L’attacco dell’IDF all’ospedale Nasser a Gaza ha causato un’altra strage. Le scelte di Israele non pagano ma Netanyahu insiste. Dov’è Trump?

Per un attimo oggi ho sperato che a Gaza si vivesse un miracolo, e cioè che, alla notizia dell’attacco israeliano all’Ospedale Nasser con la morte di oltre 20 civili di cui 5 giornalisti, Israele si fermasse per un attimo, e rendendosi conto dell’enormità del fatto, annunciasse una tregua. Purtroppo non è stato così, tutto è continuato come prima.



Eppure il mio pensiero era andato al 5 febbraio 1994, quando, in un attacco serbo al mercato di Markale, a Sarajevo, rimasero uccise 68 persone e 142 rimasero ferite. Quell’eccidio di febbraio svegliò il mondo e cominciarono serie trattative di pace.

Ad oggi non si è ancora sicuri di chi effettivamente sparò a Sarajevo, perché i proiettili venivano da un’area controllata sia dalle forze serbe che musulmano-bosniache, ma di fatto tutti capirono che la misura era colma e non si sarebbe più potuto continuare così.



Quel massacro fu solo la strage più rilevante, durante un assedio alla città (qualcuno lo ricorda ancora?) durato – tra il 1992 e il 1996 – ben 1.425 giorni, provocando secondo i dati ufficiali 11.541 morti di cui 1.601 bambini e 61.136 feriti di cui 14.947 bambini. Numeri atroci, eppure ben inferiori a quelli di Gaza, dove i morti superano i 50mila ed i feriti sono un numero incalcolabile.

Un assedio, quello di Gaza, attuato da Israele dopo l’eccidio di Hamas, nel quale sono morti circa 1.300 israeliani, i rapiti sono stati centinaia di cui forse una cinquantina ancora superstiti; ma non sono solo i numeri che fanno orrore, quanto la consapevolezza che la situazione appaia senza uscita.



Si parla di invasione armata di Gaza e in mezzo ci sono centinaia di migliaia di persone sicuramente innocenti, così come quelli che cercavano qualcosa da mangiare al mercato di Sarajevo.

Guerra Israele-Hamas nella Striscia di Gaza (ANSA-EPA 2025)

Adesso però il mondo non può più limitarsi alla conta dei morti. Deve reagire, facendo capire a Israele che questa politica non paga, non risolve il problema, non fa rilasciare gli ostaggi, genera solo odio e violenza per anni e per generazioni.

Questo è il punto che molti israeliani cominciano a capire: uno stato di guerra continua non regge, non può proseguire in questi termini. È il senso non solo di tante dichiarazioni dei vari organismi internazionali, ma delle decisioni concrete che a questo punto devono prendere anche i governi occidentali, in primis gli USA, senza l’aiuto dei quali Israele non potrebbe continuare a lungo la guerra.

Non c’entrano nulla l’antisemitismo, le leggi di guerra, il diritto di rappresaglia: qui è in gioco l’essenza della vita umana che nessuno può avere il diritto di calpestare, qualsiasi siano le motivazioni.

Se i tedeschi erano criminali perché in guerra per rappresaglia massacravano in proporzione di 10 a uno, non può sfuggire che il rapporto a Gaza è ora di 30, 40 a uno per ogni caduto israeliano del 7 ottobre.

Ma è subito evidente che non è solo una questione di numeri. Israele non può pensare di poter difendere la propria sicurezza in futuro solo con questi metodi, quando ha intorno decine di milioni di arabi e musulmani che la vogliono distruggere e che aumentano ogni giorno il proprio odio verso lo Stato ebraico proprio per l’atrocità di queste rappresaglie.

Non esiste che si colpiscano ospedali e campi-profughi, nemmeno nell’ipotesi che ospitino seguaci di Hamas. Troppo alto è il rischio – come avviene – di colpire innocenti in modo indiscriminato.

Anche gli amici di Israele sono nella totale difficoltà a difendere il punto di vista di Gerusalemme, così come forse lo sono ormai la maggioranza degli stessi israeliani, stretti in una spirale di violenza assurda che potrebbe portare verso l’annientamento dello Stato ebraico.

Oggi gli USA e l’Europa devono insomma avere il coraggio di prendere decisioni univoche e chiare, fermando le forniture di armi o almeno minacciando di farlo, altrimenti la situazione continuerà a peggiorare e – oltre ai palestinesi – i primi a soffrirne saranno proprio gli israeliani.

Chissà che quest’ennesima strage non apra gli occhi all’Occidente, finalmente unito in una posizione ferma e solidale di censura nei confronti di Netanyahu. Che è un leader politico, ma forse non rappresenta più nemmeno la maggioranza del popolo israeliano.

(marco.zacchera@libero.it)

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