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Home » Cronaca » ROMAGNA ALLAGATA/ “Ciclone nordafricano, nutrie e incuria degli argini: ecco la ricetta del disastro”

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ROMAGNA ALLAGATA/ “Ciclone nordafricano, nutrie e incuria degli argini: ecco la ricetta del disastro”

Marco Tedesco, int. Vincenzo Levizzani, int. Franco Guzzetti, int. Marco Mancini
Pubblicato 17 Maggio 2023
A Faenza (LaPresse)

A Faenza (LaPresse)

Romagna sott'acqua. Sezioni idrauliche dei fiumi ridotte, argini indeboliti da vegetazione e nutrie: ecco i motivi delle esondazioni. E non ci sono soldi per la manutenzione

Mancano i finanziamenti per la manutenzione. E gli argini che non vengono controllati non riescono più a resistere. Se a questo si aggiunge che spesso per incuria, vegetazione spontanea, dimensioni, l’alveo e gli argini di fiumi e canali non sono in grado di contenere l’acqua che si riversa improvvisa e in eccesso, ecco che l’esondazione è servita. Le immagini di ieri e oggi mostrano molte località della Romagna e dell’Emilia invase dall’acqua e riportano d’attualità i problemi del nostro sistema idrogeologico.


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Le piogge di questi giorni in realtà sono tipiche della primavera, anche se probabilmente l’aumento di intensità dei fenomeni atmosferici le ha rese più copiose del solito. Ma il vero problema resta la cura dei corsi d’acqua e di tutto ciò che può aiutare a contenerli.

“Le precipitazioni  di queste ore – dice Vincenzo Levizzani, dirigente di ricerca dell’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del Clima del Cnr di Bologna – dipendono da un ciclone che viene dal Nordafrica, che è passato sul Centro Italia e poi transitato nella zona delle Marche e dell’Emilia-Romagna. Da un punto di vista generale si tratta di piogge primaverili, non sono mai state una rarità. Di per sé non sono fenomeni strani”. Certo per spiegare la quantità delle precipitazioni il riferimento ai cambiamenti climatici è d’obbligo, anche se non è detto che sia proprio questa la spiegazione. “La pistola fumante non c’è – continua Levizzani – però c’è la possibilità che le precipitazioni si siano intensificate per questo. L’anno scorso a maggio c’era un caldo notevole, sembrava piena estate. Quest’anno è così. È una variabilità che è difficile decretare in maniera univoca. Le piogge sempre più localizzate e sempre più intense, comunque, sono una caratteristica di questi cambiamenti climatici”.


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Una variabilità climatica, insomma, che si sovrappone a una variabilità normale, primaverile, meteorologica. E gli scenari ci dicono che questa sarà una stagione piovosa: probabilmente sino a fine maggio e inizio giugno dovremo assistere ad altri fenomeni di questo genere, magari non con questa intensità. Il problema, però, sono i danni che provocano in un territorio che non riesce ad assorbire le precipitazioni.

“Abbiamo il problema della siccità – osserva Franco Guzzetti, ingegnere, professore di geomatica nel dipartimento di Architettura, ambiente costruito e ingegneria delle costruzioni del Politecnico di Milano –. Ci sono molti alvei pieni di vegetazione: quando c’è la piena il problema o si risolve da solo, o ci vuole l’intervento dell’uomo. C’è un problema di pulizia del letto di fiumi e torrenti”. Il nodo da sciogliere, ormai sotto gli occhi di tutti, è anche quello degli argini, che devono fare i conti con la presenza di animali, come le nutrie, che rischiano di minarne alla base la solidità.

Ma questa è solo una delle cause da tenere in considerazione per spiegare le esondazioni. La prima riguarda proprio le dimensioni dell’alveo che deve contenere l’acqua. “All’importanza dell’evento meteorico – spiega Marco Mancini, professore di costruzioni idrauliche al Politecnico di Milano, docente di ingegneria fluviale – si associano spesso gravi insufficienze della sezione idraulica. Così l’esondazione è più violenta”. La sezione del corso d’acqua spesso viene ridotta dall’uomo che, contemporaneamente, a volte, edifica nell’area del fiume, non necessariamente in modo abusivo, togliendogli un po’ di spazio vitale. Il problema degli argini, tuttavia, rimane: “Non devono essere preda della parte boschiva – spiega Mancini –, gli alberi con le loro radici una volta che muoiono lasciano dei buchi preferenziali nei quali si infila l’acqua del fiume, che scava finché l’argine non crolla”.

Non è comunque l’unico modo in cui l’acqua mette in pericolo l’argine stesso: “Questi buchi – continua il docente – li fanno anche gli animali, i roditori, le famose nutrie. Nel Secchia ci sono stati molti problemi in occasione di queste piene, nella stessa Senigallia: ci sono state infiltrazioni arginali nei buchi prodotti dai roditori. La manutenzione dell’argine evita un problema di attecchimento di specie vegetali improprie, ma tiene lontani anche i roditori che si infilano nella boscaglia sull’argine. Spesso le autorità preposte non hanno come titolo di spesa quello della manutenzione. Questo è uno dei problemi atavici del nostro sistema”. Eccola qui la madre di tutte le questioni: l’uomo dovrebbe intervenire per evitare situazioni pericolose e i danni che ne conseguono, ma in realtà non può farlo perché mancano le risorse per agire.

Uno strumento per reperire i fondi in questo momento ci sarebbe: il Pnrr è un contenitore per progetti relativi ai settori più diversi, compreso quello idrogeologico. “Nel Pnrr ci sono delle voci di mitigazione del rischio – conclude Mancini –. C’è un progetto molto grande sulla rinaturazione del corso d’acqua, sul rimboschimento del Po, che naturalmente va fatto seguendo criteri agronomici ma anche criteri idraulici. Sicuramente un buon uso del Pnrr potrebbe definire una quantità di fondi destinandola alla manutenzione”. Altrettanto sicuramente non ce n’è a sufficienza.

(Marco Tedesco)


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