Serve un nuovo modello di integrazione economica europea, anche nel settore dell'asset management

Negli ultimi mesi, gli equilibri geopolitici globali si sono ridefiniti con una velocità sorprendente. Mentre Stati Uniti e Cina consolidano le loro posizioni dominanti e potenze emergenti come India e Brasile avanzano, l’Europa rischia di scivolare ai margini della competizione economica mondiale. Il Vecchio continente, diviso e frammentato, fatica a imporre una visione unitaria e una strategia coerente. Per sopravvivere, l’Europa deve agire come un’unica potenza economica.



La frammentazione europea

Per troppo tempo l’Unione europea ha esitato, impantanandosi in sterili dibattiti sulle differenze nazionali. Oggi, questa prospettiva è decisamente anacronistica.

Singole economie nazionali, per quanto forti, non possono competere con colossi globali che controllano capitali enormi e dettano le regole del gioco. La Germania, la Francia o l’Italia, prese singolarmente, non potranno mai rivaleggiare con le strategie finanziarie di Wall Street, la potenza manifatturiera cinese o il dominio delle materie prime russe. La frammentazione è un lusso che l’Europa non può più permettersi.



Il rischio di rimanere marginali

Nel frattempo, il mondo non aspetta. Gli Stati Uniti, grazie alla forza del dollaro e al controllo dei mercati finanziari, continuano a dettare legge. La Cina espande la sua influenza attraverso strategie aggressive di investimento e una produzione industriale senza rivali. La Russia e le economie emergenti puntano su energia e materie prime per consolidare il proprio potere. E l’Europa?

L’Ue si trova in una posizione di debolezza strutturale, con un mercato del capitale insufficiente, aziende incapaci di competere su scala globale e un’integrazione economica che procede a passo di lumaca. Un esempio eclatante è il settore dell’asset management: negli Stati Uniti, i primi tre gestori finanziari controllano attivi per 23 trilioni di euro, mentre i primi tre europei si fermano a 7 trilioni. L’industria del risparmio gestito, cruciale per lo sviluppo economico e il benessere dei cittadini, in Europa è sottodimensionata e frammentata. La differenza di scala è evidente.



Un’Europa economica compatta

Se l’Europa vuole sopravvivere nel nuovo ordine, dunque, deve cambiare paradigma. Le aziende europee devono consolidarsi per competere con i giganti americani e asiatici. L’accordo tra Generali e Bpce, che ha creato una piattaforma di asset management da 1,9 trilioni di euro, è ad esempio un primo passo.

E nel mentre l’Unione deve accelerare l’integrazione dei mercati dei capitali, creando un grande bacino di risparmio comune che favorisca l’investimento in innovazione e tecnologia. Attualmente, il mercato azionario Ue è il 68% del Pil, mentre negli Usa è al 170%. Uno svantaggio enorme che si ripercuote su ogni settore strategico.

Il Vecchio continente ha una posizione forte nella ricerca, ma non riesce a tradurre questa conoscenza in leadership industriale. Gli Usa vantano quattro dei primi dieci hub di innovazione mondiale, la Cina tre. L’Europa nessuno. Senza un piano chiaro di finanziamenti e alleanze strategiche intraeuropee, il divario si allargherà ulteriormente, rendendo impossibile la creazione di un’industria tecnologica europea in grado di competere su scala globale.

O si cambia o si perde

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l’Europa ha rappresentato una delle più grandi esperienze di integrazione economica e politica della storia. Ma oggi non basta più. O si evolve in una vera potenza economica, capace di parlare con una sola voce e di muoversi con decisione sui mercati globali, oppure sarà destinata a diventare un’area periferica, subalterna agli interessi di Washington, Pechino e Mosca. Per questo l’integrazione economica europea non è più un’opzione. È l’unico modo per non scomparire.

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