Referendum 2025: se si raggiunge il quorum, i Sì vincenti abrogano leggi subito. Senza quorum, risultati nulli e blocco per 5 anni di quesiti identici

Quorum Referendum 2025: i tre ostacoli

La corsa al quorum del 50%+1 ai referendum abrogativi 2025 si scontra con tre ostacoli prinicipali: primo fra tutti, la tendenza ormai piuttosto consolidata all’astensionismo (basti pensare che alle politiche del 2022 votò appena il 64% degli aventi diritto, percentuale scesa ulteriormente al 48% per le europee del 2024); dati che suggeriscono una proiezione di affluenza referendaria intorno al 30-38%, ben lontana dal traguardo necessario.



A questa disaffezione generalizzata si aggiunge il ruolo degli italiani all’estero, che costituiscono il 9% del corpo elettorale (circa 4,7 milioni di iscritti), ma che partecipano raramente in massa e la loro affluenza si attesta solitamente sotto il 23%, influenzando negativamente il dato nazionale; terzo elemento critico, la strategia di astensione promossa dalle forze di maggioranza – Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia – che rappresentano circa metà dell’elettorato e stanno replicando lo schema già collaudato nel 2022, quando il referendum sulla giustizia si arenò con uno scarso 21% di partecipazione.



La combinazione di questi fattori – astensionismo cronico, incidenza estera sfavorevole e boicottaggio istituzionale – pone un serio ostacolo al raggiungimento del quorum e inoltre, la situazione è ancor di più complicata dalla complessità tecnica dei quesiti, che toccano temi giuridico-sociali non immediatamente accessibili (dal diritto del lavoro alla cittadinanza), oltre che dalla frammentazione politica tra le opposizioni. Il risultato è quindi una corsa in salita, nonostante le oltre 4,5 milioni di firme raccolte dai promotori.

Quorum Referendum 2025: scenari post-voto tra rivoluzioni giuridiche e cortocircuiti istituzionali

Nel caso – difficile ma non impossibile – in cui il quorum venga superato, ciascun quesito che ottenga la maggioranza di “Sì” avrà effetti giuridici immediati e definitivi e le norme interessate verrebbero abrogate il giorno successivo alla proclamazione ufficiale dei risultati da parte della Corte di Cassazione, non sarebbero necessari decreti attuativi né approvazioni parlamentari; ad esempio, il nuovo limite di 5 anni per la cittadinanza diventerebbe automaticamente operativo per tutte le future richieste, ma, al contrario, se un quesito venisse respinto con prevalenza di “No”, le norme esistenti resterebbero pienamente in vigore.



Qualora invece il quorum non venisse raggiunto, l’intera consultazione perderebbe ogni validità, a prescindere dalle preferenze espresse nelle urne e in questo scenario si aprirebbe un doppio cortocircuito: da un lato, l’annullamento formale delle consultazioni referendarie priverebbe di effetti concreti anche i quesiti che avessero ottenuto la maggioranza dei voti favorevoli, dall’altro, scatterebbe il divieto di proporre quesiti identici per i successivi cinque anni.

Ciò obbligherebbe i promotori dei quesiti a riformulare completamente le proposte oppure a spostare il confronto in Parlamento, un’ipotesi tutt’altro che agevole, considerata la netta opposizione della maggioranza di centrodestra a qualsiasi modifica sui temi oggetto del referendum.