RIFORMA DELLE PENSIONI. Se noi italiani, quando si affronta il tema della riforma pensioni, fossimo un po’ più seri e intellettualmente onesti, quest’anno il rapporto “Pensions at a glance” dell’Ocse avremmo potuto scriverlo da soli, perché siamo ben consapevoli dei problemi – aggravati – del sistema previdenziale, solo che non siamo in grado di risolverli, perché non vogliamo farlo.
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Ricapitoliamo insieme le osservazioni dell’Organizzazione dei Paesi più sviluppati. Innanzitutto la nostra spesa pensionistica (il 15,4% sul Pil) è una delle più alte dell’Ue. Qualche bello spirito sostiene che questo dato è sopravvalutato perché incorpora anche l’assistenza. Ma questa teoria, tanto diffusa in Italia, non è ritenuta valida in Europa perché nessun Paese è autorizzato a farsi le statistiche per conto suo, ma secondo i criteri decisi insieme nell’ambito di Eurostat. Poi è troppo ovvia l’obiezione: la spesa pensionistica è quella che è, ancorché sia finanziata in parte dai contributi e in parte dai trasferimenti del bilancio dello Stato, con risorse tratte dalla fiscalità generale, che non possono essere sterilizzate per imbrogliare i conti.
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L’altra osservazione riguarda il paradosso italiano: abbiamo le regole più severe sull’età pensionabile, ma l’età effettiva media alla decorrenza del pensionamento non arriva a 62 (61,8) anni. E a questo punto l’Ocse si smarrisce nel descrivere le uscite di sicurezza che trasformano il sistema in un colabrodo (pensione anticipata ordinaria, Opzione donna, quarantunisti/precoci, quotacentisti, usurati e disagiati, Ape sociale). A leggere il documento si ha però l’impressione che l’Ocse non comprenda del tutto l’incidenza che ha il pacchetto dell’anticipo nel sistema pensionistico italiano. Tutti i Paesi prevedono nei loro ordinamenti dei percorsi di anticipo, solitamente disincentivati economici. Noi siamo “più uguali degli altri”, in quanto i pensionati che hanno anticipato il pensionamento sono 6,5 milioni contro 4,2 milioni che percepiscono il trattamento di vecchiaia, che è considerato nell’Ue la “normalità”. In sostanza siamo coloro che ostentano regole più severe (di cui sono costretti ad avvalersi i settori deboli del mercato del lavoro e soprattutto le donne), mentre quella che altrove è l’eccezione da noi è divenuta di fatto la regola prevalente.
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L’Italia, poi, – sottolinea il rapporto 2021 – figura anche tra i sette Paesi dell’Ocse che collegano l’età pensionabile prevista per legge alla speranza di vita, al duplice scopo di salvaguardare i conti pubblici e di evitare che le persone vadano in pensione troppo presto con pensioni troppo basse; ciò attraverso la promozione con politiche adeguate dell’occupazione in età più avanzata. In Italia, il requisito della futura età pensionabile “normale” è tra i più elevati con 71 anni di età, come la Danimarca (74 anni), l’Estonia (71 anni) e i Paesi Bassi (71 anni), contro una media Ocse di 66 anni per la generazione che accede adesso al mercato del lavoro. In Italia e in questi altri Paesi, tutti i miglioramenti dell’aspettativa di vita vengono automaticamente integrati all’età pensionabile. Che bravi! Siamo stati i primi a varare, già nel 2010, una norma siffatta, una sorta di “stabilizzator” automatico dell’età pensionabile in relazione all’incremento dell’aspettativa di vita. Il fatto è che questo virtuoso meccanismo di fatto è sospeso: il requisito contributivo del trattamento anticipato è bloccato a 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le lavoratrici) fino a tutto il 2026, mentre l’età pensionabile di vecchiaia resterà fissa a 67 anni fino a tutto il 2024.
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Poi con tono un po’ sconsolato il rapporto ricorda quanto è avvenuto negli ultimi anni di follia. “Quota 100 ha permesso di andare in pensione a 62 anni, vale a dire in anticipo di cinque anni rispetto all’età pensionabile prevista dalla legge (si noti che secondo l’Ocse sarebbe questa la ‘normalità’ mentre da noi è l’anticipo, ndr) avendo versato 38 anni di contributi, senza adeguare completamente le prestazioni in modo attuariale. In base dell’accordo dell’ottobre 2021 con le parti sociali (che in realtà non c’è stato e al suo posto è venuto persino lo sciopero generale, ndr), questa opzione di pensionamento anticipato dovrebbe essere prolungata per il 2022, elevando tuttavia il requisito dell’età a 64 anni (Quota 102)”. L’uso del condizionale è significativo.
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