SOS CARCERE/ Il Garante: Regina Coeli super affollato? Così i disagi non potranno che aumentare…

- int. Angiolo Marroni

Nel carcere di Regina Coeli a Roma ci sono attualmente 1200 detenuti, quando al massimo potrebbe ospitarne 700, e le condizioni di vita sono disumane. Ne abbiamo parlato con ANGIOLO MARRONI

reginacoelir400 Il carcere di Regina Coeli (Foto Ansa)

Roma. Il carcere di Regina Coeli, struttura realizzata nel 1600, non è ormai più in grado di garantire accettabili standard di carcerazione, e da pochi giorni è stato lanciato un nuovo allarme sovraffollamento.  Attualmente i detenuti sono oltre 1200, ma il carcere può ospitarne al massimo 700: l’ora d’aria è stata ridotta a venti minuti, qualcuno dorme su dei materassi gettati per terra e in alcuni casi si può contare su un solo rotolo di carta igienica al mese fornito dall’amministrazione penitenziaria. I detenuti sono spesso costretti a dormire in sei o in otto in celle che ne possono contenere al massimo tre, non possono cucinare, non hanno momenti di socialità, mangiano sul letto sotto al quale tengono i loro oggetti personali e indumenti per non affollare ulteriormente le celle. Un altro grande problema derivante dal sovraffollamento è la situazione igienico-sanitaria, sempre più preoccupante: i medici fanno infatti sapere che c’è il rischio di epidemie con malattie contagiose come scabbia o tubercolosi. Poche ore fa il Consiglio regionale del Lazio, al termine della terza seduta straordinaria dedicata alla situazione delle carceri, ha approvato a maggioranza una mozione che impegna il presidente Renata Polverini e la Giunta a inviare sollecitazione ai presidenti di Camera e Senato affinché a loro volta favoriscano l’immediata calendarizzazione di provvedimenti diretti a ridurre il sovraffollamento che sempre più mette a rischio i diritti umani dei detenuti. Inoltre la mozione impegna il presidente e la Giunta a trovare immediatamente una soluzione logistica e alloggiativa utile a portare fuori dall’ambiente carcerario i bambini sotto i tre anni ivi reclusi, a prevedere un Piano di sostegno per favorire l’affidamento terapeutico dei tossicodipendenti, anche minori, presso comunità esterne, a dare piena attuazione alla legge regionale n.7 del 2006 e a tutte le disposizioni riguardanti le condizioni di vita penitenziaria, programmando interventi di formazione professionale all’interno delle carceri e a prevedere un Fondo eccezionale di solidarietà per i diritti fondamentali dei detenuti dimittendi. E ancora: a sollecitare il Governo affinché ponga in essere tutte le azioni necessarie ad assicurare al personale penitenziario condizioni di lavoro rispettose dei loro diritti di lavoratori, in particolare attraverso la coperture delle posizioni vacanti in tutte le piante organiche, a intervenire sul ministro di Giustizia affinché tutti i fondi della Cassa delle Ammende siano utilizzati per la realizzazioni di progetti di inserimento a favore delle persone detenute e a garantire la funzionalità di case alloggio, case famiglia e comunità terapeutiche, incrementandone ulteriormente la presenza sul territorio. Il documento è stato sottoscritto anche da molti esponenti della maggioranza di centrodestra, in primis la consigliera Isabella Rauti. In particolare, il capogruppo vicario del Pdl, Carlo De Romanis, nella prima seduta dedicata all’argomento aveva concesso libertà di voto. Nettamente contrario al provvedimento il gruppo La Destra. Sulla mozione, la Giunta ha deciso di rimettersi alla volontà dell’aula. Nel corso del dibattito, è stato ascoltato anche il Garante dei detenuti, Angiolo Marroni, che IlSussidiario.net ha intervistato: «Regina Coeli in linea generale non rappresenta un’eccezione rispetto tutto il sistema penitenziario regionale e direi anche nazionale. Dappertutto ci sono più detenuti di quelli previsti dai regolamenti, e quindi ci ritroviamo con un affollamento che produce disagi sanitari, esistenziali e di ogni genere a chi è detenuto. Questa situazione è precipitata, crescendo continuamente da quando venne introdotto l’indulto, perché tutte le leggi che si sono susseguite, più quelle preesistenti, hanno contribuito a fare del carcere l’unica vera pena, quella primaria. Con queste leggi, quindi, per un qualsiasi comportamento che violi in qualche modo le leggi si finisce in carcere, e aggiungendo la clandestinità, la recidiva e così via, si è arrivati a delle carceri affollatissime che non possono che peggiorare.

La nostra Costituzione dice chiaramente che il carcere non è solo un luogo di pena, ma deve anche essere utile a reinserire la persona detenuta. Ecco, questa seconda parte in un carcere affollato si perde, quindi la detenzione diventa soltanto una pena, e niente di più. Se poi c’è anche carenza di personale, di polizia, di educatori, di psicologi e perfino di direttori, come accade nel Lazio, è chiaro che siamo in una situazione disastrosa. Se il carcere non è un’occasione per ripensare alle proprie responsabilità, in una politica di cultura e socializzazione, è soltanto punizione che inasprisce le persone e in qualche modo le incattivisce, facendole soffrire anche di più. Questa sofferenza può portare poi a suicidi, autolesioni e problemi di salute». Il Garante Angiolo Marroni ci spiega poi che «Regina Coeli è un carcere vecchio, una struttura antica che ha costantemente bisogno di manutenzioni costosissime. Se poi alcune sezioni sono chiuse e le restanti vengono sovraffollate, la situazione è invivibile». Ma allora come risolvere questa drammatica situazione? «Non è facile rispondere. – commenta Marroni – La vera necessità è quella di cambiare le norme che portano le persone in carcere, affrontando per esempio la questione dei tossicodipendenti che potrebbero essere indirizzati verso comunità terapeutiche, o permettere a chi si macchia di reati minori di espiare le proprie colpe attraverso gli arresti domiciliari o con lavori socialmente utili». Riguardo alla mozione approvata da poche ore, Marroni è convinto che sia «piuttosto importante e significativa, ma resta comunque una mozione e non una legge, quindi si tratta essenzialmente di un invito a fare qualcosa. E’ comunque un passo avanti per risolvere i problemi di questi detenuti che vedono i propri diritti umani non a rischio, ma purtroppo già violati».  

 

(Claudio Perlini)







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