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Home » Esteri » POST–IT/ Quella proposta (interessante) di “sciopero” per la Giornata della Memoria

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POST–IT/ Quella proposta (interessante) di “sciopero” per la Giornata della Memoria

Nicola Berti
Pubblicato 24 Gennaio 2025
Campo di concentramento Auschwitz

L'ingresso del Campo di sterminio di Auschwitz (Ansa)

Pigi Battista ha osservato che la Giornata della Memoria (27 gennaio) è una “scommessa culturale perduta” e che varrebbe la pena non osservarla

Sulla prima pagina del Foglio, ieri, Pierluigi Battista ha proposto di “disertare” la Giornata della Memoria “perché è una scommessa culturale perduta” e insistervi sarebbe “ipocrisia”. Battista non è israelita, mentre la testata fondata da Giuliano Ferrara è in questo momento la più schierata fra i media italiani nella difesa di Israele, del governo Netanyahu, della reazione militare all’attacco di Hamas; e nella denuncia del ritorno dell’antisemitismo in Europa.


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Dopo il 7 ottobre 2023, annota Battista, “Il Giorno della Memoria ha smarrito il suo significato, è diventato stanco rituale, ma soprattutto esibizione di un’ipocrisia insopportabile”. Quando fu istituito nel 2000, “doveva essere il ‘mai più’; mai più Auschwitz, mai più orrori contro gli ebrei, mai più persecuzione antisemite”. Ora invece il “mai più” sta diventando “ancora una volta” – persecuzioni, agguati, assalti alle sinagoghe – “senza un sussulto di troppo vasti settori della cultura democratica”. Una denuncia dura, accompagnata da una proposta sicuramente realistica e incisiva nella lettura dell’attualità politico-culturale: geopolitica, europea e italiana.


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Fra tre giorni la sospensione della “Giornata della Memoria” si configurerebbe quindi come una sorta di “sciopero di protesta” da parte della comunità ebraica contro le contestazioni sempre più intense a Israele per la guerra di Gaza (che ha prodotto 1.200 morti israeliani e 46mila palestinesi). Le manifestazioni di piazza – spesso violente – che hanno punteggiato anche l’Italia negli ultimi 15 mesi promettono infatti di ripetersi lunedì, soprattutto ad opera delle forze della sinistra tradizionale e antagonista.

Per Israele e la comunità ebraica internazionale continua d’altronde a valere un’equazione stretta e indiscutibile: l’antisionismo (perché tale sarebbe anche negare a Israele il diritto di difendersi a Gaza, nei territori cisgiordani, nel Libano e nella Siria meridionali) è una specifica forma di antisemitismo, paragonabile quindi alla negazione della Shoah come male assoluto della storia.


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Lo “sciopero della Memoria” – par di capire con la cancellazione di tutte le manifestazioni ufficiali in ricordo della liberazione di Auschwitz – avrebbe l’effetto sicuro e immediato di neutralizzare preventivamente ogni corteo anti-israeliano, spegnendo sul nascere tutti i rischi di ordine pubblico. Oltre il 27 gennaio, invece, è forse intuibile un tentativo più strutturato, su tutti i piani politici.

È indubbio che – se la tregua appena raggiunta a Gaza si consoliderà – si vada aprendo una fase nuova nelle relazioni geopolitiche di Israele: a maggior ragione all’avvio della presidenza Trump in Usa, in sé terremoto geopolitico globale. E Gerusalemme per prima – con attorno la vasta comunità della diaspora – mostra di essere consapevole di come il network di rapporti israeliani/ebraici con il “resto del mondo” – in una storia tutt’altro che giunta alla sua fine – vada riesaminato da cima a fondo e ricostruito a vasto raggio.

Il virtuale “auto-azzeramento” della Giornata della Memoria appare evidentemente un passo utile – forse necessario – per pilotare un chiarimento: per re-identificare ex novo in ciascun Paese gli amici veri su cui Israele e gli ebrei possono oggi contare; e chi invece si è mostrato troppo poco solido e affidabile (“ipocrita”) per poterne ricevere l’omaggio nella Memoria dell’Olocausto. E per poter essere un futuro interlocutore di Israele e degli israeliti nel mondo.

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Tags: Donald TrumpBenjamin Netanyahu

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