo per riorganizzarsi. Salvini stesso spergiura che lui con Berlusconi non tornerà più. Questa somma di debolezze rappresenta la forza di Conte.
Ma i leghisti del Nord premono invece perché il Capitano stacchi la spina di questa esperienza che sta mettendo a rischio la fiducia che i loro elettori hanno concesso a Salvini, e che probabilmente gli confermeranno alle urne europee. Ma sarà l’ultima volta, se non cambierà qualcosa. Se il ministro dell’Interno prendesse tutti in contropiede, il quadro politico si muoverebbe all’interno dello schema esistente. Ma se attendesse altro tempo, potrebbe prendere corpo un quadro totalmente nuovo, con una scomposizione delle forze attuali e sullo sfondo un governo del presidente affidato a Mario Draghi. Stretto fra la morsa dell’economia, le pressioni dei grillini e le richieste dei suoi colonnelli del Nord, Salvini ha chiesto di aspettare l’esito del voto europeo di fine maggio. Soltanto dopo che l’esecutivo avrà spento la prima candelina si potrà valutare se sarà anche l’ultima.
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